Scatta nel cuore della notte l’attacco che, lo stesso presidente Trump minacciava già da qualche giorno nei confronti dello stato siriano. Un’azione mirata, da parte degli Stati Uniti, contro il presunto arsenale di armi chimiche in possesso del governo di Assad. Una risposta contro «il crimine di un mostro» come lo stesso Trump lo ha definito. Ma gli USA non hanno agito in solitaria. In aiuto degli americani, infatti, sono intervenuti anche Francia e Gran Bretagna, con mezzi aerei e navali. L’attacco, inoltre, è stato appoggiato dalla Nato.
L’attacco, durato non più di un’ora, ha portato all’abbattimento di ben tre obiettivi: un centro di ricerca, un deposito per lo stoccaggio delle armi chimiche e un centro di comando. I missili lanciati sarebbero tra i 100 e i 200, come dichiarato da James Mattis, capo del pentagono. «Non puntiamo a rovesciare di regime di Assad – precisa il primo ministro inglese Theresa May – ma a farlo desitere dall’uso di armi chimiche». Dura arriva la risposta da parte dello stato russo, tramite l’ambasciatore negli Stati Uniti: «L’attacco è un inammissibile schiaffo al nostro presidente Putin e non resterà senza conseguenze». Reazioni anche da parte della stessa Siria: «un’aggressione barbara e brutale».
La Francia assicura che la Russia sia stata avvertita. Ma dal cremlino emerge il contrario. Vari gruppi di persone, tra Londra e la Casa Bianca, si sono unite in un unico coro: «Stop the War Coalition». L’azione militare portata avanti dal sodalizio USA-GB-FRA dovrebbe avere solo l’obiettivo di avvertire il governo siriano. Ma dagli USA si è fatto presto sapere che «l’operazione non è finita. Quella che avete visto stanotte non è la fine della risposta degli Stati Uniti». Nel frattempo si contano già tre feriti, anche se Damasco ha assicurato che i danni sono limitati e che un numero considerevole di missili è stato abbattuto.
Francesco Mascali
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