Roberto Saviano è stato ospite dell’UniBo, diventando professore per un giorno. “Il racconto del reale: la narrazione del potere tra il web e la strada” è l’evento a cui ha preso parte per parlare a tutti i giovani studenti dell’ateneo bolognese.
BOLOGNA – Sono da poco passate le 12 del 6 dicembre quando, nell’Aula Magna di Santa Lucia, fa il suo ingresso Roberto Saviano per tenere una lezione agli studenti dell’Università di Bologna. Sono poco più di 900 i presenti, ma per tutti gli altri è stata programmata una diretta streaming dell’intero evento. Dopo un lungo applauso di benvenuto, comincia a parlare il Rettore Francesco Umbertini sottolineando che «L’Ateneo di Bologna vuole continuare ad essere, secondo la sua antica tradizione, un luogo di dibattito e scambio di idee» e prosegue ricordando gli eventi passati e i loro protagonisti, ritenendosi orgoglioso del fatto che l’UniBo sia considerata uno spazio di grandi confronti riguardanti i problemi di oggi. Dopo un piccolo preambolo, Umbertini passa alla presentazione del tanto attesto ospite «Roberto Saviano era un giovanissimo giornalista quando improvvisamente si è fatto conoscere nel mondo con Gomorra, un’opera che ha la forza di un reportage vissuto in prima persona e il coraggio della verità. Tutti sappiamo quanto questo coraggio è costato in questi anni all’autore di Gomorra e tutti lo ammiriamo per il modo con cui ha continuato ad essere un analista dei nostri tempi, senza mai cedere di fronte al pericolo e alle minacce» e conclude dicendo che «in un certo senso rappresenta quello che dovrebbe essere sempre uno studioso, cioè qualcuno che insegue la verità dovunque essa si trovi».
L’intero discorso di Roberto Saviano riguarda l’informazione che egli paragona ad un’inondazione. Si è costantemente bombardati da notizie, quando si naviga sul web o più semplicemente quando si guarda la tv. Esse colpiscono in modo superficiale e spesso leggendo uno o due articoli a riguardo, ci si convince di aver capito tutto e di essersi fatti un’idea corretta, ma non è così. Bisogna darsi il tempo di capire le cose e prendersi il giusto tempo per andare a fondo delle questioni che interessano perché i media trattano le notizie per due giorni e in un lasso di tempo così breve, queste non possono essere comprese. Come dice Saviano, siamo noi stessi a dover trovare il tempo: «a meno che non siate voi a scegliere il vostro palinsesto e a proteggere il meccanismo per conoscere e quindi a dare voi più tempo a quell’informazione, tutto passa velocissimo». È in questo modo che l’autore ha scoperto come molti bambini italiani ed europei, usino armi per sparare e uccidere. Egli ha capito che loro pensano solo ai soldi, al “cash” – come lo ha chiamato lui per tutto il monologo – che vedono come la cosa più importante perché se si è povero e non si vive una vita sfrenata, che può portarti anche alla morte precoce, allora non vivi fino in fondo. Questi criminali che già da piccoli sono abituati a gestire affari importanti – come Emanuele Sibillo, babyboss, morto lo scorso anno, che già all’età di 14 anni era a capo di un grande giro di droga – hanno spesso una barba lunga e sventolano bandiere dell’Isis come simboli della loro forza; per loro, però, hanno un significato diverso da quello religioso e stanno ad indicare che sono pronti a morire pur di prendere ciò che vogliono. Di questi giovani, alcuni anche di 12 anni, si parla davvero poco, eppure in tutte le situazioni «il più grande conforto è conoscere, non negare. Conoscere è il primo passo» ed è per questo che è importante darsi il giusto tempo. Invita tutti a non essere banali, poiché la complessità è una grande forza, il capire fino in fondo le cose da molto potere, da il potere di cambiare le cose.
Saviano passa, poi, a parlare della sensazione di sconfitta «che porta le persone a lamentarsi da quando nascono a quando muoiono» e che aleggia nella società di oggi, facendo riferimento al fatto che la generazione dei 30enni è “bloccata” e solo pochi riescono ad emergere creandosi un lavoro e una famiglia. Durante la seconda guerra mondiale l’Italia era in ginocchio, ma c’era la certezza che tutti gli sforzi fatti per migliorare la società avrebbero portato i propri figli a stare meglio, nel presente questa ideologia manca e da qui il poco interesse a cambiare le cose.
L’autore continua la lezione spiegando il motivo di un fenomeno molto diffuso e cioè quello degli haters, presenti sia sul web che nella vita reale. L’hater è una persona invidiosa di coloro a cui si sente inferiore e non riuscendo a riconoscere che l’altro ha più talento, pensa che sia arrivato dove si trova grazie a spintarelle e quindi decide di odiarlo. Parla anche del bullismo, sottolineando come sia sbagliato dare un canone di bellezza unico e considerare “sbagliati” coloro che non lo rispecchiano; spesso sono proprio questi individui a bullizzarne altri per via dell’idea che così facendo, si passi dalla parte dei giusti. In generale, bisogna capire questi fenomeni per smontarli e non provare a batterli sul fronte ideologico: serve spiegare come stanno le cose, far prendere coscienza della verità. A questo proposito, Saviano prende come esempio Matteoti ricordando come lui abbia spaventato il fascismo facendo capire a tutti in che modo erano state truccate le elezioni e quindi approfondendo un’informazione e poi divulgandola nel modo corretto. Ciò che spaventa grandi eserciti e potenze mondiali non è lo scrittore, colui che parla della verità, ma è il fatto che questa venga, appunto, spiegata ai lettori i quali le danno importanza volendo andare più a fondo, volendosi prendere più tempo per capire.
Dopo aver portato diversi esempi di persone che hanno dato la vita per portare a galla diverse realtà, Saviano sostiene che «tutto ha un prezzo» e anche lui sta pagando, trovando spesso il coraggio di andare avanti in altri autori e soprattutto in Giovanni Falcone. Ripercorrendo brevemente la storia del magistrato, ricorda il momento in cui tutta l’Italia era contro di lui, non credendo a ciò che diceva, isolandolo e incolpandolo di essersi messo da solo una bomba sotto casa. Tutto l’astio nei suoi confronti era dovuto all’idea che la mafia avesse un potere assoluto e per questo anche chi ne parlava male era, in realtà, immischiato in questioni del genere. Nonostante fosse solo e distrutto, Falcone ha, però, continuato a lottare fino alla morte per far aprire gli occhi agli italiani spiegando loro cosa stava accadendo.
Roberto Saviano torna a sottolineare come ciò che spaventa non è l’autore che approfondisce argomenti difficili, ma il modo in cui arriva ai lettori e questo in tutti i campi. Per spiegarsi meglio, cita un verso di una poesia di Wislawa Szymborska «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore». Una frase semplicissima, ma che tutti sentono propria ed è questa la forza di uno scrittore: far dire al proprio interlocutore «questo l’ho pensato anche io». Le pagine di un libro, quindi, sono uno strumento molto potente perché i libri danno il tempo di capire le cose e ciò è difficile in un mondo frenetico e veloce in cui siamo continuamente aggiornati su tutto. Un libro dà, secondo lui, la possibilità di capire quanto è importante qualcosa prima che questo venga perso proprio perché da tempo.
Dopo un’ora, Roberto Saviano conclude il suo lungo monologo ritornando a spiegare la sofferenza nascosta in tutte le scelte perché scegliere, a volte, significa anche soffrire. Prima di lasciare il pubblico dopo un applauso quasi infinito con successiva standing ovation, ricorda le parole della poetessa bulgara Blaga Dimitrova che in una poesia si paragona a un filo d’erba, scrivendo «Nessuna paura che mi calpestino, calpestata, l’erba diventa un sentiero».
Martina Sacco
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