Doveva essere una giornata di grande festa: il boxing day che arriva anche in Italia, anche in Serie A. Il 26 dicembre, il giorno dopo Natale, il giorno in cui buona parte dei tifosi italiani non ha lavorato e ha potuto dedicare un’intera giornata, tra il divano e lo stadio, alla propria passione. Poi, come sempre, arriva un “ma”. Il 26 dicembre 2018 poteva passare alla storia come il primo boxing day del nostro campionato, il primo goal di Zaniolo o l’ennesima Atalanta-Juventus da pop-corn. E invece passa alla storia come una delle pagine più nere del nostro calcio. Il 26 dicembre 2018 sarà per sempre ricordato per il tifoso dell’Inter morto a seguito dei soliti scontri pre-partita e per gli ululati di San Siro a Koulibaly. E per ogni tifoso che ama il calcio in modo sano e genuino è troppo.
Tutto ha inizio un’ora prima di Inter-Napoli. Anche in questo caso possiamo parlare di ciò che doveva essere e di ciò che invece è stato. Doveva essere uno scontro epico tra la seconda e la terza della classe, tra chi insegue l’infermabile Juventus e chi non vuole fermare la sua corsa Champions. E invece, già alle 19:30 è stato altro. In Via Novara un van con a bordo dei tifosi napoletani viene assaltato da un gruppo ultras di tifosi interisti (accompagnati da supporters del Varese e del Nizza). Dunque la rissa, l’accoltellamento di un tifoso napoletano (lieve, a quanto riportato dai media) e l’allontanamento del van. In quest’ultimo frame di quei minuti di “ordinaria” follia viene investito un tifoso dell’Inter, che l’indomani troverà la morte nonostante l’intervento chirurgico per salvarlo.
Poi lo schifo del 26 dicembre 2018 continua, in quel di San Siro. Koulibaly è inutile presentarlo: è uno dei giocatori più forti del nostro campionato e i fischi, gli ululati, stavolta, non erano dovuti al timore sportivo. Sono stati dei “buu” vergognosi per qualunque tifoso che abbia un certo buon senso. Sono stati dei “buu” meschini e che nessuno li paragoni ai fischi che gente come Ronaldo o Higuain ricevono. Lo schifo che si è registrato alla scala del calcio non ha niente a che vedere con la rivalità sportiva. Parliamo di razzismo, in una città cosmopolita come Milano, nel 2018 (quasi 2019). Ed è inaccettabile.
Koulibaly è stato beccato dal primo all’80° minuto senza sosta. Senza ombra di dubbio è stato uno dei migliori tra i partenopei: ha mostrato la solidità difensiva a cui ci ha abituato già da qualche tempo e ha pure salvato il risultato durante la prima frazione. Nel frattempo Ancelotti e la sua panchina hanno chiesto per ben tre volte di interrompere la partita e per ben tre volte lo speaker di San Siro ha chiesto di cessare i fischi e gli insulti per non incorrere nella sospensione del match. E invece si è andati avanti, fino all’espulsione del franco-senegalese. Forse la partita sarebbe finita in modo diverso, forse no. Fatto sta che l’1-0 siglato al 93′ da Lautaro Martinez passa inevitabilmente in secondo piano. E oggi sarebbe stato meglio parlare solo di questo.
E invece ci ritroviamo ancora una volta a parlare di quanto il calcio, in Italia, stia diventando qualcosa di pericoloso. Perchè in Inghilterra, nel boxing day (e non solo), allo stadio ci puoi andare con la famiglia. In Italia, invece, lo stadio è un luogo pericoloso. In Inghilterra ci sono le carceri per chi va contro le regole. In Italia no e si continua a delinquere. E tutti quei messaggi che oggi hanno una risonanza senza pari saranno carta straccia quando, tra qualche settimana, un altro giocatore di colore verrà insultato o ancora un altro tifoso verrà ferito o addirittura ucciso per una partita.
La realtà va affrontata in modo duro e con il pugno di ferro. In Italia (ma anche in altre parti del mondo, ma limitiamoci per ora al nostro paese) c’è chi va allo stadio con l’intenzione di fare botte e di insultare per il colore della pelle. In Italia, allora, vanno prese delle misure ben più forti. A partire dalle istituzioni che, rappresentandoci e rappresentando, si spera, chi vuole vivere il calcio come «la cosa più importante tra le cose meno importanti», non si limitino a commentare gli episodi di ieri sera. Ma lascino parlare i fatti, con soluzioni più forti e concrete. Perchè la squalifica di San Siro non placherà chi ieri ha contribuito dagli spalti e per strada. E con certi individui vanno solo usate le soluzioni più aspre possibili. E non parliamo più di calcio, ma del semplice vivere civilmente.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»