Nella settantesima edizione dell’All-Star Game NBA, Team LeBron si impone su Team Durant per 170-150, dominando in lungo e in largo la gara e prendendo le distanze dai rivali già nel corso del secondo quarto. In molti avevano pronosticato un agevole successo della squadra scelta da LeBron James, che al suo quarto anno da capitano centra la quarta vittoria. Sugli scudi Giannis Antetokounmpo, detentore degli ultimi due premi di MVP della regular season NBA e del Defensive Player of the Year dello scorso anno.
#TeamLeBron WINS the 2021 #NBAAllStar Game! They earn a total of $1.25 million for TMCF, while #TeamDurant earns $500,000 for UNCF.
Giannis: 2021 NBA All-Star Game Kobe Bryant MVP Award winner (35 PTS, 16-16 shooting) #KiaAllStarMVP pic.twitter.com/aAK8o21OPw
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A questi, il fuoriclasse greco aggiunge la vittoria dell’MVP dell’All-Star Game, ottenuto grazie a una prestazione da incorniciare: per lui, infatti, 35 punti, 7 rimbalzi, 3 assist, un recupero e una stoppata col 100% al tiro (16/16 dal campo e 3/3 da dietro l’arco). Tra le file di Team LeBron, si mettono in mostra anche Damian Lillard, autore di 32 punti col 55% al tiro (11/20) e il 50% da tre (8/16), nonché del canestro decisivo per la vittoria dei suoi (una tripla da metà campo per il definitivo 170-150), Chris Paul, che con ben 16 assist diventa il miglior assistman della storia dell’All-Star Game con 128 passaggi vincenti totali, superando Magic Johnson (127), e Stephen Curry, che chiude a quota 28 punti, 4 rimbalzi, altrettanti assist e 2 palle rubate col 53% dal campo (10/19) e il 50% dalla lunga distanza (8/16).
Quest’ultimo, inoltre, si aggiudica il Three-Point Contest, la gara del tiro da tre punti, per la seconda volta in carriera, dopo aver già trionfato nel 2015. Il numero 30 dei Golden State Warriors, uno dei migliori se non il migliore tiratore di tutti i tempi, leader per triple segnate in questa stagione (169) e secondo all-time nella storia della NBA (2.664), batte la concorrenza di un sorprendente Mike Conley soltanto grazie all’ultima money ball che vale il sorpasso (28 a 27). L’altro finalista, Jayson Tatum, non va oltre quota 17, dopo aver totalizzato 25 punti al primo round, decretando l’immediata uscita di scena di Zach LaVine (22), Donovan Mitchell (22) e di Jaylen Brown (17).
Stephen Curry wins #MtnDew3PT, increasing the total to $250K raised for Direct Relief's Fund for Health Equity! pic.twitter.com/m7BmYDa0yJ
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L’evento che inaugura la serata è lo Skills Challenge, la gara di abilità: il tabellone mette di fronte da un lato Domantas Sabonis e Julius Randle, dall’altro Nikola Vucevic e Robert Covington. Sabonis e Vucevic battono i rispettivi avversari e hanno la meglio anche in semifinale, rispettivamente contro Luka Doncic e Chris Paul. A trionfare, infine, è il lungo degli Indiana Pacers, che dopo aver compiuto il percorso a ostacoli mette dentro il tiro da tre che gli consegna la prima vittoria in carriera allo Skills Challenge.
Nell’intervallo dell’All-Star Game, con la gara saldamente nelle mani di Team LeBron, in vantaggio 100-80, si tiene lo Slam Dunk Contest, la gara delle schiacciate: a contendersi il premio sono Obi Toppin dei New York Knicks, Cassius Stanley degli Indiana Pacers e Anfernee Simons dei Portland Trail Blazers. Il primo e il terzo se la giocano fino in fondo, con il classe ‘99 dei Blazers che batte di misura il rookie dei Knicks (95-94), mentre la matricola dei Pacers non va oltre quota 81.
Anfernee Simons wins #ATTSlamDunk!
Simons, Obi Toppin and Cassius Stanley earn an additional $350,000 for TMCF. pic.twitter.com/LB0biECikc
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Il secondo tempo dell’All-Star Game ha poco da dire, perché Team LeBron prende abbondantemente il largo già nel secondo quarto, piazzando un parziale di 60-41 che risulterà decisivo. Da quando è stato introdotto il formato dei capitani, in sostituzione della classica sfida tra le due Conference della NBA, LeBron James è sempre stato il più votato (una volta a Est coi Cleveland Cavaliers e tre ad Ovest coi Los Angeles Lakers) e non ha mai perso, battendo le squadre di Stephen Curry (148-145 nel 2018), Giannis Antetokounmpo (178-164 nel 2019 e 157-155 nel 2020) e, appunto, Kevin Durant (170-150).
Quest’ultimo non ha potuto prendere parte alla gara a causa di un infortunio, con i suoi compagni che non sono riusciti a sopperire né alla sua assenza né a quella di Joel Embiid, che al pari del suo compagno di squadra ai Sixers Ben Simmons (scelto però da Team LeBron) non ha potuto prendere all’evento a poche ora dalla palla a due, essendo stato a contatto con un barbiere di Philadelphia risultato positivo al coronavirus. Tra i migliori per gli sconfitti, il miglior realizzatore della stagione NBA Bradley Beal, che viaggia a 32.9 punti di media in regular season, mette a referto 26 punti e 4 assist col 63% al tiro (10/16) e il 50% da tre (6/12).
Domantas Sabonis wins #TacoBellSkills to earn an additional $75,000 for UNCF, bringing the total to $250,000! pic.twitter.com/s4FTi2eyKd
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Bene anche la coppia dei Nets, con Kyrie Irving che fa registrare una doppia doppia da 24 punti, 5 rimbalzi e 12 assist col 67% dal campo (10/15) e James Harden che si rende autore di 21 punti e 4 assist col 54% da dietro l’arco (7/13). 21 punti, con 4 rimbalzi, 7 assist e 4 palle recuperate, anche per Jayson Tatum, che tira col 56% dal campo (9/16). Il nuovo formato introdotto lo scorso anno, con il punteggio azzerato dopo ogni quarto e il Target Score – ossia il punteggio da raggiungere per vincere la gara – nel quarto quarto, aveva assicurato un match più godibile e spettacolare lo scorso anno, con un’insolita intensità difensiva, soprattutto nell’ultimo periodo. Quest’anno, invece, nemmeno la nuova formula riesce a rendere l’incontro più interessante.
Rispetto agli altri anni, la pandemia ha sicuramente inciso sullo svolgimento dell’evento, disputatosi senza tifosi e rendendo impraticabili tante attività che coinvolgevano tutti e rendevano imperdibile questo appuntamento annuale. Il commissioner della NBA Adam Silver ha fatto gli straordinari per assicurare la continuità con la storia e la tradizione della lega e impedire che non si svolgesse un evento che si tiene ormai ogni anno dal 1951. Non che sia mancato lo spettacolo (molto divertente la gara del tiro da tre, con Mike Conley che ha dato filo da torcere a uno specialista assoluto del calibro di Steph Curry), ma la partita delle stelle è apparsa molto simile a quelle delle edizioni passate, tanto criticate dai più per la mancanza quasi totale di difesa e di intensità.
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Lillard e Curry hanno provato, a ripetizione, la specialità della casa, il tiro da metà campo, con risultati spesso e volentieri positivi, stupendo per la disarmante facilità con cui vanno a bersaglio da posizioni impossibili, mentre l’MVP Antetokounmpo ha fatto prevalentemente ricorso alla sua arma preferita, la schiacciata in transizione. Così hanno fatto gran parte degli altri partecipanti – triple in step-back per James Harden, spettacolari conclusioni al ferro per Kyrie Irving e schiacciate per Zion Williamson – senza trovare praticamente mai un serio tentativo di opposizione da parte degli avversari.
Peccato, perché le premesse dello scorso anno sembravano suggerire una netta inversione di tendenza, quella che molti appassionati della palla a spicchi attendevano da anni. Memorabili i possessi finali dell’All-Star Game di Chicago 2020, con le due squadre che lottavano su ogni pallone con una ferocia agonistica più da gara-7 delle Finals che da partita delle stelle. Quest’anno, invece, si è compiuto un evidente passo indietro da questo punto di vista e lo spettacolo ne ha risentito inevitabilmente. Quasi nessuno dei giocatori in campo aveva voglia di disputare l’All-Star Game, con un calendario fitto di impegni a causa della pandemia: che sia questa la motivazione alla base di una partita tanto fiacca e monotona?
Dennis Izzo
Fonte foto: Pagina Facebook NBA
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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