Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina Diritti Umani, in occasione della Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno, intende fare una profonda riflessione storica per dare il giusto valore e il giusto significato alla giornata commemorativa per le vittime dell’Olocausto.
Il 1° novembre del 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì la Giornata della Memoria per ricordare tutte le vittime della Shoah. Fu scelto il 27 gennaio perché in questa data ricorre la liberazione degli ebrei prigionieri del campo di sterminio di Auschwitz. L’Italia, con gli art. 1 e 2 della legge n. 211 del 20 luglio del 2000, già qualche anno prima delle Nazioni Unite aveva istituito, nello stesso giorno, la giornata commemorativa. Da allora, ogni anno nel nostro Paese, in occasione di tale giornata vengono organizzate cerimonie, iniziative e momenti di riflessione per raccontare lo sterminio del popolo ebraico, che coinvolgono in modo particolare la scuola. Quest’ultima, soprattutto, è sempre fortemente impegnata attraverso progetti culturali, seminari e incontri, nella tutela della memoria storica. Perché senza passato non c’è futuro. Perché la memoria storica è un prezioso diario che racconta le vicende umane, anche quelle di cui non andiamo fieri. E allora dobbiamo farci carico anche dei più efferati crimini che non abbiamo saputo e voluto evitare.
Tra le pagine più cupe della nostra memoria storica, ce n’è una che non vorremmo mai ricordare, perché ogni volta che lo facciamo sprofondiamo in un baratro di orrore senza fine. Quell’orrore ha un nome, si chiama Shoah, e ci riporta col pensiero a uno sterminio sistematico che avvenne nel cuore dell’Europa e che trascinò alla morte 6 milioni di ebrei. Negli anni più bui del secolo scorso, infatti, il regime nazista ideò, pianificò e condusse, tra il 1938 e il 1945, il brutale e incomprensibile genocidio degli ebrei. Ovviamente, l’Olocausto non sarebbe stato possibile senza i sentimenti razzisti e antisemiti che si diffusero in Europa, anche nei Paesi ostili al regime nazista. E così, tra l’indifferenza e, in molti casi, la partecipazione attiva dell’opinione pubblica si consumò il più grande crimine dell’umanità.
La politica dell’odio si trasformò, nel giro di pochi anni, nella politica dello sterminio. Troppe colpe, secondo i gerarchi nazisti, avevano gli ebrei. Colpe passate, colpe recenti. In una Germania affamata e immiserita dalle riparazioni di guerra, era inaccettabile, per i nazisti, l’inspiegabile benessere degli ebrei. Ad aggravare il clima già rabbioso e antisemita, fu, poi, il razzismo scientifico che, malefico e inarrestabile, costruiva le sue tesi anti-ebreo e anti-uomo e divulgava teorie senza fondamento sull’inferiorità di un popolo, il quale veniva ucciso dalla scienza e dalla legge ancor prima che nei lager. E allora i ghetti, in cui si cristallizzò la discriminazione di cui fu vittima l’innocente popolo ebraico, non bastarono più. Il male doveva essere tangibile e arrivare a penetrare ogni tessuto della vita civile; quindi, l’orrore diventò legge: nel 1935 le leggi di Norimberga decisero il destino di un popolo.
Fu nella notte dei cristalli che, insieme alle vetrine spaccate, alle botteghe distrutte e alle sinagoghe incendiate, si frantumò l’ultima speranza di umana pietà che ogni ebreo ancora serbava nel cuore. Da questo momento, l’ingiustificata e incomprensibile discriminazione civile si trasformò in persecuzione di massa. Ma a Hitler e ai gerarchi nazisti, tutto questo ancora non bastava. Occorreva una soluzione definitiva, radicale, un’epurazione totale: la soluzione finale della questione ebraica.
Il nostro Paese, negli stessi anni, non fu immune dal male. Una delle pagine più tristi e infamanti della storia del diritto italiano contemporaneo è rappresentata dalla legislazione antisemita del periodo fascista. I provvedimenti legislativi (leggi, regi decreti, decreti ministeriali, decreti legislativi del duce) e amministrativi (circolari e ordini di polizia), emanati tra il 1938 e il 1945 dal regime fascista di Mussolini, resero la vita degli ebrei impossibile. Tanti treni partirono dall’Italia per deportare gli ebrei nei lager europei. Dalla stazione centrale di Milano, come ha tante volte ricordato la senatrice a vita Liliana Segre, partiva dal binario 21 un treno diretto ad Auschwitz. Anche la signora Segre, allora tredicenne e “colpevole di essere ebrea”, fu ammassata nel convoglio RSHA insieme a tanti altri ebrei, per raggiungere il lager in Polonia.
Dei 10.000 ebrei presenti in Italia, 6.480 furono costretti a lasciare il Paese. Molti passavano per Trieste, alla Risiera di San Saba, l’unico Lager italiano che smistava i beni razziati, deteneva ed eliminava partigiani, detenuti politici ed ebrei e smistava i deportati in Germania, ma soprattutto in Polonia, ad Auschwitz. Ma cosa fu realmente Auschwitz per i deportati? Fu certamente la morte che, poco a poco, divorava la carne e l’anima dei prigionieri ormai senza nome, prigionieri ai quali si lasciava qualche goccia d’inchiostro sulla pelle in cambio di un’identità cancellata per sempre. Auschwitz fu il freddo nelle ossa, le gambe rinsecchite, il pianto dei bambini rimasti per sempre bambini. Fu file, fuoco, fumo, punizioni, gas, freddo, solitudine, paura. Fu un maledettissimo magnete in cui l’uomo seppe catalizzare tutta la sua malvagità. Auschwitz fu le mille facce del male, quel male che guardavano negli occhi, fino all’ultimo respiro di vita, i condannati a morte. Auschwitz fu quell’”atomo opaco di male” che trasformava gli uomini in animali selvaggi, affamati, denutriti. Auschwitz fu la più grande negazione dei Diritti Umani.
Il CNDDU, per tali ragioni, in occasione della Giornata della Memoria, vuole ribadire, a gran voce, che non possiamo e non dobbiamo dimenticare chi ha patito l’oltraggio e la vergogna delle Leggi Razziali, che anche in Italia hanno prodotto odio, violenze e morte. «Questa – ha amaramente scritto Calamandrei, il più grande dei padri costituenti – è stata la pena più torturante: pensare che le nazioni civili di tutto il mondo, tra le quali la nazione italiana, che sa di avere il suo ruolo, abbiano potuto credere davvero che l’Italia, l’Italia di San Francesco e di Dante, Rinascimento, del Vico, dell’Alfieri, del Foscolo e del Carducci, avesse potuto rinnegare, all’improvviso e per decreto di un dittatore, queste grandi idee di giustizia e di libertà civile, questa tradizione di umanità e di pietà che è la nota più costante e più profonda del nostro carattere; che l’Italia del Beccaria fosse potuta diventare un paese di carnefici e di torturatori; un Paese di nazionalisti oppressori dell’altrui libertà e di sconci razzisti.»
Il CNDDU, come sempre, soprattutto durante le giornate commemorative che spingono a una riflessione sui Diritti Umani, rivolge un appello ai docenti della scuola italiana di I e II grado, affinché coinvolgano gli studenti in progetti e lavori efficaci. Questa volta, abbiamo pensato che sarebbe importante un piccolo gesto, ma carico di significato, per un giorno di così profonda riflessione per tutti. Un gesto significativo potrebbe essere quello di lasciare una pietra d’inciampo fuori da ogni classe, all’ingresso della scuola o in un qualsiasi posto dell’edificio scolastico, per commemorare gli ebrei nel Giorno della Memoria. Le pietre d’inciampo vengono spesso depositate nel tessuto urbanistico di molte città europee per ricordare, davanti alle ultime abitazioni delle vittime delle deportazioni, il genocidio di un popolo. Anche a Roma, nel ghetto ebraico, sono ormai presenti targhette commemorative nei pressi delle abitazioni degli ebrei deportati e uccisi. Questa piccola attività simbolica, che ci sentiamo di suggerire e da noi battezzata Una pietra d’inciampo a scuola, potrebbe coinvolgere attivamente gli studenti e spingerli a guardare la Shoah da una prospettiva diversa.
Il CNDDU, infine, si sente di affermare che, pur essendoci la consapevolezza, radicata ormai in ognuno di noi, che la conservazione e la protezione della nostra “memoria storica” non ci permetterà mai di pareggiare i conti con un passato pieno di errori e di orrori, bisogna comunque andare avanti trascinandoci dietro un evento storico il quale ha coinvolto tutto e tutti, essendo ineliminabile dalle coscienze e dalle attenzioni collettive e comunitarie. Ma tutto questo si chiama passato. Il futuro è un foglio bianco ancora da scrivere, e i Diritti Umani vogliono essere parte attiva di una storia che protegge i più deboli e permette a ogni essere umano il diritto alla felicità.
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