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Sul fondo del Mediterraneo speranze e responsabilità
23 Aprile 2015
Attualità

Sul fondo del Mediterraneo speranze e responsabilità

Home » Attualità » Sul fondo del Mediterraneo speranze e responsabilità

naufragioNella serata del 19 aprile un barcone lungo 20-3o metri è salpato da un porto ad est di Tripoli per affrontare l’ennesimo viaggio della speranza: una partenza cui avrebbe seguito il naufragio di migranti più catastrofico di sempre. Verso mezzanotte, il Centro Nazionale di Soccorso della Guardia Costiera ha ricevuto l’allarme e ha localizzato il peschereccio a 120 chilometri dalle coste libiche. All’arrivo del mercantile portoghese King Jacob che avrebbe dovuto salvarli, i naufraghi si sono spostati verso una parte del barcone, spinti dall’istinto di sopravvivenza, e sono caduti in acqua. Secondo la procura di Catania, vi sarebbe stata una collisione con la nave soccorritrice senza alcuna responsabilità di quest’ultima. Ancora incerto è il numero dei morti: secondo alcuni testimoni, sul mezzo erano stipate tra le 700 e le 900 persone – di cui i superstiti sono solo 28, che sono stati trasportati a Catania per essere curati e interrogati. Sono stati recuperati 24 cadaveri, gli altri sono stati trascinati giù da un Mediterraneo che risuona dei gridi di disperazione, delle preghiere e degli addii di esseri umani con la sfortuna di essere nati nella parte “sbagliata” del mondo.

Alcune testimonianze riportano il modus pensandi degli schiavisti del terzo millennio: una tariffa economica per coloro che vengono stipati nelle stive tra le taniche di benzina senza la possibilità di acquistare un giubotto di salvataggio, una tariffa business per chi viaggia sui ponti di passeggiata con più possibilità di essere salvato. Maurizio Scalia, procuratore aggiunto di Palermo, ha illustrato i quattro diversi tipi di pagamenti richiesti dalla banda di scafisti: 5000 dollari per la traversata del deserto, 1500 circa per il viaggio in mare, tra i 200 e i 400 euro per il soggiorno clandestino in Italia e 1500 euro per raggiungere il nord Europa. Un tariffario, anzi, una tabella di marcia precisa, simile a quella che seguivano i forni dei campi di concentramento, che dimostra come la vita di somali, eritrei, subshariani e nigeriani valga meno della nostra e possa, quindi, diventare oggetto di lucro.

imageDiverse le proposte per risolvere l’emergenza umanitaria con un’unica necessità di fondo: l’aiuto dell’Unione Europea e della Comunità internazionale. Dalla destra del Parlamento italiano si propone un blocco navale a largo delle coste libiche: 500 uomini sul terreno, cacciatorpedinieri e droni; insomma, una barriera. Altri propongono un attacco da terra, irrealistico data la situazione della Libia, divisa tra due governi e la morsa dell’ISIS. Il premier Renzi propone attacchi mirati contro gli scafisti attraverso l’utilizzo di corpi di polizia altamente specializzati. Infine, le ONG (Organizzazioni non Governative) chiedono che sia invece ripresa l’operazione Mare Nostrum, più efficace al fine di salvare vite umane.

Quello che molti si chiedono è perché l’uomo, arrivato dovunque sulla faccia della Terra, non riesca ora ad evitare la morte di migliaia di propri simili. La risposta è che forse non vuole: all’Occidente, infatti, è bastato molto meno per imbracciare le armi ed agire. Sembra che la vita umana non meriti una Coalizione dei Volenterosi come la conquista del petrolio. E, se stravolge la ferocia degli scafisti e il pensiero di tanti cadaveri rimasti in fondo al mare, ancora di più sconvolge la sostanziale indifferenza della parte “civilizzata” del mondo. Probabilmente, se gli abitanti del Mediterraneo si rifiutassero di frequentare i lidi balneari per un tenero sentimento di compassione, i governi locali insorgerebbero per timore di danni all’economia.

Viviana Giuffrida

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