In Cina i casi di Covid-19 sono aumentati in modo esponenziale. Dall’uno marzo 2022 la Cina è alle prese con un lockdown di massa ma il modo in cui viene attuato è surreale. E’ stato il governo di Pechino a imporlo e la situazione più critica riguarda la città più grande del paese, Shangai. Le forniture di cibo e i beni di prima necessità scarseggiano, la popolazione è spaventata e costretta a non uscire per nessuna ragione non solo dalla propria abitazione, ma anche dal balcone. “Un disastro umanitario”, così definisce la situazione Michael Shoebridge, il direttore dell’Australian Strategic Policy Institute. Indipendentemente dal numero dei casi positivi al virus, il presidente Xi Jinping vuole una sola cosa: zero contagi, solo che per ottenerla, è disposto a tutto.
I positivi al Covid-19 asintomatici o meno, vengono portati via con la forza dalle loro abitazioni e poi sono costretti a vivere in centri comuni, condividendo lo spazio con centinaia di sconosciuti, anch’essi positivi al virus. L’inefficacia della maggioranza dei vaccini utilizzati in Cina, ha causato tutto questo; la popolazione era scoperta dal punto di vista immunitario e la variante Omicron si espande velocemente rispetto ad altre. E’come se per loro l’epidemia fosse iniziata ora e stessero vivendo una vera e propria “dittatura sanitaria”.
Negli ultimi giorni, sono stati molti gli scenari provenienti dalla Cina, a cui abbiamo potuto assistere attraverso telegiornali e web. Una popolazione terrorizzata, prelevata con forza dalla propria abitazione in caso di positività. Cani robot per le strade desolate ripetono continuamente: “restate a casa”, i droni volano tra le abitazioni per prevenire i numerosi casi di suicidio. Uno scenario da film horror, che ha testimoniato un ragazzo italiano residente in Cina, anch’esso vittima del sistema cinese, dopo essersi positivizzato insieme alla fidanzata. Il giovane si chiama Alessandro Pavanello, ha 31 anni e da sei anni e mezzo lavora a Shangai.
Alessandro ha raccontato: “Io sono risultato positivo, dei medici sono venuti a farmi un tampone e poi ho aspettato. Quando mi hanno chiesto di scendere da casa, ho pensato anche di rifiutare ma avevo visto video di gente che veniva portata via dalla polizia con la forza, quindi ho pensato che non fosse una buona idea. Mi hanno ripetuto di scendere per 15 minuti, al megafono, con tono molto aggressivo”.
Poi le dichiarazioni sui centri di massa anti Covid-19 della Cina: “Il 9 aprile sono entrato in uno dei centri comuni per positivi al virus. E’ stata un’esperienza traumatica da un punto di vista psicologico. Non sono riuscito a trovare una logica alla decisione del governo cinese. La mia percezione nei confronti della Cina è cambiata radicalmente, gli stranieri hanno paura, percepiamo che le cose non miglioreranno e che noi saremo in pericolo. In pericolo anche perché si ipotizza una guerra contro Taiwan e un’alleanza con la Russia. Non voglio stare qui a vedere se ho ragione o no, presto tornerò in Italia”.
Alessia Miceli
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