CATANIA (dal nostro corrispondente) – Che Catania-Foggia non sarebbe stata una partita come le altre era ampiamente previsto. La scorsa settimana vi avevamo parlato della caduta a Pagani, in una giornata in cui aveva fatto gran rumore la protesta dei tifosi della Curva Nord, il settore per eccellenza dei supporters rossazzurri, che in occasione della partita del Catania Femminile (vinta 12-0 contro il Marsala), hanno esposto uno striscione che non necessita certo di grandi interpretazioni (“Siete voi il Catania con le palle”).
Nella settimana corrente, poi, l’appello dell’ad Pietro Lo Monaco: «Abbiamo bisogno del supporto di tutti per avere la meglio contro una squadra come il Foggia». Rifiutato e rimandato al mittente: «Non stiamo più al vostro gioco, non stiamo più dietro alle parole – si legge in un comunicato degli ultrà siciliani -. Questa città, malgrado i suoi enormi difetti, merita ben altro. Ci sono grandi realtà a cui non si dà voce, che magari non hanno nemmeno i soldi per comprare i completini nuovi, ma che quelli vecchi li trattano con cura, perché sanno che quelle maglie vanno onorate». Decisione presa senza alcun ripensamento: a godere del tifo organizzato, stavolta, l’Amatori Catania (la squadra di rugby impegnata nel derby contro il Messina), con buona pace della Curva Nord del Massimino, abbandonata dai tifosi che ne hanno fatto la propria casa.
Le file ai cancelli del settore sembravano interminabili, il nervosismo e la poca pazienza visto il match già iniziato ornavano una situazione che aveva dell’incredibile. Molti si sono appropinquati al famoso tornello (l’unico attivo fino a quel momenti) quando in campo si erano già consumati i primi 15 minuti di gioco, altri hanno aspettato ancora per molto. Le stesse forze dell’ordine, poco propense a dare spiegazioni, diventavano pian piano il bersaglio dei tifosi che non hanno aderito alla protesta. All’apertura del secondo tornello in molti sono corsi per accedere finalmente alle gradinate (i primi ad entrare ci sono riusciti al 24’, quando il settore era ancora semi deserto), gli altri, decisamente meno fortunati, hanno dovuto aspettare addirittura la fine del primo tempo.
Se la protesta del gruppo organizzato e la poca (e ingiustificata) efficienza del Massimino non hanno dato motivi di serenità ai tifosi accorsi per sostenere la squadra, l’atteggiamento degli undici mandati in campo da mister Giovanni Pulvirenti hanno fatto il resto. Il ritmo basso voluto dal tecnico etneo non dà i suoi frutti e anzi, rende la partita al dir poco soporifera, le azioni in ripartenza del Foggia, poi, hanno accentuato ancor di più le carenze da parte del centrocampo e degli esterni. Il sentore comune è quello di una squadra sfiduciata, a cui pesano le tre sconfitte consecutive. Una squadra incapace di reagire, creare e, oggi come non mai, di svoltare la partita con la giocata decisiva.
Il Catania, insomma, sembra voler giocare per il pareggio; ma se il primo tempo si chiude con un malumore generale è nel secondo che prende forma il disastro a tinte rossazzurre. Il Foggia passa in vantaggio con l’autogol di Gil, l’intera squadra accusa il colpo e Pulvirenti esita fin troppo nel mandare in campo gli unici che avrebbero nelle corde le giocate per trovare la via del gol. Le azioni sono al dir poco confuse, Scoppa continua a essere la vera nota dissonante nell’orchestra etnea e il Foggia ammaestra la gara con l’esperienza di chi sa come portare a casa il risultato senza troppa fatica. Andrea Mazzarani, da falso nueve non dà le giuste garanzie, e la sfortuna spegne quel piccolo fuoco che il Catania tenta di accendere negli ultimi dieci minuti di gara.
Come si sa, poi, la partita non finisce di certo al novantesimo. Il mancato saluto alla Nord della squadra è la ciliegina di una giornata da dimenticare, le parole di Pulvirenti in sala stampa alimentano ancor di più il clima di sfiducia che si respira durante l’uscita dei tifosi: «Meritavamo il pareggio, gli episodi hanno giocato a nostro sfavore». Parole che dicono ben poco rispetto a quanto si è visto in campo e che risuonano come un esenzione da colpe per i giocatori stessi. Le colpe, invece, sembrano quanto mai nitide per l’intero ambiente etneo.
Il Catania, ad oggi, è in piena crisi. Una crisi infinita, che sembra non voler cessare da quella disgraziata retrocessione dalla Serie A di tre anni fa, una crisi che dopo la salvezza all’ultimo respiro di una stagione fa sembrava potesse fermarsi, ma che invece continua, come un treno, fino ad un punto indeterminato. I bei tempi sono lontani anni luce e il Catania continua a stentare in una categoria in cui dovrebbe farla da padrone. Il cantiere aperto va a rilento e la scossa sembra non voler arrivare. Nel frattempo un’intera città piange, chiedendosi quando sarà il momento di tornare a gioire e chiudere, definitivamente, un capitolo al dir poco oscuro della propria storia sportiva.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»