La maniera in cui si è conclusa la trattativa tra l’Unione Europea e il Canada per il CETA (acronimo che indica il Comprehensive Economic and Trade Agreement, ovvero l’Accordo Economico e Commerciale Globale) ha lasciato l’amaro in bocca un po’ a tutti e, come se non bastasse, i negoziati per la TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) adesso rischiano di saltare dopo la recente elezione del ricco magnate Donald J. Trump alla Casa Bianca. Su questo sfondo, la Cina irrompe con i suoi ingenti capitali e strizza l’occhio alle economie balcaniche, a quelle del Mar Baltico e del Mar Nero per la costruzione di un nuovo asse commerciale.
Da Riga, capitale della Repubblica di Lettonia, il primo ministro cinese Li Keqiang assieme ai suoi pari europei, con in testa il premier serbo Aleksandar Vucic, ha lanciato la sfida di fronte alle esitazioni di Bruxelles e in egual misura alle incertezze che dominano il contesto economico globale. La stretta di mano strategica caldeggiata dai vertici di Pechino è confluita nella Riga Declaration, una dichiarazione d’intenti attraverso cui gli Stati firmatari guardano al futuro con obiettivi chiari e a lunga scadenza. In via immediata i cinesi apriranno una linea di credito di circa 10 miliardi di dollari che saranno utilizzati per investire principalmente in infrastrutture ed alta tecnologia nei Balcani e nei Paesi dell’Europa centro-orientale.
In questo scenario, la Serbia potrebbe giocare a tutti gli effetti un ruolo-chiave, in virtù di buone capacità industriali, tecnologiche ed attrattive (basti pensare, per esempio, ad investimenti di successo come quello portato avanti da Fiat Chrysler). Staremo a vedere, dunque, se questo ponte tra Pechino e l’Europa dell’Est riuscirà o meno a sparigliare le carte o addirittura sconvolgere perduranti equilibri economici e geopolitici.
Gabriele Mirabella
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