“Influenza spagnola” e Coronavirus, ieri come oggi: mascherine, reparti di ospedale pieni, distanziamento sociale e malati isolati.
“Influenza spagnola” e Prima guerra mondiale in corso. La Spagna era un paese neutrale e le notizie riguardanti l’epidemia non furono oscurate, come accadde, invece, nei paesi belligeranti sottoposti alla censura militare. É nota come “febbre spagnola” perché i quotidiani spagnoli ne diedero notizia per primi. Era, probabilmente, anche un modo per scaricare su altri la responsabilità di quello che stava avvenendo. Un po’ come il nome di “virus cinese” dato a SARS-COV-2 dal presidente degli Stati Uniti.
La sua origine non è chiara. L’ipotesi è che sia stata portata in Europa dai soldati americani. Ciò che è certo è che si diffuse in trincee, campi di addestramento e ospedali militari. Le ondate furono 3: la prima nella primavera del 1918, la seconda nell’autunno dello stesso anno, la terza nei mesi invernali a cavallo tra il 1918 e il 1919. Il bilancio dei morti fu di 25 milioni nel mondo, in Italia 600.000.
Tardive le reazioni di governo e numerosi gli appelli dei medici rimasti inascoltati: l’epidemia di “spagnola” non fu considerata una emergenza. Interventi tempestivi e necessità di trasparenza: queste le lezioni della storia. Importante anche, e soprattutto, non riaprire troppo presto per evitare i contagi di ritorno. In Germania stiamo già assistendo a qualcosa di simile. L’ormai celebre indice di contagiosità avrebbe causato la crescita della curva, assumendo valore pari a 1. Fino ad ora si era mantenuto stabile il valore di 0,7, motivando i tedeschi a riaprire. Tutto ciò potrebbe essere dovuto al ritorno (seppur timido) alla normalità? Al contrario, però, la Francia ha recepito subito il messaggio, o forse no, visto che è già scontro aperto tra i medici ed Eliseo sul giorno che segnerà la fine della serrata.
«Non frequentate bar e teatri, lavate le mani e arieggiate le case», le regole non sembrano diverse da quelle di oggi. Cambiati i mezzi di comunicazione ma non il virus. Anche 100 anni fa ci si metteva in guardia dalle “fake news”. Si pensi ai ciarlatani che promettevano guarigioni immediate grazie a pozioni magiche. Un pò come Trump che, durante una conferenza stampa, avrebbe proposto agli americani di curarsi con iniezioni di disinfettanti e raggi UVA, causando un crescendo di intossicazioni nei giorni successivi.
Stando ad alcune stime, il tasso di letalità della “influenza spagnola” era compreso tra il 2% e il 10% (l’influenza stagionale ha un tasso di letalità pari, in media, allo 0,1%). Il tasso di mortalità dell’infezione da Covid-19 è pari all’1%, secondo il prof. Anthony Fauci, attualmente coinvolto come esperto della “task force” deputata per il contrasto alla pandemia negli Usa.
“L’influenza spagnola” è stata spesso definita come il «più grande olocausto medico nel corso della storia». Ciò non solo per l’elevatissimo numero di morti causati dall’infezione, ma per il fatto che la gran parte delle vittime erano giovani e in buone condizioni di salute. É probabile che, all’epoca, anziani e bambini siano stati risparmiati dagli esiti più gravi proprio “grazie” al loro sistema sistema immunitario più debole e, quindi, meno reattivo all’infezione. Inoltre, si ipotizza che la minore suscettibilità all’infezione delle persone anziane sia dipesa dall’essere dotati di anticorpi per combattere un ceppo influenzale molto simile a quello responsabile proprio della “febbre spagnola”.
Oggi, invece, vittime dell’infezione respiratoria causata da Coronavirus sarebbero gli anziani e quelle affetti, perlopiù, da malattie pregresse. Non è esclusa, però, la possibilità (anche se molto ridotta) che i giovani possano sviluppare sintomatologia grave riconducibile a Covid-19. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, giovani in buona salute e bambini presentano sintomi lievi o sono addirittura asintomatici. Insomma, l’andamento della pandemia da Coronavirus sembra correlarsi con la perdita graduale di efficienza del sistema immunitario sia per l’avanzare degli anni, sia per la non completa maturazione dello stesso in età pediatrica.
La diffusione della pandemia influenzale del 1918 ha avuto un andamento più lento rispetto a quella del nuovo Coronavirus. Il discrimine delle dinamiche di diffusione delle due pandemie fu lo sviluppo della mobilità aerea, molto meno sviluppata durante l’era della “influenza spagnola”che si diffuse prevalentemente con il trasporto ferroviario e navale.
Differenti sono anche condizioni di vita e avanzamento tecnologico delle due pandemie. Nel 1918 non si sapeva che la malattia fosse causata da un virus, tanto è vero che il batteriologo tedesco Richard Pfeiffer aveva convinto la quasi totalità della comunità scientifica della origine batterica dell’infezione. É solo nel 1933 che si dimostrerà l’origine virale dell’infezione. Inoltre, nel 1918 non esisteva ancora l’Organizzazione Mondiale della Sanità, un organismo sovranazionale avente, tra i suoi obiettivi, quello di monitorare l’emergere di nuove malattie.
Insomma, vivere più confortevole e progredite conoscenze medico-scientifiche. Il tutto abbinato a una pagina di storia che ci dice tanto, (se non tutto) a riguardo di quanto stiamo vivendo. Tutte carte a nostre favore, riusciremo a giocarle bene?
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità