Lisa Montgomery aveva strangolato nel 2004 una donna incinta di 23 anni. Le aveva tagliato la pancia e le aveva tirato via la figlia che portava in grembo, rapendola e fingendo di averla partorita. Così, Lisa dopo aver scontato diversi anni di carcere ha ottenuto un primato. Non per aver commesso il crimine più tremendo del mondo, ma per essere stata la prima donna a subire la pena di morte in un carcere federale degli Stati Uniti dal 1953.
Fino all’ultimo i suoi avvocati hanno tentato di evitarle questa tremenda fine, chiedendo la grazia al presidente uscente Trump. Ma niente, era passato oltre dinanzi a questa richiesta di aiuto. La storia di Lisa Montgomery è fatta di amore negato e violenze subite. A tre anni, infatti, i suoi piccoli occhi e il suo cuore ingenuo, erano già costretti ad assistere ad uno spettacolo disumano: il baby sitter violentava sua sorella di otto anni, nel letto accanto al suo. Poco dopo, la sorella ebbe la fortuna di essere adottata, curata e guarita dalle ferite che le avevano lacerato l’anima.
Ma lei, Lisa, no. A 11 anni iniziò a essere stuprata dal patrigno che, per farlo in totale serenità, costruì una stanza apposta accanto alla roulotte dove vivevano, perché da lì nessuno potesse sentire le sue grida. Lisa provò a ribellarsi, pensava bastasse per fuggire a quella vita che forse, ancora per poco, era convinta di poter cambiare. Per tutta risposta, invece, il suo patrigno le sbatté così forte la testa sul pavimento da procurarle una lesione cerebrale.
Le verrà diagnosticato “un disturbo bipolare da lesione post-traumatica causato dall’umiliazione fisica e psicologica. Lisa non era la peggiore delle peggiori, era la più spezzata di tutte le persone spezzate”, aggiungono i periti. Quella donna con chi occhi persi nel vuoto davanti al giudice federale è la stessa che i suoi avvocati descrivono dicendo: “A differenza della sorella che è stata amata e accolta dalla sua famiglia adottiva, Lisa è stata odiata tutta la vita”. Ma al giudice non importa. Quindi, la difesa si gioca l’ultima carta: chiama a testimoniare una donna elegante, madre di due bellissimi bambini, a servizio da anni dell’amministrazione dello Stato del Kentucky. La donna si siede sul banco dei testimoni, ma non riesce a trattenere le lacrime: da 34 anni non vedeva Lisa che ricorda ancora una bambina.
Il giudice davanti a tutto questo condanna comunque Lisa alla pena di morte. È l’unica donna nel braccio della morte di una prigione federale. Così, dopo anche il rifiuto della richiesta di grazia a The Donald, arriva il “verdetto finale”. Dieci giorni fa la donna riceve una lettera: “Dear Miss Montgomery“, recita, “la data della sua morte è stata fissata il 13 gennaio tramite iniezione letale“.
Prima di sopprimerla le chiedono se avesse qualcosa da dire. Lei risponde: “Niente”. Così Lisa è diventata la prima donna ad essere giustiziata in un carcere federale degli Stati Uniti in settanta anni. Al suo funerale c’erano solo gli avvocati e sua sorella, quella più fortunata. Lisa, però, prima di tutto questo era una bambina capace di dare e ricevere l’amore che l’avrebbe salvata.
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità