Prima o poi doveva accadere: parola di Mark Zuckerberg. Il padre di Facebook, ora proprietario anche di Whatsapp e Instagram, aveva previsto il crash che sta mandando in tilt già da qualche minuto gli utenti connessi. “Per il momento non ci troviamo ancora di fronte ad una massiccia epidemia contemporanea in tutto il mondo, ma se ciò succederà dovremo assicurarci di essere all’altezza per quanto riguarda le infrastrutture!”. Insomma il traffico di questi giorni sarebbe stato oltre il doppio del normale. Un po’ come se ogni giorno, tutto il giorno, ci trovassimo di fronte a un Santo Stefano o Natale qualunque. In fondo la difficoltà nello scaricare audio, aggiornare la home di Instagram o scaricare le foto è più o meno la stessa.
Di fatti è questo l’effetto dello “stare a casa” con milioni (forse miliardi) di utenti collegati: chi scrolla le home dei social network, chi si diverte inviando immagini di vario genere, chi ancora riassume le proprie ore nelle solite quattro mura con un audio o chi infine si gusta un video o qualche diretta. Siamo tutti collegati, lo stiamo facendo contemporaneamente (come mai era successo da quando telefoni, smartphone e pc fanno parte della nostra quotidianità) e i server forse non sono veramente pronti per quanto sta accadendo in tutto il mondo.
Perchè ricordiamolo, qualora ce ne fosse bisogno: stiamo pur sempre parlando di una pandemia. Una pandemia che sta bloccando il pianeta intero, come mai prima d’ora era accaduto nell’era moderna. Una pandemia che, contro ogni aspettativa, sta rendendo indispensabile quegli strumenti che fino a qualche tempo fa chiunque criticava per la loro assuefazione. Adesso computer e telefoni sono diventati la medicina per superare questo momento difficile. Una medicina che, come già detto, sembra non essere pronta per quanto sta coinvolgendo l’intero globo.
Francesco Mascali
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