«Giù le sbarre, su nuovi muri» è questo il nuovo motto che aleggia tra i Paesi del Nord Europa i quali chiedono la sospensione della libera circolazione interna (Schengen), scaricando il peso dei profughi sui Paesi del mediterraneo e dei Balcani. Lo scorso lunedì 25 gennaio si è tenuto ad Amsterdam un vertice dei ministri dell’Interno dei 28 da cui è emerso il pensiero comune di Paesi come Austria, Germania, Svezia, Danimarca, Francia e Norvegia: la sospensione di Schengen per due anni, con un semplice preavviso.
Intanto, la Svezia inizia a respingere “l’invasore”. A tal riguardo Anders Ygmen, ministro dell’Interno svedese, ha annunciato che presto verranno espulsi dal Paese gli immigrati a cui è stata negata la richiesta di asilo. «Il numero degli espulsi potrebbe salire fino a 80mila. Via libera ai voli charter per riportarli a casa», ha così tuonato il ministro. Ma di fronte a tale provvedimento molti migranti iniziano a sottrarsi ai controlli, così come ha spiegato il capo della polizia di frontiera svedese: «Molti immigrati spariscono appena vengono a sapere che l’Ufficio migrazioni deve consegnarli alla polizia».
«La chiusura delle frontiere non farebbe che spostare il problema sui rispettivi vicini, fino ad arrivare ai confini dell’Unione e al rischio che a implodere siano i paesi dei Balcani, il Libano, la Giordania o la Turchia. Questo moltiplicherebbe i fattori di instabilità, creando anche potenziali nuovi flussi». È quanto argomentato dalla Mogherini, alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, in un’intervista a La Stampa alla luce della posizione di chiusura assunta dalla Svezia nei confronti del problema della migrazione. La Mogherini si rivela essere, così, in perfetta sintonia con quanto dichiarato dal Premier italiano: «È sbagliato pensare di poter gestire le migrazioni con il reinserimento dei controlli alle frontiere».
Ester Sbona
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