Il 31 marzo 2022 il Presidente russo Putin aveva firmato un decreto che obbligava i c.d. “Paesi ostili” a pagare le forniture di gas in rubli, definendo la propria decisione come «un obiettivo strategico per rafforzare il commercio con partner più affidabili». A fronte della piega complicata presa dalla situazione, dunque, l’Europa sta cercando una soluzione alla dipendenza dal gas russo, per evitare di basarsi sull’energia fossile. Il Presidente russo Putin per tutta risposta ha ribattuto che «Adesso non c’è possibilità di sostituire il gas russo in Europa». Ha inoltre minacciato i Paesi europei: «Gli attacchi dei partner europei sul rifiuto delle forniture destabilizzano la situazione e fanno salire i prezzi. I Paesi dell’Unione europea stanno ulteriormente destabilizzando il mercato dell’energia e aumentando i prezzi per i loro cittadini, con la motivazione di volere abbandonare le risorse energetiche della Russia».
Ma una delle minacce più preoccupanti di Putin, è quelle relativa al reindirizzamento dell’energia verso il sud e l’est dell’Asia, l’Africa e l’America Latina, a discapito dell’Europa e quindi dell’Italia. Precisamente, ha prospettato la costruzione di nuovi gasdotti in Siberia: «Dobbiamo garantire la costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti dai giacimenti della Siberia occidentale e orientale», aggiungendo che in futuro occorrerà «preparare insieme alle compagnie petrolifere e del gas il piano di espansione delle infrastrutture di esportazione verso l’Africa, l’America Latina e l’Asia-Pacifico». Dunque, si apre la possibilità che pur di non rinunciare al gas russo, alcuni governi potrebbero voler sconfessare la posizione di Bruxelles relativa alle sanzioni a carico della Russia. Il Presidente russo potrebbe voler puntare proprio su questa possibilità: ciò causerebbe delle divisioni interne all’Europa, rendendo l’Unione più debole. Nel frattempo, però, la Commissione europea ha iniziato a stendere la bozza per un embargo graduale sul petrolio russo, che per divenire applicabile necessiterà però dell’unanimità dei voti dei governi.
Ad ora, il petrolio e il gas russo continuano ad affluire con regolarità verso l’Europa. Gli unici ad avere bandito realmente le forniture sono gli Stati Uniti e Gran Bretagna. Di fatto, A Bruxelles è stato vietato solo l’export di carbone e, come si è visto, ci si sta interrogando sulla possibilità di rinunciare al greggio, decisione per cui è necessaria l’unanimità, mentre per il gas non ci sono piani alternativi nel breve periodo. Tanto che il presidente ucraino Zelensky ha criticato gli europei «che versano denaro sporco di sangue nelle casse di Mosca». In particolare, il Presidente ucraino si è riferito a Berlino e Budapest, accusate di bloccare gli sforzi per un embargo sull’energia (da cui la Russia dovrebbe guadagnare oltre 300 miliardi di dollari quest’anno): «Altri nostri amici e partner capiscono invece che ora è un momento diverso, che non è più una questione di affari e denaro ma di sopravvivenza».
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.