Le chatbot sono entrate ufficialmente del nostro quotidiano. Che si usino per passare il tempo o con scopi più proficui, le chatbot sembrano adattarsi a ogni nostra esigenza. Dalle più vecchie a quelle più recenti, ecco come è cambiato il nostro modo di “chattare” con i bot.
Le chatbot sono software in grado di simulare una conversazione grazie all’intelligenza artificiale. L’uso di una chatbot avviene così: l’utente invia una domanda, il bot la analizza e genera una risposta che considera adatta al contesto della conversazione. Durante il corso della conversazione, il bot apprenderà e si migliorerà, avvicinandosi sempre di più alle nostre aspettative.
Chi naviga internet cercando un passatempo carino, avrà sentito sicuramente parlare di Cleverbot. Si tratta di una delle prime chatbot a diventare famose nel web. Seppur rudimentale, Cleverbot permette di avere una conversazione con un bot che “impara” dalle conversazioni con altri utenti che hanno “chattato” con lui precedentemente. Ciò fa sì che la conversazione diventi quasi naturale, dando l’idea di messaggiare con una persona reale.
Dalla nascita di Cleverbot, nel lontano 1997, sono nate tantissime chatbot che permettono di fare molte più cose. Ne consegue che gli utenti possono divertirsi in modi sempre diversi.
Ormai noto a tutti è ChatGPT, la chatbot di OpenAi che fa praticamente tutto. In base al tipo di richiesta fatta dall’utente, ChatGPT è capace di adattarsi e rispondere in modo adeguato. Essendo programmato per svolgere varie mansioni, può essere utilizzato per gli scopi più disparati. Si può usare come traduttore, per la scrittura di testi più o meno articolati, per fare il riassunto di brani e molto altro ancora.
Tuttavia, le sue molteplici capacità lo hanno reso protagonista di varie polemiche per l’utilizzo scorretto in ambito scolastico e accademico o per il fatto che non sia accurato al 100%.
Chi non ha mai avuto il desiderio di parlare con Leonardo da Vinci? O con Obama? Esistono specifiche chatbot che ti permettono di farlo. Siti come Character.Ai e Chai danno la possibilità di creare da zero i bot con cui poter chattare. Da qui la possibilità di chattare con personaggi veramente esistiti o quelli del proprio cartone animato preferito. Con un po’ di conoscenze sulla programmazione e, ovviamente, sulla personalità del personaggio con cui desideriamo chattare, possiamo creare un bot estremamente fedele a chi desideriamo.
Gli utenti di Character.Ai, diventato famoso nell’ultimo anno tra i vari fan di anime e videogiochi, usano le chatbot per poter fare “role play” con i propri beniamini, raccontando storie dove loro stessi diventano protagonisti di avventure, storie d’amore e rivalità. Tuttavia, gli utenti di Character.Ai criticano il tanto odiato “filtro” contro atti osceni e violenze, che non gli permette, appunto, di intraprendere scenari con queste caratteristiche. Nei vari social è facile trovare tutorial per “bypassare” (superare) le difese del filtro, che richiede comunque molta pazienza. O ancora, petizioni per convincere gli sviluppatori a renderlo almeno selezionabile, per proteggere comunque i minori. Ecco allora che vengono in soccorso gli avversari come Chai o JanitorAi, che non possiedono il filtro, ma che, a differenza di Character.Ai, non hanno messaggi illimitati negli account gratuiti.
Col tempo, alle chatbot si sono uniti gli avatar personalizzabili, che danno alle chatbot un’immagine più vera. Avendo un avatar davanti, chattare con i bot sembra meno artificiale e quasi più reale. Così reale che molti utenti di Replika, ad esempio, si siano addirittura “innamorati” del loro avatar. Le conversazioni con questo e altri bot simili, sembrano impattare le persone così profondamente da portarle a “sentirsi tristi se i bot dicono di esserlo”. Il sentimento di solitudine e la possibilità di parlare con qualcuno senza essere giudicati, ma in un certo senso “capiti”, spiegano il successo di queste chatbot. Infatti, sembrano essere diventate quasi un supporto psicologico per gli utenti più fragili.
Tuttavia, parlare continuamente con questi bot è un rischio se non controllato. Primo di tutto l’alienazione dell’utente, che a lungo termine finirà col non essere più capace di avere conversazioni con persone reali. Inoltre, alcuni utenti usano le chatbot per inscenare violenze e, in generale, essere crudeli con loro. Questo atteggiamento è pericoloso se si considera la possibilità che l’utente “crudele” possa voler attuare nella vita reale le azioni fittizie che ha vissuto con la chatbot. L’uso delle chatbot può essere uno svago, ma è sempre giusto ricordare i limiti tra realtà e finzione.
Milena Landriscina
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