Tutti sanno che a Napoli c’è un vulcano: il Vesuvio. Pochi sanno che sotto la zona dei Campi Flegrei, sempre nel napoletano, vi sono delle caldere. Il documentario registrato dall’emittente televisiva svizzera RSI, “Napoli, il supervulcano che minaccia l’Europa”, sta facendo parlare di sé proprio per questo motivo. Questo servizio mostra un possibile scenario catastrofico e apocalittico che potrebbe accadere nel caso esplodessero. Ma è davvero così?
Innanzitutto scopriamo cos’è nello specifico una caldera: una vasta depressione a forma d’imbuto in corrispondenza di un cono vulcanico. In genere dovuta a sprofondamento delle pareti del condotto vulcanico. Una caldera, però, può risultare anche “gigante“, ovvero che possiede un diametro pari o superiori a decine di chilometri.
Una caldera gigante si differenzia da una caldera normale poiché non è il risultato di esplosioni di edifici vulcanici precedenti, ma è considerato un supervulcano la quale esplosione potrebbe causare una catastrofe devastante non solo al luogo in cui si trova, ma anche alle zone distanti chilometri.
I Campi Flegrei da sempre sono soggetti a fenomeni di bradisismo: fenomeno legato al vulcanismo, il quale porta ad un innalzamento o abbassamento del livello del suolo. Questa attività è considerata un vero e proprio “atto respiratorio” del vulcano, in cui le fasi di risalita si associano alle attività sismiche. E per di più interessano le zona dal Golfo di Pozzuoli fino a Posillipo.
I Campi Flegrei stanno risalendo dal 2005. Il suolo, infatti, risulta più alto di un metro negli ultimi vent’anni. E questo è il motivo per cui frequenti terremoti si stiano manifestando proprio in quell’area negli ultimi tempi. Infatti, negli ultimi 2000 anni la zona dei Campi Flegrei si è ritrovata a -8 sotto il livello del mare a +6 nel 1538. Quando ci fu l’eruzione del Monte Nuovo.
Il documentario della RSI mostra come l’esplosione di queste caldere possa provocare scenari spaventosi. In questo video viene mostrata un’esplosione causata da frequenti e intensi terremoti e all’innalzarsi del suolo. Ed è ciò che potrebbe succedere nel peggiore dei casi. La colonna eruttiva si innalzerebbe di 20 o 30 chilometri e nel collassare provocherebbe flussi piroclastici o nubi ardenti. E questi flussi o queste nubi raggiungerebbero una temperatura pari a 500 °C muovendosi a centinaia di km/h. E non è tutto. Napoli, i paesi delle sue province, e persino i territori lontani chilomentri verrebbero sepolti sotto trenta metri di cenere. E il tutto si scatenerebbe dalla caldera posizionata sotto la Solfatara.
Un’eruzione devastante dalle simili conseguenze risale a 4550 anni fa: l’eruzione pliniana di Agnano-Monte Spina, sempre nei Campi Flegrei. Ma è anche la meno probabile che possa verificarsi. Eruzioni del genere in questa zona, infatti, sono rare. In 15.000 anni su un totale di 70 eruzioni ne risultano all’incirca tre o quattro. Nel caso ci fosse una ripresa dell’attività eruttiva nei Campi Flegrei sarebbe probabilmente paragonabile ad uno scenario di intensità meno bassa. Simile all’eruzione avvenuta nel 1538, definita l’eruzione del Monte Nuovo. Quando agli occhi del popolo flegreo si manifestò il rischio vulcanico dell’area.
Un articolo di rimprovero al servizio del RSI è arrivato anche dall’INGV, il quale critica il montaggio del video. Secondo appunto l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il servizio serve solo a creare inutili allarmismi terrorizzando lo spettatore tramite gli effetti speciali. Non si baserebbe su informazioni su dati reali, e che ignora completamente tutte le importanti attività scientifiche e di pianificazione che hanno visto, e ancora vedono, scienziati e Protezione Civile lavorare fianco a fianco per gestire al meglio delle conoscenze la pericolosità vulcanica ed il relativo rischio di una delle aree più antropizzate al mondo.
Articolo ispirato dall’approfondimento realizzato da Geopop.
Foto: Repubblica Napoli
Simmaco Munno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.