C‘è chi prova un anno e poi abbandona l’università, c’è chi si dà tutte le materie come un treno e nel giro di tre anni è fuori, c’è chi se la prende comoda, c’è chi s’innamora, c’è chi studia, c’è chi si ubriaca di libertà. «Gli anni universitari sono unici», è questo il messaggio del lungometraggio Universitari – Molto più che amici. I protagonisti del film di Moccia sono tre ragazzi normali, come tanti altri, con le loro aspettative, i loro sogni, hobby e speranze per il futuro; si tratta del romano Carlo, del siciliano Alessandro del bel iraniano Faraz, il primo con il sogno di diventare un cineasta famoso, gli altri due studenti universitari de La Sapienza di Roma, ma allora cos’hanno in comune, a parte l’età? Vivono tutti e tre insieme in una logora ex clinica. Ogni turbamento di un precedente equilibrio ha inizio da qualcosa di casuale. All’improvviso, il loro universo maschile, per una decisione della proprietaria, viene scompaginato e si ritrovano a condividere Villa Gioconda con tre studentesse fuori sede: Giorgia, Francesca ed Emma. La vita in comune, come in ogni “famiglia”, presenta delle difficoltà, le quali possono essere affrontate soltanto attraverso un percorso di maturazione che avviene sempre tramite i rapporti sociali e quale miglior posto c’è, se non l’università, per crescere?
La presenza di musica fracassona, ma anche di brani pop in voga tra le nuove generazioni, le liti di gruppo, le colazioni da cartolina, gli abbracci, gli amori, i distacchi e i pianti, ma anche le materie, i professori, le mattinate assonnate, l’erba, i “vizi” da figli di papà fanno del film di Moccia forse la sua migliore pellicola, perché, seppur con qualche sbavatura contenutistica, riesce a delineare un quadro verosimile di ciò che rappresenta l’università per i ragazzi italiani dei primi due decenni di questo nuovo millennio. Il pezzo forte del film è però il sottotitolo, Molto più che amici, perché è vero; all’università, «dopo tutte le regole e gli orari del liceo», si ha finalmente l’occasione di scegliere le persone con le quali trascorrere gli anni a venire della vita, si ha la possibilità di conoscerle, di volerle bene, di amarle forse, ma soprattutto di vivere con loro, anche più intensamente della scuola, dei momenti indimenticabili che non torneranno mai più.
Alberto Molino
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Fondatore di Voci di Città, ex direttore responsabile dello stesso, ora cura la rubrica di tecnologia di NewSicilia, ha lavorato al Quotidiano di Sicilia, ha collaborato con Sicilia Journal, ha pubblicato un romanzo e un racconto, ha 26 anni ed è laureato in Scienze della Comunicazione. Quando ne aveva 18 ha vinto un premio nazionale per avere diretto il migliore giornalino scolastico del Paese. Definito da alcuni fascista e da altri comunista, il suo vero orientamento politico non è mai stato svelato, ma una cosa è certa: Molino non lo ferma nessuno, tranne forse la sua ragazza.