Yassin al-Haj Saleh, scrittore ed intellettuale siriano, ha deciso di intraprendere una corrispondenza epistolare con la moglie scomparsa. Le sue lettere sono un commovente riepilogo della guerra civile siriana. Il racconto straziante ha come filo conduttore l’amore che l’autore prova nei confronti della consorte.
Yassin al-Haj Saleh è un intellettuale siriano, conosciuto soprattutto per la sua attività di giornalista e scrittore. Si è sempre occupato di temi sociali e culturali legati al mondo arabo ed orientale. Non ha mai tenuto nascoste le sue idee, neanche a livello politico. Infatti è stato incarcerato a causa della sua aperta opposizione al regime di Bashar al-Assad. Nei suoi sedici anni di carcere ha continuato a manifestare contrarietà nei confronti del governo siriano ed attualmente è costretto a vivere ad Istanbul come dissidente politico. Samira Khalil è sua moglie ed ha avuto un destino molto simile. Anche lei è un’attivista politica contraria al regime ed è stata detenuta in carcere dal 1987 al 1991 per la sua opposizione.
Samira, dopo la sua prigionia, gestiva una casa editrice in cui aveva l’occasione di scrivere sulla situazione siriana (come il marito). Inoltre aveva avviato vari progetti in aiuto delle donne di Douma, una delle città più colpite dal conflitto. Nel 2013 marito e moglie sono stati protagonisti del documentario Il nostro paese terribile, che testimoniava le difficoltà della Siria celebrando i loro sforzi. La situazione è precipitata dal 9 dicembre 2013 quando Samira è stata rapita. Con lei sono scomparsi altri attivisti politici e di nessuno di loro si hanno più notizie da quel giorno. Yassin ha deciso, però, che anche sua moglie doveva essere aggiornata su ciò che continuava ad accadere in Siria.
Essendo scrittore di professione, Yassin non poteva scegliere un mezzo più azzeccato per parlare alla moglie. Ha iniziato a pubblicare sul sito siriano Al Jumhuriya una serie di lettere indirizzate a Samira. All’inizio venivano postate in arabo, ma sono diventate così celebri da essere tradotte in inglese, spagnolo e francese. La prima cosa che salta all’occhio è la dolcezza con cui il mittente si rivolge alla donna, spesso chiamandola «Sammour». L’amore, la passione e il pensiero per la moglie sono il fil rouge che collega gli avvenimenti descritti. Le lettere sono destinate a lei, ma riassumono in maniera perfetta le condizioni della Nazione siriana per ogni lettore. Contengono anche le riflessioni profonde di Saleh che denotano il legame con la sua terra.
«Sono voluto rimanere a Raqqa il più a lungo possibile» spiega Yassin in una delle prime lettere a Samira, ma purtroppo il limite è stato superato. Tra le frasi emblematiche ce n’è una che colpisce in modo particolare: «non c’è un Paese con noi più benevolo di questo terribile Paese». Si tratta di una sorta di inno alla Nazione. Mostra quanto sia difficile per qualsiasi persona vedere la propria terra in condizioni simili, ma anche come l’amore per la patria sia un sentimento estremamente radicato da quelle parti. L’allontanamento dalle proprie radici ed origini è un dramma vissuto da migliaia di migranti e rifugiati attualmente, e per raccontarlo bastano pochissime parole allo scrittore siriano.
Riferendosi alla situazione attuale, invece, Saleh scrive parole drammatiche. «Tutto questo significa che la morte di chi è morto non ha valore, che la tortura di quelli che sono stati torturati non merita considerazione e che non ci sarà nessun risarcimento per la distruzione della vita di milioni di persone. Ci stanno dicendo che il sangue non è il prezzo della libertà e che le vittime non sono il sacrificio per la salvezza». Yassin scrive per tentare di superare quello che chiama lo “shock del sopravvissuto”, il senso di colpa e di vuoto per essere ancora in vita pur essendosi completamente perso. Le lettere a Samira diventano, quindi, uno strumento per leggere da un punto di vista interno una delle più grandi tragedie del mondo odierno.
Sara Tonelli
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