Manca poco al referendum del 12 giugno 2022 sulla Giustizia. Si voterà domenica dalle 7 alle 23. I quesiti sui quali dovranno pronunciarsi gli elettori sono cinque. Verteranno sulla modalità di voto nei Consigli Giudiziari in relazione alle valutazioni professionali dei magistrati, sulla separazione delle funzioni requirenti e giudicanti, sull’esclusione della custodia cautelare per pericolo di reiterazione del reato, sulla legge Severino, sull’elezione al Consiglio Superiore della Magistratura.
Nel 2012 il decreto Severino, attualmente vigente, ha introdotto nel nostro ordinamento l’incandidabilità alle elezioni politiche per coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione. Ha inoltre previsto l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna.
Se dovesse vincere il sì, viene eliminato il decreto, dunque non sussisterà più né l’incandidabilità alle elezioni, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna.
La custodia cautelare in carcere rappresenta una misura cautelare personale, che consiste nella privazione della libertà dell’indagato in via preventiva, prima della sentenza, al ricorrere di determinati presupposti oggetto di valutazione del giudice. Attualmente, la custodia cautelare in carcere si configura come rimedio estremo, nel senso che può essere disposta solo se le altre misure cautelari risultino inadeguate. Se non è possibile applicare altre misure meno invasive, la custodia cautelare può essere disposta in presenza di tre presupposti: pericolo di reiterazione del reato, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove. Inoltre, la custodia cautelare può essere disposta nel caso di rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi violenti.
Se dovesse vincere il sì, la custodia cautelare in carcere non potrà più essere disposta nel caso di pericolo di reiterazione del reato da parte dell’indagato.
I magistrati all’inizio della loro carriera, a seguito del superamento del concorso, scelgono se esercitare funzioni requirenti o funzioni giudicanti: la prima funzione è esercitata dal pubblico ministero, che esprime richieste, conduce indagini in vista delle decisioni degli organi giudicanti; la seconda funzione, invece, è quella del giudice, che decide sulle controversie o si pronuncia sugli affari di sua competenza. Attualmente, il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di Corte d’Appello. Inoltre, il passaggio può essere richiesto dall’interessato per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il Consiglio Giudiziario deve acquisire le osservazioni del Presidente della Corte d’Appello o del Procuratore Generale.
Se dovesse vincere il sì, il magistrato manterrà per tutta la vita professionale il ruolo prescelto al momento dell’inizio della propria carriera.
Attualmente i magistrati sono sottoposti a valutazioni di professionalità con cadenza quadriennale, a decorrere dalla data di nomina e fino al superamento della settima delle valutazioni. I criteri per operare la valutazione periodica di professionalità sono capacità, laboriosità, diligenza e impegno, attitudine alla dirigenza: il giudizio può concludersi con “positivo” se ritenuti sufficienti tutti i parametri, con “non positivo” in carenza di alcuni dei parametri, “negativo” per l’ipotesi di grave carenza di uno o più requisiti. Per quanto riguarda il procedimento, inizia con il rapporto informativo del Capo dell’ufficio, prosegue con il parere del Consiglio giudiziario competente per territorio, per poi essere decisa la valutazione dall’Assemblea Plenaria del CSM. Si sottolinea che all’interno del Consiglio Giudiziario, hanno facoltà di decidere e votare solo i componenti togati (i magistrati ordinari), mentre non hanno diritto di voto i membri non togati, ossia i professori universitari in materie giuridiche e gli avvocati. In ogni caso, nell’espressione del suo giudizio di professionalità, il CSM non è vincolato dal parere del Consiglio giudiziario, se ne può dunque discostare, dandone motivazione.
Se dovesse vincere il sì, all’interno dei Consigli Giudiziari, sulle valutazioni di professionalità dei magistrati giudicanti, potranno votare anche i professori universitari in materie giuridiche e gli avvocati, ossia i membri non togati.
Il Consiglio Superiore della Magistratura è organo di amministrazione della giurisdizione e di garanzia dell’autonomia dei magistrati ordinari, espressamente previsto dalla Costituzione. Si tratta dell’organo che adotta tutti i provvedimenti che incidono sulla status dei magistrati ordinari, dall’assunzione mediante concorso pubblico alle procedure di assegnazione e trasferimento, alle promozioni, fino alle cessazione del servizio. Si occupa anche del reclutamento e della gestione dei magistrati onorari (che si differenziano dai magistrati ordinari per non essere nominati mediante concorso pubblico ma con particolari procedure, non sono legati allo Stato da un rapporto di pubblico impiego e svolgono funzioni temporanee). Al fine di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, la presidenza del CSM è affidata al Presidente della Repubblica. Il quesito sottoposto a referendum riguarda la modalità con cui è possibile candidarsi all’interno dell’organo, che è composto da: Presidente della Repubblica, Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, 24 componenti eletti per 2/3 (quindi 16) da tutti i magistrati e per 1/3 dal Parlamento in seduta comune. Attualmente è previsto che un magistrato che voglia candidarsi debba raccogliere dalle 25 alle 50 firme fra i colleghi.
Votando sì, si esprime la volontà di vedere abrogato l’obbligo che impone di raccogliere dalle 25 alle 50 firme per potersi candidare, ciascun magistrato potrebbe presentare la propria candidatura.
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.