A chi non è mai capitato di sognare a occhi aperti, o di fantasticare su qualcosa di molto desiderato? A produrre questi pensieri è la fantasia: come funziona di preciso e, soprattutto, che effetti ha sulla vita concreta di ogni giorno?
Il suo nome deriva dal verbo greco phaino, il cui significato è «mostrare»: secondo questa definizione, la fantasia si potrebbe paragonare a un cinema interiore che, sebbene studiato da solo un secolo, è una parte fondamentale dell’essere umano. Infatti, si sviluppa in ognuno fin dall’infanzia, tant’è che – com’è stato analizzato dalla psicologa Marjorie Taylor, docente di Psicologia all’Università dell’Oregon, più del 60% dei bambini fra i tre e gli otto anni ha un amico immaginario con cui giocare. Non se ne preoccupino, però, i genitori: la manifestazione di tale fenomeno, infatti, è più che positiva, dal momento che consente ai piccoli un corretto sviluppo cognitivo ed emotivo.
Secondo Ethel Person, psicanalista e insegnante alla Columbia University, l’immaginazione aiuta anche nel prendere delle scelte e nel relazionarsi con gli altri. Basti pensare al cosiddetto “innamorato ombra”, un compagno invisibile le cui caratteristiche corrispondono perfettamente alle esperienze vissute nei primi anni di vita. Nel caso specifico, comuqnue, il meccanismo è da tenere sotto controllo, perché esistono delle possibilità che ciò porti a una destabilizzazione dei propri rapporti di amicizia e di amore, sia durante l’adolescenza che nell’età adulta. C’è di buono, ad ogni modo, che nell’immaginazione si ripongono desideri incoffessabili e speranze remote, protette in maniera quasi ermetica da qualunque sguardo esteriore e al riparo dai commenti più o meno richiesti di terzi. Fra le fantasie più ricorrenti spiccano quelle erotiche/amorose, ma non ne mancano inerenti alla ricchezza o al potere. In tutti i casi, va tenuto in considerazione il fatto che molti pensieri simili possono derivare da traumi, violenze, brutte esperienze o gravi mancanze di cui si è avuto percezione nell’infanzia. Quanto detto spiega il motivo per cui, secondo la scienza, le differenze fra la fantasia di ciascuno riesiedono nella sensibilità soggettiva sviluppata durante la crescita e le cui caratteristiche diventano un filtro indispensabile e ben distinto da qualsiasi altro.
Secondo Sigmund Freud, l’esistenza dell’immaginazione personale costituisce, fra l’altro, un importante sfogo alternativo rispetto ai bisogni rimasti inappagati. A suo avviso, infatti, «il sogno è l’appagamento (mascherato) di un desiderio (represso, rimosso)». Come spiegato da Giuliana Capannelli nel portale Human Trainer, «possiamo così definire il sogno come un messaggio, un messaggio non esplicito ma da decifrare, indice del desiderio inconscio deformato dall’opera della censura. Il sogno manifesto è ciò che la censura interna del sognatore permette che arrivi alla coscienza». La fantasia, pertanto, funge da strumento di adattamento: senza di essa non si potrebbero concepire alternative al presente, né imparare a comportarsi diversamente in situazioni future simili ad altre già sperimentate per via più o meno diretta in precedenza.
Resta il fatto che, spesso, molto della propria interiorità viene celato, per evitare che l’idea di sé percepita da altri si alteri in qualche misura. «La fantasia è un gioco di prestigio che la persona fa senza capire come: essa agisce per far sì che una parte di noi non capisca quello che un’altra parte vuole», afferma in proposito la psicanalista Person. Di conseguenza, la condizione ideale risiede probabilmente nella capacità di trovare un buon equilibrio con sé stessi, grazie a cui riuscire a cogliere quali elementi dell’immaginazione incoraggiare e stimolare e quali, invece, tenere a freno, o quantomeno nascosti, nel tentativo di rimanere ben ancorati alla realtà e allo stesso tempo in contatto adeguatamente con la parte più “da fanciullino” di cui siamo costituiti, evitando così di sfociare in qualunque estremo rischioso.
Anastasia Gambera
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