Il 2023 si è da poco concluso. Tanti, gli eventi che hanno scosso e segnato il mondo nel corso dell’anno passato. Dalla guerra che continua tra Russia e Ucraina ai colpi di stato in Africa (Niger, Sierra Leone, Gabon), passando per le elezioni presidenziali in Argentina che hanno visto trionfare l’anarco-capitalista Javier Milei. La riconquista del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian e l’offensiva militare di Israele contro la Striscia di Gaza, in seguito all’attacco dell’organizzazione terroristica palestinese Hamas. Questi, solo alcuni degli avvenimenti più rilevanti di un anno che ha fatto parlare di sé per tanti motivi.
Non sarà da meno il 2024 che, dal punto di vista politico, può rappresentare l’anno della svolta per tanti paesi. In questo nuovo anno iniziato da appena due giorni, infatti, poco più della metà della popolazione mondiale (51%) andrà a votare tra elezioni nazionali, comunitarie e locali. Solo in 43 dei 76 paesi in cui saranno aperte le urne (tra questi figurano i 27 stati dell’Unione Europea), però, si verificheranno cambiamenti degni di nota in seguito al voto popolare.
Ben 28 paesi, infatti, sono governati da regimi dittatoriali e le elezioni saranno tutto fuorché libere e democratiche. Ne sono esempi concreti: l’Iran di Ebrahim Raisi e dell’ayatollah Ali Khamenei, dove continuano le proteste delle donne per far luce sulla violenza del regime; la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko; la Russia di Vladimir Putin, il Bangladesh e il Pakistan. Stati governati tutti in maniera autoritaria, in cui non è ammessa nessuna forma di dissenso.
Il primo paese che si recherà alle urne sarà Taiwan (13 gennaio). L’esito del voto nel piccolo stato asiatico sarà da tenere fortemente in conto, soprattutto in virtù delle complicate relazioni con la Cina. Il presidente cinese Xi Jinping ha definito la riunificazione di Taiwan e Cina “un’inevitabilità storica”. L’attuale presidente, Tsai Ing-wen, al potere dal 2016, non può ricandidarsi per un terzo mandato. Nelle imminenti elezioni, il vicepresidente Lai Ching-te (Partito Progressista Democratico) sfiderà Ko Wen-je, sindaco della capitale Taipei dal 2014 al 2022 nonché presidente del Partito Popolare di Taiwan, e Hou Yu-ih, sindaco di nuova Taipei dal 2018 e membro del Kuomintang.
Lai Ching-te darebbe continuità all’operato dell’attuale governo ed è pertanto sgradito alla Cina. Ko Wen-je, dal canto suo, chiede maggiore equidistanza tra Pechino e Washington, mentre Hou Yu-ih sostiene il principio di “un’unica Cina con diverse interpretazioni”. Lo scorso 15 novembre, questi ultimi due avevano trovato un accordo per una candidatura unitaria. L’intesa è poi sfumata pochi giorni più tardi. Il Partito Progressista Democratico, al governo dello Stato dell’Asia orientale dal 2016, è favorito nei sondaggi. In caso di vittoria, sarebbe il primo partito a restare al potere per più di otto anni nella storia del paese.
Toccherà poi a El Salvador (4 febbraio), dove il presidente uscente Nayib Bukele, in carica dal 2019, spera di ottenere un secondo mandato. Dieci giorni più tardi sarà la volta dell’Indonesia, mentre il 25 febbraio si voterà in Bielorussia, dove la rielezione del dittatore Aleksandr Lukashenko, al potere dal 1994 – quando vinse la concorrenza degli altri cinque candidati nelle prime elezioni democratiche nella storia del paese – è praticamente scontata.
Nonostante le numerose proteste, il “regime” bielorusso resta in piedi, soprattutto, grazie all’appoggio della più grande e potente Russia di Putin. L’opposizione è stata completamente imbavagliata, come dimostrano i casi di Nina Bahinskaja, la “madre della rivoluzione bielorussa”, arrestata nel 2020, a 73 anni, per aver partecipato alle proteste contro il governo e di Roman Protasevič, giovane attivista dell’opposizione arrestato a Minsk nel 2021 dopo che Lukashenko aveva fatto dirottare il volo Ryanair 4978 sul quale viaggiava.
Discorso analogo per l’Iran, il cui regime sembra destinato a rimanere intatto anche dopo le elezioni del 1 marzo, e per la confinante Russia di Vladimir Putin, che il 17 marzo inizierà quasi certamente un altro mandato da presidente del paese. Ruolo che, peraltro, ricopre ininterrottamente dal 2012. L’ex funzionario dei servizi segreti fu già Presidente della Federazione Russa dal 1999 al 2008. Il 31 dicembre 1999 subentrò a Boris Eltsin, primo presidente nella storia della Russia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Nel quadriennio 2008-2012 fu Primo ministro, col suo braccio destro Dmitrij Medvedev alla presidenza. In poco più di 24 anni al potere, Putin ha avuto atteggiamenti spesso contrastanti. Se nei primi anni sembrava più propenso a collaborare con l’Occidente ed accettare di governare in maniera democratica, col passare degli anni ha assunto un modo di fare sempre più autoritario, accentrando il potere e stroncando sul nascere ogni tentativo di opposizione.
Ne sa qualcosa l’attivista Alexei Navalny, uno dei più noti avversari di Putin, vittima di molteplici attacchi e attualmente detenuto presso la colonia penale IK-3, situata nel circondario autonomo Jamalo-Nenec, oltre il circolo polare artico. Ciò nonostante, gran parte dei russi ritiene di vivere in un paese conforme agli standard democratici e che Putin abbia il diritto di ricandidarsi per il ruolo di presidente.
Tra aprile e maggio si voterà in India, la democrazia più popolosa al mondo (quasi un miliardo e mezzo di abitanti), con l’attuale Primo ministro, il conservatore Narendra Modi, che spera nella rielezione e intende cambiare il nome del paese in Bharat, sostantivo sanscrito già presente nella costituzione indiana, all’articolo 1, ma mai utilizzato al di fuori del paese. Il 2 giugno sarà il turno del Messico, dove l’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador, in carica dal 2018, verrà certamente sostituito da una donna. Le due candidate alla presidenza, infatti, sono Claudia Sheinbaum, che fa parte del partito di maggioranza, e Xochitl Galvez.
Pochi giorni dopo sarà la volta dell’Unione Europea, in cui tra il 6 e il 9 giugno si andrà alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo. Verranno nominati 720 europarlamentari, ben 15 in più rispetto alla precedente tornata elettorale del 2019. In Italia si voterà il 9 giugno per eleggere 76 membri del Parlamento europeo. Ai sensi della legge elettorale europea, tutti i paesi membri devono usare un sistema elettorale proporzionale. L’Italia adotta il voto di preferenza, che concede agli elettori la possibilità di scegliere, nell’ambito della medesima lista, da una a tre preferenze. La soglia di sbarramento, invece, è pari al 4%.
A chiudere il cerchio attorno a un anno all’insegna delle elezioni saranno gli Stati Uniti. Il 5 novembre, infatti, si terranno le elezioni presidenziali e del Congresso. I nomi degli sfidanti verranno resi noti dai risultati delle Elezioni primarie, che prenderanno il via il 15 gennaio in Iowa e proseguiranno nelle settimane e nei mesi successivi negli altri stati. L’attuale presidente Joe Biden ha confermato l’intenzione di ricandidarsi per un secondo mandato, ma dovrà battere la concorrenza interna di Robert Francis Kennedy Jr., nipote di John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti dal 1961 al 1963, Marianne Williamson, scrittrice e attivista, e Dean Phillips, membro della Camera dei Rappresentanti per il Minnesota.
Il favorito nel ben più folto schieramento dei repubblicani, invece, è Donald Trump, già inquilino della Casa Bianca dal 2017 al 2021. Quest’ultimo dovrà fronteggiare, tra i tanti, Ron DeSantis, governatore della Florida dal 2019, Nikki Haley, prima governatrice della Carolina del Sud dal 2011 al 2017 e ambasciatrice all’ONU dal 2017 al 2018, Mike Pence, vicepresidente proprio durante l’amministrazione Trump, l’imprenditore e giornalista Vivek Ramaswamy, fondatore di Roivant Sciences, Asa Hutchinson e Doug Burgum, rispettivamente governatore dell’Arkansas dal 2015 al 2023 e del Dakota del Nord (attualmente in carica).
Completano la lista Tim Scott (senatore per la Carolina del Sud), il conduttore radiofonico Larry Elder, Chris Christie, Perry Johnson, Ryan Binkley e Will Hurd (membro della Camera dei Rappresentanti per il Texas dal 2015 al 2021). Nelle scorse settimane, un sondaggio del Wall Street Journal ha messo in evidenza il malcontento generale nei confronti dell’attuale presidente Joe Biden, a favore di un secondo mandato di Donald Trump. Il vincitore assumerà ufficialmente l’incarico di presidente degli Stati Uniti a partire dal 20 gennaio 2025.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza: KGET.com
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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