Nel corso della storia del calcio il derby di Manchester ha spesso e volentieri regalato emozioni particolari e degne di nota, non soltanto per i tifosi delle due squadre ma per gli appassionati di questo sport in generale. Dopo varie stagioni in cui il Manchester United ha raccolto trionfi storici e il Manchester City ha dovuto fare i conti con numerosi insuccessi (nel 2000-2001, in particolare, i Red Devils si laurearono campioni d’Inghilterra mentre i Citizens sprofondarono nel baratro della seconda divisione da terzultimi in classifica), negli ultimi anni la rivalità tra entrambe le squadre è stata acuita dal ritorno ai vertici d’Inghilterra e d’Europa degli Sky Blues, che con l’avvento degli sceicchi alla proprietà del club sono tornati a vincere in Inghilterra (titolo conquistato nel 2011-2012 e nel 2013-2014, alternandosi proprio con i cugini tra il 2011 e il 2014). In seguito, sono state Chelsea (2014-2015 e 2016-2017) e Leicester (2015-2016) a conquistare il titolo di campione d’Inghilterra, lasciando a secco le due big di Manchester per tre anni consecutivi.
Quest’anno, però, la musica sembra essere cambiata, o quasi. In quest’avvio di stagione, infatti, le numerose contendenti al titolo (Chelsea, Liverpool, Tottenham e Arsenal) non hanno espresso appieno il loro potenziale fin qui e City e United ne hanno approfittato alla grande, issandosi sin dalle prime giornate sui primi due gradini del podio del torneo. Da un lato, il Manchester City non ha avuto pietà di nessuna squadra incrociata fino a questo momento sul proprio cammino, alternando risultati schiaccianti (5-0 all’Etihad con Liverpool e Crystal Palace, 6-0 in casa del Watford e 7-2 tra le mura amiche ai danni dello Stoke City) a vittorie di misura, spesso arrivate nei minuti finali (2-1 con Bournemouth, Huddersfield, Southampton e West Ham), e non raccogliendo alcuna sconfitta in ben quindici giornate (quattordici vittorie e un pareggio), peraltro con il miglior attacco del torneo (46 reti messe a segno, media di poco superiore ai tre gol a partita) e la seconda miglior difesa (10 gol incassati, soltanto uno in più proprio dei rivali del Manchester United).
Rispetto allo scorso anno, in cui numerose scelte tattiche non avevano sortito gli effetti sperati e i Citizens erano stati estromessi con largo anticipo sia dalla lotta al titolo nazionale (terzo posto finale con 78 punti, quindici in meno al Chelsea campione) che dalla Champions League (eliminazione agli ottavi di finale per mano del Monaco), Guardiola è stato abile ad adattarsi ai ritmi del calcio inglese, profondamente diversi da quelli spagnoli e tedeschi, trovando l’equilibrio vincente tra la sua filosofia calcistica e la cultura antica quanto affascinante del gioco britannico. Chi riteneva che il tecnico spagnolo non fosse l’uomo ideale per allenare in Inghilterra si è dovuto ricredere in poco tempo: lavorando sui tanti giovani talenti dal sicuro avvenire presenti in rosa (Mendy, Sterling, Sané e Gabriel Jesus) e inserendo efficacemente i nuovi pezzi del puzzle (Ederson tra i pali si è rivelata una scelta azzeccata), il buon Pep ha rispedito al mittente le critiche dei suoi detrattori e non sembra intenzionato a fermarsi qui. Lasciare il segno anche in terra inglese, dopo aver già vinto tanto in Spagna e Germania, rappresenterebbe un traguardo importantissimo per l’ex centrocampista di Barcellona, Roma e Brescia, che in questo modo riuscirebbe a vincere almeno un trofeo in ogni squadra guidata in carriera.
I risultati fino a questo momento non possono per forza di cose essere messi in discussione, ma lo stesso Guardiola, forte di un bagaglio pieno di esperienza e trofei vinti, sa benissimo che la stagione è ancora lunga e non è ancora tempo per accontentarsi di quanto fatto finora. Del resto, in un campionato imprevedibile e combattuto qual è quello inglese, bastano poche partite per perdere le certezze accumulate nel giro di tanti mesi, ecco perché l’allenatore catalano resta cauto e auspica che i suoi continuino su questa strada, con la consapevolezza che con la rosa che ha disposizione possa dire tranquillamente la sua sia in patria che in Europa. Per ciò che concerne l’organico del Manchester City, infatti, tra titolari e riserve, gli Sky Blues hanno a disposizione numerosi campioni già consacratisi a livello mondiale (Silva, Agüero, De Bruyne, Yaya Touré, Gündoğan), giovani stelle che appaiono già pronte per compiere il definitivo salto di qualità e imporsi sul palcoscenico internazionale (menzione speciale per Sané, Sterling e Gabriel Jesus) ed elementi che garantiscono affidabilità e costanza di rendimento (Otamendi, Stones, Fernandinho e il duttile Fabian Delph).
Per quanto riguarda il suo rivale José Mourinho e lo United, invece, il portoghese è arrivato sulla sponda rossa di Manchester nell’estate 2016 per riportare il glorioso club ai fasti d’un tempo, riuscendo a gettare le basi per la rinascita già al suo primo anno ad Old Trafford, con la vittoria di ben tre trofei (Community Shield, Capital One Cup ed Europa League) e riportando la squadra in Champions League nonostante il sesto posto finale in Premier League. Proprio il campionato, dunque, ha rappresentato l’unico punto debole di una squadra che ha ben figurato nelle altre competizioni disputate, vincendone tre su quattro (in FA Cup a fermare il cammino dei Red Devils ci ha pensato il Chelsea, capace di imporsi per 1-0 nel match valevole per i quarti di finale del torneo), ecco perché inevitabilmente sin dall’inizio dell’annata attualmente in corso, in molti hanno sostenuto che l’obiettivo numero uno dello Special One fosse proprio la vittoria del titolo, già conquistato in sella alla panchina del Chelsea per ben tre volte.
L’inizio esplosivo dello United – sei vittorie e un pareggio nelle prime sette giornate, con ventuno gol messi a referto e appena due subiti – ha effettivamente dato quest’impressione, anche se al contempo il club più titolato di Manchester non ha disdegnato la Champions League, qualificandosi agli ottavi da prima nel girone con cinque vittorie e soltanto una sconfitta, e la Capital One Cup (il 18 dicembre i Red Devils affronteranno in trasferta il Bristol City nei quarti di finale). Mentalità è la parola chiave con cui Mourinho è riuscito in poco tempo a riportare in alto il Manchester United, risultando in grado di sopperire all’assenza di un giocatore fondamentale del calibro di Ibrahimović nei cruciali mesi finali della scorsa stagione e valorizzando e lanciando i tanti giovani presenti in rosa (tra cui Lingard, Fosu-Mensah, Tuanzebe), sfruttando la duttilità di giocatori quali Rojo, Valencia, Ashley Young, Rashford e Martial, rivelatesi pedine determinanti in vari contesti, e facendo adattare sin da subito i tanti nuovi volti (Bailly, Pogba, Mkhitaryan e Ibrahimović).
Quest’anno le cose stanno andando decisamente meglio, anche se la classifica di Premier League attualmente vede i Red Devils dietro di ben otto punti rispetto ai cugini del City. Questi ultimi hanno fatto ancor meglio fino a questo momento, riuscendo a prevalere anche nei momenti più difficili di questa prima parte di stagione. Lo dimostra, oltre ai numeri inconfutabili, anche e soprattutto il fatto che i Citizens siano riusciti a vincere due partite complicate che lo United invece ha perso, ossia le trasferte con la neopromossa Huddersfield e col Chelsea campione in carica. Ciò detto, il Manchester United appare la candidata numero uno, classifica a parte, per sottrarre il primato al Manchester City, anche se dovrà necessariamente fare progressi per colmare alcune delle poche lacune rimaste. Stando ai numeri, l’efficienza offensiva degli Sky Blues è leggermente superiore, mentre dal punto di vista difensivo i Red Devils appaiono poco più solidi (ben nove reti inviolate a fronte delle sette del City): in sostanza, le due squadre hanno molti punti in comune e per vari aspetti si diversificano, ma non vi è alcun dubbio sul fatto che finora abbiano dimostrato di avere qualcosa in più delle loro rivali, non soltanto in campionato ma anche in Europa.
Dennis Izzo
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