Con la sentenza del 21 marzo 2024 (causa C-10/22), la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dichiarato l’illegittimità del monopolio della SIAE. Quest’ultima è la Società Italiana degli Autori ed Editori, un ente pubblico economico a base associativa, le cui finalità sono la protezione e l’esercizio dell’intermediazione del diritto d’autore in Italia. Era stata fondata a Milano nel 1882, nella sala dell’Orologio di Palazzo Marino (sede del Comune di Milano). La sua nascita rappresentò il frutto della necessità, presente in Europa nell’800, di fornire agli autori delle garanzie a tutela delle loro opere d’ingegno: la tematica della tutela del diritto d’autore nacque, nello specifico, in Francia; lo stesso Victor Hugo condusse una dura lotta per vedere riconosciuti i diritti degli autori, insieme a Balzac, Dumas e Sand. Nel 1878, nell’imminenza dell’Esposizione Universale, Hugo volle che la Société des gens de lettres (SGDL), contribuisse al Congresso letterario internazionale, previsto fra le celebrazioni e di cui sarebbe stato presidente. Il riconoscimento del diritto di proprietà letteraria sarebbe stato il primo argomento all’ordine del giorno. Fra gli italiani che parteciparono al Congresso, ci furono Edmondo De Amicis, Tullo Massarani, Edoardo Sonzogno e Giuseppe Garibaldi. Il Congresso produsse in forma di risoluzione diversi principi fra i quali il riconoscimento del diritto d’autore non più come concessione della legge, ma come una delle forme della proprietà. In Italia quel periodo c’erano autori, anche di fama, che vivevano una vecchiaia di ristrettezze e povertà; in occasione del II Congresso Drammatico del 24 febbraio 1878, Alamanno Morelli si fece interprete dei fautori di un intervento previdenziale, rilevando che “in Francia e nell’Inghilterra si viene in soccorso agli artisti vecchi“. Fu in queste circostanze che si sviluppò l’idea di un ente italiano che potesse difendere i diritti degli autori italiani, e dal II Congresso Drammatico scaturì una Commissione incaricata di studiare la costituzione di una Società di Autori. La Commissione si avvaleva di presenze politiche, di giuristi, di artisti, oltre a letterati ed agli accademici. Successivamente, un Comitato nel 1881 ebbe l’incarico definitivo di provvedere alla costituzione della Società. Nel frattempo, il ministro di Grazia e Giustizia Giuseppe Zanardelli (socio) emanava una circolare ai Procuratori, per richiamare l’attenzione dei magistrati sulla opportunità di procedere d’iniziativa, anche prima di ricevere querele di parte, per assicurare efficace tutela alla proprietà letteraria: “si muovono da ogni parte continui e vivi reclami per le molte e svariate contraffazioni che vanno ripetendosi con frequenza sempre maggiore, e che attestano come la proprietà letteraria non sia ancora presso di noi tenuta in quel rispetto al quale ha incontestabile diritto“. A fronte di tutto ciò, emerge chiaramente a quel tempo l’esigenza dell’esistenza di un ente si occupasse di tutelare il diritto d’autore.
Nel corso del tempo, ed in relazione ai mutamenti della società, il fatto che la SIAE detenesse un monopolio legale divenne oggetto di contestazione. Infatti, nello specifico, l‘art. 180 della legge n. 633 del 1941 (legge sulla protezione del diritto d’autore), ha previsto che ad essa fosse riservata l’attività di rappresentazione, di esecuzione e di recitazione, radiodiffusione, riproduzione meccanica e cinematografica; infatti, oltre alla funzione di intermediaria, si occupa di svolgere anche funzioni pubblicistiche. Alla luce di ciò, l’Unione Europea è intervenuta con la direttiva Barnier del 2014, che ha imposto di operare delle modifiche al fine di rendere concorrenziale il mercato: la direttiva Barnier, stabilisce che gli autori hanno il diritto di autorizzare un organismo collettivo di loro scelta per la gestione dei diritti autoriali. Col Decreto Fiscale del 2018, il Governo italiano ha, dopo più di 70 anni, modificato l’articolo 180, conferendo la possibilità di operare in concorrenza con la SIAE agli organismi di gestione collettiva, cioè ad enti no-profit. Ma un altro aspetto pregnante è contenuto nell’articolo 180 bis, che invece afferma che la ritrasmissione in Italia degli eventi pubblici e privati via cavo provenienti da un altro paese deve essere autorizzata esclusivamente attraverso la SIAE dai detentori dei diritti, i quali non per forza devono essere iscritti alla stessa. Alcuni enti hanno chiesto che venisse modificato l’articolo 180 in favore di un mercato più concorrenziale, perché nonostante le modifiche operate dal legislatore, il monopolio sussisteva di fatto: la normativa italiana ha recepito solo formalmente la direttiva, impedendo ad alcune categorie di enti di svolgere attività di intermediazione, e di fatto la legge sul diritto d’autore preclude alle società private di operare in Italia (potendo trattarsi solo di no profit, senza scopo di lucro).
Con la sentenza del 21 marzo 2024, pubblicata il 28 marzo, la Corte di Giustizia UE esaminato l’impianto italiano, per cui oltre alla SIAE possono raccogliere il diritto d’autore solo associazioni e cooperative (Ogc), e non le società private (Egi), e l’ha dichiarato illegittimo. A porre all’attenzione della Corte la questione sono state due società, la Soundreef, una startup londinese che per affiancare i suoi assistiti, ormai dieci anni fa, ha dovuto adeguarsi e fondare un’organizzazione no profit la Lea (Liberi editori e autori), e la lussemburghese Jamendo. Nel 2022 la società lussemburghese Jamendo è stata chiamata in giudizio dalla Lea, non essendo iscritta all’elenco degli organismi autorizzati: i difensori di Jamendo hanno sollevato un’eccezione, portando la pratica davanti alla Corte di giustizia europea. I legali di Jamendo si chiedevano se la direttiva Barnier contemplasse «l’opzione di riservare la raccolta del diritto d’autore solo alle Ogc, escludendo invece le Egi». Con la sentenza la Corte europea si è espressa chiaramente: le norme nazionali rappresentano «una restrizione alla libera prestazione dei servizi che non è né giustificata né proporzionata». La pronuncia europea è subito esecutiva. Alla luce di tutto ciò, tutte le società private, dopo essersi iscritte all’Agcom, potranno operare in Italia: gli artisti potranno scegliere più facilmente la società da cui farsi rappresentare, tenendo conto dell’efficienza dell’intermediario in termini di costi, trasparenza e rapidità. Vale la pena però sottolineare che la sentenza della Corte ora chiama in causa anche Governo e Parlamento italiano: infatti, l’Italia dovrà adeguare la normativa nazionale agli indirizzi della Corte. A tal proposito, i giudici europei hanno evidenziato che sussista un problema di proporzionalità tra la restrizione assoluta alla concorrenza della legislazione cassata e la protezione del diritto d’autore, comunque valida. Inoltre, si rileva che l’Antitrust aveva già aperto un procedimento verso Siae per abuso di posizione dominante, segnalando al governo la necessità di superare la riserva legale e aprire il mercato alla concorrenza. Sulla vicenda è intervenuta anche l’Agcom, che aveva suggerito di pesare la rappresentatività delle società che si occupano della riscossione e creare una banca dati unica. Al momento, nessun seguito è stato dato alle raccomandazioni dell’Agcom; ci si augura che con l’intervento della Corte europea, il legislatore nazionale dia attuazione a quanto stabilito.
Stefania Piva
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È nata e vive a Milano. È Avvocato, laureata in giurisprudenza all’Università Statale di Milano, ha svolto la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato di Brescia, e si è specializzata presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Statale di Milano. Da sempre appassionata di politica e giornalismo, ha scritto in precedenza per il giornale locale ABC Milano.