La Juvecaserta è ancora oggi l’unica squadra del sud Italia ad aver vinto un campionato di basket. Una favola che ebbe luogo trentadue anni, nel 1991, a Caserta, la quale, ancora oggi, scalda il cuore dei casertani, ma anche di tifosi e appassionati di basket e sportivi in generale.
La docu-serie “Scugnizzi per sempre” nasce dalla collaborazione fra Tramp Ltd (che ha prodotto la serie) e Rai Documentari. La regia è di Gianni Costantino, cui ha partecipato anche alla scrittura insieme a Sante Roperto e Vincenzo Cascone. Rai 2 dedicherà tre puntate al “miracoloso” scudetto vinto dalla Juvecaserta il 21, 24 e 25 agosto con la possibilità di guardarlo anche su Rai Play.
Un’impresa meritevole di essere raccontata. Un “miracolo” che trova poco spazio nelle cronache sportive. Una favola dai contorni dolci e amari. Il classico dualismo sportivo tra le squadre del nord e del sud, il quale va spesso a sfociare in situazioni socio-economiche. Come può una squadra di basket del sud Italia sfidare le grandi del nord?
Uno sport che in Italia assunse una forma dal carattere elitario, destinato ad essere praticato dalle “persone ricche del nord”, venendo spesso snobbato al sud. Un sud attaccato alle sue radici calcistiche e con poco coraggio di investire nello sport dalla palla a spicchi, a differenza del settentrione italiano.
La vittoria della Juvecaserta fu una ventata di aria fresca. Davide che batte non uno ma tanti Golia. Un fenomeno meridionale ancora oggi simbolo di vanto per i casertani.
Con il termine “scugnizzo” si tende ad indicare una persona che vive più in strada che a casa propria. Questa persona, però, non possiede una grande educazione e il suo modo di agire può avvicinarsi molto ad un anarchico. Insomma, uno a cui piace spesso sfidare l’autorità.
Un termine soprattutto usato verso bambini e ragazzi definiti classicamente “monelli”, con un carattere vispo, acceso e con l’arte di arrangiarsi in tutti i modi, anche con quelli non convenzionali. Alle volte, anche con situazioni familiari al limite della disperazione.
Questo era il soprannome dato ai cestisti che all’epoca militavano nelle file della Juvecaserta, degli “scugnizzi” casertani, sebbene il termine sia più utilizzato a Napoli. Un gruppo affiatato che aveva deciso di far sentire la propria esistenza in tutta Italia. All’epoca sponsorizzati da Phonola, nell’anno dello scudetto casertano caddero prima Pesaro ai quarti di finale, e poi Virtus Bologna alle semifinali.
In finale ecco l’Olimpia Milano, ancora oggi la più grande squadra di basket presente in Italia. Vincitrice, fino a quel momento, di 24 campionati, 3 coppe italiane e 3 Euroleghe – la Champions League della pallacanestro europea. Gli scugnizzi meridionali che sfidano le autorità settentrionali.
Lo scontro per la vittoria finale vide in due occasioni il vantaggio della società milanese (gara 1 e gara 3), con conseguente aggancio dei casertani (gara 2 e gara 4), portando così il punteggio sul 2-2. Il successo arrivò in gara 5, quando la Juvecaserta si impose con il risultato di 88-97 al Forum di Assago, festeggiando così il primo scudetto della loro storia.
I fiori all’occhiello di quella squadra erano Nando Gentile e Vincenzo Esposito, due casertani doc. L’affiatamento di quei ragazzi si fece sentire soprattutto quando Esposito fu vittima di un infortunio ai legamenti del ginocchio durante gara 5. Invece di andare negli spogliatori a farsi curare, rimase a bordocampo per incitare i compagni.
Tutta la Juvecaserta, però, era una grande squadra, una squadra quasi interamente composta da giocatori del meridione. Vincenzo Donadoni, casertano anche lui; Christian Fazzi, di Reggio Calabria; Francesco Longobardi, di Cava de’ Tirreni, Salerno; Massimiliano Rizzo, di Palermo; e Giacomantonio Tufano, di Somma Vesuviana, Napoli.
Le uniche eccezioni erano Sandro Dell’Agnello, di Livorno, e i due statunitensi ex NBA Tellis Frank e Charles Shackleford.
A Caserta, quell’anno, avvenne un vero e proprio miracolo. Un evento all’ombra della Reggia il quale ad oggi risulta impossibile da replicare. Per una volta, Caserta salì sull’olimpo dei grandi del basket e dello sport, surclassando persino il suo monumento più grande. Quello più famoso della città.
Fonte foto: Metropolitan Magazin
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.