Ormai è trascorso più di un mese dal 20 febbraio. Trentacinque giorni dall’inizio della Guerra in Ucraina, trentacinque giorni di morte e distruzione, che si sono riverberate in varie modalità su tutta l’Europa. A partire dal 15 marzo l’Unione Europea (e non solo) aveva deciso di erogare il quarto pacchetto delle sanzioni economiche nei confronti delle Russia, a fronte del mancato cessate il fuoco di Putin. All’interno del pacchetto, erano state previste delle ulteriori sanzioni che sarebbero andate a colpire direttamente i beni degli oligarchi presenti sul suolo europeo: nell’ultimo mese, costoro hanno visto i loro possedimenti ridursi sensibilmente. Più precisamente, gli oligarchi colpiti dalle sanzioni sono stati principalmente Pyotr Aven (comproprietario di Alfa Bank e della LetterOne), Mikhail Fridman (comproprietario della Alfa Bank e della LetterOne), Mikhail Gutseriev (fondatore e maggiore azionista del Safmar Group, la compagnia che si occupa di petrolio, carbone, immobili, e vendita al dettaglio), Suleiman Kerimov (proprietario di diverse compagnie e investitore nelle banche Morgan Stanley e Goldman Sachs), Alexey Mordashov (miliardario con partecipazioni nel colosso siderurgico russo Severstal e nella società di viaggi tedesca TUI Group), Alisher Usmanov (possessore di una cospicua partecipazione azionaria nella Metalloinvest, nella Xiaomi, nella squadra di calcio inglese Arselan FC; proprietario delle società USM Holdings e MegaFon, che sono state sponsor della squadra di calcio Everton FC fino al 2 marzo), Andrey Melnichenko (ricco industriale che possedeva partecipazioni di maggioranza nel produttore di fertilizzanti Eurochem e nella società di energia SUEK), Vadim Moshkovich (il presidente dell’azienda agroindustriale Rusagro, importante produttore di carne di maiale e zucchero), Dmitry Pumpyansky (presidente del consiglio di amministrazione del principale produttore di tubi TMK Group), Oleg Deripaska (accusato di riciclaggio di denaro per conto di Putin, è uno dei principali azionisti della società di alluminio En+ Group quotata nella borsa di Londra, investitore in diversi paradisi fiscali come l’isola di Oktyabrsky in Russia), Roman Abramovich (il proprietario del Chelsea FC, che ha servito come governatore e presidente della Duma locale nella regione della Chukotka nell’estremo oriente russo, aveva partecipazioni di ampia maggioranza nella compagnia petrolifera russa Sibneft, che aveva venduto al colosso statale russo del gas Gazprom), German Khan (comproprietario di Alfa Bank e LetterOne), Viktor Rashnikov (azionista di maggioranza del colosso siderurgico Magnitogorsk Iron & Steel Works), Alexei Kuzmichev (comproprietario di Alfa Bank e LetterOne), Eugene Shvidler (partner in affari di Roman Abramovich nella Sibneft, azionista e produttore di acciaio in Evraz e di nichel in Norilsk Nicke, e azionista nella Highland Gold Mining Ltd), Oleg Tinkov (fondatore della Tinkoff Bank, in precedenza fondatore di aziende alimentari tra cui Daria Tinkoff Beer e Tinkoff Restaurants).
A seguito dell’effetto che le sanzioni hanno causato e continuano a causare, alcuni membri della cerchia sostenitrice del capo del Cremlino hanno iniziato a mostrare segni di disaccordo. I primi ad esprimersi pubblicamente sono stati Oleg Deripaska, miliardario che ha fatto fortuna grazie al business dell’alluminio, e Mikhail Fridman, azionista e fondatore di Alfa Group, il conglomerato privato che opera principalmente in Russia e negli stati dell’ex Unione Sovietica che spazia dalle banche, al settore assicurativo e fino alla produzione di acqua minerale.
Il primo ad esprimersi è stato Deripaska, che ha chiesto la fine del «capitalismo di Stato» in Russia di fronte alla crisi causata dalle sanzioni occidentali. Nello specifico, ha dichiarato: «Questa è una vera crisi qui, e abbiamo bisogno di veri manager della crisi, di cambiare assolutamente la politica economica e porre fine a tutto questo capitalismo di Stato». A differenza del 2014, quando furono adottate le prime sanzioni dopo l’annessione della penisola ucraina di Crimea da parte di Putin, «non sarà possibile semplicemente aspettare».
Fridman, invece, che è nato nell’Ucraina occidentale, ha scritto una lettera nella quale affermava di volere che «finisse lo spargimento di sangue. I miei genitori sono cittadini ucraini e vivono a Lviv, la mia città preferita. Ma ho anche trascorso gran parte della mia vita come cittadino della Russia, costruendo e facendo crescere le imprese. Sono profondamente legato ai popoli ucraino e russo e vedo l’attuale conflitto come una tragedia per entrambi. Questa crisi costerà vite umane e danneggerà due nazioni che sono state fratelli per centinaia di anni. Mentre una soluzione sembra spaventosamente lontana, posso solo unirmi a coloro che desiderano ardentemente che lo spargimento di sangue finisca», ha aggiunto nella lettera ufficiale, pubblicata dal suo ufficio stampa.
A fronte delle voci di dissenso degli imprenditori vicini al potere, i cui beni e conti correnti all’estero sono stati colpiti dalle sanzioni economiche, il presidente del Cremlino ha reagito freddamente, dichiarando: «Non sto affatto giudicando quelli che hanno una villa a Miami o in Costa Azzurra, che non possono fare a meno del foie gras, delle ostriche o delle cosiddette libertà di genere. Questo non è assolutamente il problema, ma, ripeto, il problema è che molte di queste persone sono mentalmente lì e non qui, non con il nostro popolo, non con la Russia. Questo è, secondo loro un segno di appartenenza a una casta superiore, a una razza superiore. Queste persone sono pronte a vendere le loro madri per avere il permesso di sedersi nell’anticamera di questa casta molto alta e sentirsi parte dell’Occidente».
Nel corso del suo messaggio alla nazione, Putin ha inoltre proseguito dicendo che gli oligarchi dissenzienti «vorrebbero essere come gli occidentali, imitandoli in ogni modo possibile. Ma dimenticano o non capiscono affatto che questa cosiddetta casta superiore, se ha bisogno di loro, è solo per usarli come materiale sacrificabile per causare il massimo danno al nostro popolo. L’Occidente collettivo sta cercando di dividere la nostra società, speculando sulle perdite militari e sulle conseguenze socio-economiche delle sanzioni, per provocare una guerra civile in Russia e cerca di raggiungere l’obiettivo usando la sua “quinta colonna”. E c’è solo un obiettivo, la distruzione della Russia. Ma qualsiasi nazione, e soprattutto il popolo russo, sarà sempre in grado di distinguere i veri patrioti dalle canaglie e dai traditori, e li sputerà semplicemente fuori, come un moscerino che gli è volato accidentalmente in bocca».
Infine, il leader del Cremlino ha richiamato ulteriormente la questione, lanciando ai potenti che stanno mostrando dissenso un monito, che più che altro pare essere una vera e propria minaccia, che nei toni ricorda decisamente quelli utilizzati dai gerarchi nazisti del secolo scorso: «Sono convinto che questa naturale e necessaria auto-pulizia della società non potrà che rafforzare il nostro paese, la nostra solidarietà, la coesione e la prontezza di fronte a qualsiasi sfida. Il cosiddetto Occidente collettivo e la sua “quinta colonna” sono abituati a misurare tutto e tutti da soli. Credono che tutto possa essere comprato e venduto, quindi pensano che ci spezzeremo e ci ritireremo. Ma non conoscono bene la nostra storia e la nostra gente. Sì, molti Paesi del mondo si sono abituati da tempo a vivere con la schiena china e ad accettare servilmente tutte le decisioni del loro sovrano, purtroppo anche in Europa. Ma la Russia non sarà mai in uno stato così patetico e umiliato, e la lotta che stiamo conducendo è una lotta per la nostra sovranità, per il futuro del nostro paese e dei nostri figli. Lotteremo per il diritto di essere e rimanere in Russia. Un esempio per noi è il coraggio e la fermezza dei nostri soldati e ufficiali, fedeli difensori della patria.»
In conclusione, resta da vedere cosa accadrà anche agli oligarchi che hanno mostrato di non gradire la politica estera di guerra e conquista messa in atto da Putin. Sicuramente, il fatto che abbiano deciso di pronunciarsi in senso contrario anche coloro che sinora l’hanno sostenuto e finanziato, rappresenta una questione su cui riflettere.
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.