La regular season NBA volge al termine ma un primo verdetto pesante è già stato emesso. I Los Angeles Lakers non parteciperanno ai playoff per la seconda volta negli ultimi quattro anni (la settima nelle ultime nove stagioni). Un vero e proprio fallimento per una squadra che meno di due anni fa festeggiava nella bolla di Orlando la vittoria del diciassettesimo titolo NBA della sua storia.
The Lakers have officially been eliminated from playoff contention. pic.twitter.com/TMv5m8en6G
— SportsCenter (@SportsCenter) April 6, 2022
A tre partite dalla conclusione della stagione regolare, i gialloviola sono appaiati all’undicesimo posto con appena 31 vittorie e ben 48 sconfitte, di cui sette consecutive. Tre successi nelle ultime tre gare non basterebbero ai californiani per scavalcare i San Antonio Spurs di Gregg Popovich, che si apprestano a disputare il play-in, lo spareggio per conquistare un posto ai playoff.
Un vero e proprio fallimento per i Lakers, protagonisti, loro malgrado, di uno dei risultati più deludenti della loro storia e della lega in generale. L’estate scorsa, i gialloviola avevano deciso di sacrificare numerosi elementi di contorno del proprio roster per affiancare Russell Westbrook a LeBron James e Anthony Davis.
Russell Westbrook has been traded to the Lakers for Kyle Kuzma, Kentavious Caldwell-Pope, Montrezl Harrell and No. 22 pick, per @ShamsCharania pic.twitter.com/A8JeNceOSA
— NBA on TNT (@NBAonTNT) July 30, 2021
Una scelta che non ha affatto pagato. La squadra non ha mai dato l’impressione di remare nella stessa direzione e le tre stelle non sono riuscite a coesistere in campo. LeBron James è l’unica nota lieta di una stagione a dir poco travagliata. A 37 anni, compiuti lo scorso 26 dicembre, The King sta giocando una pallacanestro formidabile, in netta controtendenza con le prestazioni dei suoi compagni e i risultati della squadra. Con medie di 30.3 punti (miglior realizzatore stagionale e sua media più alta dal 2005-2006), 8.2 rimbalzi e 6.2 assist, impreziosite peraltro da 34 partite da 30 o più punti, tre da 40+ punti, due da almeno 50 punti e sei triple doppie, James avrebbe tutte le carte in regola per vincere il quinto MVP della sua carriera.
A frenarne irrimediabilmente le ambizioni è proprio l’andamento da film horror dei suoi Lakers. Ai nastri di partenza della stagione 2021-2022, i gialloviola erano indicati come favoriti per la vittoria finale da molti addetti ai lavori e appassionati. Dopo una stagione sottotono, conclusa con un settimo posto e un’eliminazione al primo turno per mano dei Phoenix Suns, ci si aspettava un ritorno ai fasti del 2019-2020. Le premesse, in questo senso, non scarseggiavano affatto.
The Los Angeles Lakers have been officially eliminated from the West's play-in tournament & the 2022 playoffs.
– LeBron James has appeared in 25 wins this season, the lowest win total for any season during his 19-year career. pic.twitter.com/31UGvkegeZ— Ben Golliver (@BenGolliver) April 6, 2022
Sin dalle prime battute della regular season, però, sono emersi gli enormi difetti strutturali dei Lakers. Sconfitta dopo sconfitta, è apparso chiaro come i californiani non avessero più il sistema di gioco solido e collaudato degli anni precedenti. Un gioco corale, tanto farò agli amanti dello showtime made in L.A., con un fortino inespugnabile nella metà campo difensiva e un attacco dotato di numerose soluzioni, svanito nel nulla per far posto a un gioco noioso e controproducente e alla quinta peggior difesa della lega (114.8 punti concessi a partita, contro i 106.5 dello scorso anno e i 107.3 del 2019-2020).
Oltre a ciò, negli anni precedenti LeBron James era sì il catalizzatore di tutti o quasi i possessi offensivi, ma di certo gli uomini di Frank Vogel non si aggrappavano a lui sempre e comunque, facendogli indossare nuovamente i panni di salvatore della patria, come fatto spesso e volentieri ai tempi di Cleveland. Al fianco di LBJ, che in diciannove anni di carriera non aveva mai collezionato così tante sconfitte in regular season, c’erano giocatori validi, role players affidabili e capaci di dire la loro nei momenti decisivi.
After nearly 100 days in the bubble, the Los Angeles Lakers are the NBA Champions once again after a 106-93 win over the Miami Heat. #NBAFinals https://t.co/o1zQruqyP3 pic.twitter.com/4kijdApAC5
— Express Sport (@DExpress_Sport) October 12, 2020
Rondo, Caldwell-Pope, Kuzma, Danny Green, Harrell hanno offerto (chi più, chi meno) un contributo importante nella vittoria dell’anello in quel di Orlando. I Lakers hanno deciso di fare piazza pulita e di non rinnovare loro la fiducia. L’assurda convinzione che bastasse affiancare a LeBron e Davis (peraltro spesso e volentieri costretto ai box dai soliti problemi fisici) una superstar del calibro di Westbrook, ben lontano dai fasti di OKC, è stata spazzata via in men che non si dica.
Col salary cap ingolfato (LeBron, Westbrook e Davis guadagnano poco meno di 121 milioni di dollari in tre) e una libertà di manovra pressoché inesistente, i Lakers hanno completato il roster mettendo sotto contratto una sfilza di giocatori ormai a fine corsa. Tra questi, Carmelo Anthony (38 anni da compiere il 29 maggio), Trevor Ariza (36), DeAndre Jordan (33), Wayne Ellington (34), Dwight Howard (36) e Kent Bazemore (32).
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Se Melo ha dato un contributo tutto sommato positivo in uscita dalla panchina (13.3 punti col 44% al tiro e il 37.5% da tre), gli altri sono rimasti ai margini. L’età media del roster attuale, di poco inferiore ai 30 anni, è la più alta in tutta l’NBA. Oltre a ciò, i pochi giovani a disposizione di Vogel non hanno rispettato le attese. Su tutti, Talen Horton-Tucker, trattenuto l’estate scorsa nonostante la possibilità di inserirlo nel pacchetto per imbastire una trade per Kyle Lowry, poi accasatosi ai Miami Heat, primi della classe a Est.
La sensazione è che i Lakers abbiamo sottovalutato fortemente il rischio che molti dei giocatori messi sotto contratto in free agency non potessero, per ragioni anagrafiche e fisiche, assicurare un rendimento continuo e in linea con quello delle loro migliori stagioni. Carmelo Anthony è ancora un elegante realizzatore, può dire la sua come Sesto uomo e non si tira indietro quando la palla scotta, ma non è più il Melo irresistibile che faceva impazzire il Madison Square Garden a suon di isolamenti e canestri impossibili. Dwight Howard sa ancora fare a sportellate sotto le plance ed è un difensore arcigno e tosto, ma inevitabilmente l’usura e il trascorrere degli anni si fanno sentire anche per lui.
The Los Angeles Lakers have been eliminated from playoff contention.
LeBron will miss the playoffs for only the fourth time in his 19-year career: https://t.co/68LPVtwHZB pic.twitter.com/cY9B5efael
— Sports Illustrated (@SInow) April 6, 2022
Se i Lakers avessero costruito un roster del genere qualche anno fa, probabilmente le altre contender avrebbero potuto soltanto fare ricorso alla preghiera per pensare di avere una speranza di ostacolarne la corsa verso l’anello. Ad oggi, però, i gialloviola hanno lasciato LeBron James più solo che mai, come non avevano fatto nemmeno gli ultimi Cleveland Cavaliers in cui aveva militato il quattro volte MVP e altrettante volte campione NBA. Quest’anno, il nativo di Akron avrebbe potuto legittimamente ambire a toccare quota 5 premi di Miglior giocatore stagionale e anelli vinti, ma le sue prestazioni celestiali non sono bastate a nascondere i problemi dei Lakers.
Tra le grandi delusioni stagionali, spicca Russell Westbrook, da molti ritenuto il miglior colpo di mercato della scorsa estate. L’MVP 2017 non è mai riuscito a imporsi del tutto nella sua città natale e il feeling con i suoi tifosi non è mai sbocciato. Non è un caso che la sua stagione sia attualmente la peggiore dal 2009-2010, con 18.5 punti, 7.4 rimbalzi e 7.1 assist di media.
https://twitter.com/eurosport_it/status/1511583954444431361?s=21
Di certo, Russ non può e non deve essere il capro espiatorio. Il basket è uno sport di squadra, nel bene e nel male. Se un LeBron James inarrestabile (nonché da poco secondo miglior realizzatore all-time con 37.062 punti, dietro soltanto a Kareem Abdul-Jabbar, primatista a quota 38.387) non è bastato a portare i gialloviola quantomeno a giocarsi un posto ai playoff, allo stesso modo le prestazioni dei singoli più deludenti non possono essere ritenute le uniche cause di un disastro che era nell’aria da tempo.
Il problema, semmai, sta a monte. Gli errori nella costruzione del roster e l’incapacità di dare una precisa identità di gioco alla squadra sono responsabilità che spettano inevitabilmente allo staff tecnico e al front office. L’ennesima maxi rivoluzione è dietro l’angolo, in pieno stile losangelino: stavolta saranno mosse ponderate o altre soluzioni disperate?
La free agency 2022 sarà più intensa del solito per i Lakers. I gialloviola, infatti, saranno chiamati a voltare pagina immediatamente. Tornare ai fasti del passato, seppur recente, non sarà affatto semplice. Nell’era LeBron (2018 ad oggi), I Lakers hanno sì vinto un anello, ma hanno anche fallito clamorosamente tre stagioni.
Anthony Davis said his injury is the reason the Lakers lost to the Suns in the 2021 playoffs.
Devin Booker didn't let that comment slide. pic.twitter.com/blc98APW4r
— The Athletic (@TheAthletic) March 14, 2022
Se nel 2018-2019, il primo anno di LBJ in California, non ci si poteva attendere granché da una squadra giovane e inesperta, reduce da ben cinque stagioni di fila senza playoff, i disastri recenti erano tutt’altro che annunciati. Lo scorso anno, i Lakers non sono andati oltre il settimo posto e un’uscita di scena al primo turno (4-2 coi Phoenix Suns), peraltro da campioni in carica.
Quest’anno, è arrivato il dramma di una stagione anomala senza nemmeno un posto al play-in a complicare le cose. Il primo a rischiare il proprio posto è l’head coach Frank Vogel. Campione NBA al suo primo anno sulla panchina gialloviola, l’ex allenatore di Indiana Pacers e Orlando Magic sembra aver perso la bussola e potrebbe pagare a caro prezzo la fallimentare stagione che sta per concludersi.
On Tuesday afternoon, Frank Vogel reflected at length on his third — and what many expect to be his last — season with the Lakers.
Vogel chose not to speculate on his future, but he seems to understand it.
Exclusive with @billoram: https://t.co/l2XzXZh4lE pic.twitter.com/Fhuzx53wcV
— The Athletic (@TheAthletic) April 6, 2022
Naturalmente, anche molti giocatori potrebbero salutare a breve Los Angeles. Tra i giocatori in scadenza di contratto, soltanto Russell Westbrook e Kendrick Nunn hanno una player option per la prossima stagione, rispettivamente da 47 e 5.2 milioni di dollari. Saranno free agents (ossia liberi da ogni vincolo contrattuale), invece, Carmelo Anthony, Trevor Ariza, Avery Bradley, Wayne Ellington, Dwight Howard, Kent Bazemore, Malik Monk e D.J. Augustin. Le loro partenze libereranno circa 18 milioni di spazio salariale.
Tra chi è sotto contratto anche per stagione 2022-2023, spiccano LeBron James e Anthony Davis. Il primo si appresta a entrare nell’ultimo anno di contratto, il secondo ha un accordo fino al 2024 con player option per la stagione successiva. Entrambi sembrano destinati a rimanere a Los Angeles, mentre potrebbero fare le valigie Westbrook, Horton-Tucker e Nunn, alcune delle poche pedine che potranno consentire ai Lakers di effettuare delle trade per rimescolare le carte e provare a costruire un roster più credibile e competitivo.
Il percorso dei Lakers di quest’anno passerà inevitabilmente alla storia come uno dei peggiori, se non il peggiore in assoluto, nella storia dell’NBA. È raro, infatti, vedere una squadra costruita per vincere il titolo non approdare nemmeno ai playoff. Poche squadre, nel corso degli anni, hanno avuto la possibilità di affidarsi a un Big Three composto da giocatori del calibro di LeBron James, Anthony Davis e Russell Westbrook.
SOURCE SPORTS: LeBron James Passes Karl Malone to Become #2 on the All-Time Scoring List https://t.co/jizGAtz31j #WeGotUs #SourceLove pic.twitter.com/LxBUIi8jqb
— The Source Magazine (@TheSource) March 21, 2022
Se molte di queste hanno vinto e scritto la storia – i Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman, i Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh, i Golden State Warriors di Stephen Curry, Klay Thompson e Draymond Green – altre non sono riuscite nell’intento.
Gli stessi Lakers ne sanno qualcosa. Nel 2003-2004, infatti, persero malamente le Finals coi sorprendenti Detroit Pistons di Larry Brown (4-1), nonostante potessero contare su Kobe Bryant, Shaquille O’Neal, Gary Payton e Karl Malone. Nel 2012-2013, invece, i gialloviola di Kobe, Pau Gasol, Dwight Howard, Steve Nash e Metta World Peace crollarono 4-0 al primo turno dei playoff con i San Antonio Spurs.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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