L’azienda Motta, leader mondiale nella produzione di merendine, è finita nel mirino delle social-mamme e degli spettatori miscredenti a causa del nuovo spot pubblicitario del Buondì. Aspre critiche al finale violento e inaspettato per il prodotto simbolo della colazione italiana.
Il 27 Agosto 2017 è stato trasmesso per la prima volta il nuovo spot pubblicitario del Buondì Motta e l’azienda italiana specializzata in prodotti dolciari ‒ già nota per la precedente campagna natalizia dedicata al Panettone che aveva fatto andare su tutte le furie il popolo vegano ‒ si è ritrovata di nuovo in mezzo a una polemica mediatica. Il video è ambientato nel classico scenario idilliaco della pubblicità familiare con un tavolo apparecchiato per la colazione in giardino, una bambina sorridente con un outfit dai toni chiari e angelici, la quale chiede dapprima alla mamma e poi, nel secondo video, al papà, una colazione golosa e leggera. I genitori le rispondono che non esiste un simile prodotto esclamando «Possa un asteroide colpirmi subito!» e difatti sotto gli occhi della bambina arriva un grande asteroide che si scaglia su entrambi gli adulti. Non ci sono dubbi sul fatto che il nuovo prodotto pubblicitario si discosti dal classico modello della colazione italiana a cui la stragrande maggioranza degli spettatori-consumatori è stata abituata con le pubblicità della Mulino Bianco e aziende dolciarie affini. Il nuovo spot sembra aver destato una reazione negativa più emblematica di quanto ci si aspettasse.
Le polemiche in rete si sono diffuse a macchia d’olio: su Twitter in poche ore sono aumentati i tweet e #BuondìMotta è arrivato nei primi posti tra le classifiche giornaliere degli hashtag trends, mentre su Facebook in migliaia si sono riversati sulla pagina aziendale per lasciare un commento negativo come «È orrenda, irreale. Far parlare con una frase così costruita la bambina e la madre incenerita da un asteroide non fa sorridere nessuno, anche se dotato di grande ironia» scritto da Irene. Qualcuno ha affermato «quando avete pensato allo spot vi è venuto in mente che alcuni bambini potrebbero aver perso tragicamente la madre e potrebbero sentirsi male di fronte a queste immagini?», altri,, invece, hanno raccontato che alcuni bambini si sono rifiutati di mangiare la merendina per paura di causare la morte dei propri genitori. Ci sono anche dei casi più ironici come un utente che ha dice «Avete pure pagato qualcuno per realizzarla questa pubblicità?» e poi altri come «Non riesco a smettere di ridere» e «Andrò al supermercato a comprarne 20 scatole per regalare una merendina a tutti quelli che non hanno colto l’ironia». Nella polemica è emerso il commento di una mamma che, alzando il livello della discussione, ha ammesso che in primis non comprerebbe nessuna tra le merendine industriali che vengono pubblicizzate, ma ne ha approfittato per fare i complimenti all’azienda per il loro «spot coraggioso che finalmente ci porta (con decenni di ritardo) nell’era della pubblicità ironica e dissacrante».
La pubblicità, vero e proprio testo simbolico-semiotico, da sempre non fa che proporre al proprio pubblico di consumatori un universo incantato che confeziona la marca e i propri prodotti in scenari ideali e idilliaci, vicini, concreti e soprattutto salutari. Smontare e invertire uno schema prestabilito di successo è un’impresa rischiosa già in partenza. La pubblicità deve definire un sistema unitario di valori, deve riflettere un’identità di marca e non è amante della sovversione, come scriveva Baudrillard «la pubblicità aggiunge agli oggetti il “calore”, qualità senza cui i prodotti non sarebbero ciò che sono». Da un punto di vista semiotico questa pubblicità può essere definita obliqua, secondo il semiologo-pubblicitario Jean Marie Floch, poiché fa un uso strategico del paradosso e dell’ironia che va oltre l’opinione comune attivando l’interpretazione dello spettatore di riferimento.
Questa tipologia provocatoria, come in questo caso, presenta il prodotto in una modalità che può piacere e non, a seconda della condivisione dei gusti e delle conoscenze che evoca. Seguela scriveva che «il mestiere della pubblicità è dare il carattere al consumo, essa deve cancellare la noia dell’acquisto quotidiano rivestendo di sogno i prodotti che senza di essa sarebbero solo ciò che sono». Sono perciò ammessi molteplici punti di vista, ma ciò che i semiotici e i pubblicitari insegnano è che bisogna sempre smontare uno spot o un manifesto per capire cosa vuole comunicarci-suscitarci e in quale modo, si deve co-produrre il senso della pubblicità. Il ruolo dei pubblicitari è da sempre quello di aiutare l’industria a produrre e comunicare un prodotto in modo differente dagli altri. La tradizione creativa italiana non ha abituato gli spettatori a una comunicazione fondata sullo humour e sull’ironia, tanto che, quando si usano, essi sono destabilizzanti. Il caso in questione è stato emblematico e non conta più se il “mottino” (mini panettone) è stato negli anni cinquanta l’antesignano vero e proprio della merendina. Nello spot sono state riscontrate delle evidenti mancanze, sia nei confronti delle mamme, che dei bambini e della stessa pubblicità, sono saltati parecchi stereotipi, ma a ben vedere in molti non avevano compreso che il meteorite altro non è che lo stesso Buondì arrivato dallo spazio a colpire la mamma, come in una classica scena comica del cartone di Willy e Coyote.
Come in ogni ambiente mediatico quando si parla al pubblico si può riscontrare un’alta suscettibilità. L’agenzia pubblicitaria che ha firmato lo spot è Saatchi&Saatchi della multinazionale Publics Groupe, tra le più grandi agenzie creative della scena internazionale. La pianificazione sui media, invece, è stata creata da PHD Italia, mentre la produzione è della Filmmaster. Alberto Raselli, l’Head of Communication del gruppo Bauli, si è dichiarato entusiasta dello spot, poiché adotta un tono e un linguaggio con un mix di ironia e leggero umorismo. Tutta la Rete sembra essersi, invece, dichiarata a sfavore denunciando il tutto all’Aiart ‒Associazione cattolica dei telespettatori, di cui lo stesso presidente Massimiliano Padula si è lamentato del cattivo gusto dichiarando che l’associazione manderà una comunicazione all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, all’Agcom e alla Rai per chiedere dei provvedimenti sulla trasmissione del contenuto in alcune fasce orarie giornaliere. Tra le argomentazioni rientra il fatto che la tv è vista da bambini molto piccoli che potrebbero rimanere sorpresi e maturare già in tenera età la preoccupazione di perdere i propri genitori. Temi importanti su cui le autorità garanti e l’azienda in questione dovranno riflettere, per ora si resta in attesa degli sviluppi.
Elisa Mercanti
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