BOLOGNA – Oggi, 2 agosto 2015, la città di Bologna riunisce corpi e cuori per non dimenticare la terribile strage del 1980, una delle più forti tra le numerosissime avvenute durante il periodo dei cosiddetti “anni di piombo”. Come spesso accade in questi casi, vi sono delitti che coinvolgono l’intera Nazione su cui è difficile far luce anche a distanza di giorni, mesi e anni, in questo caso ben 35: la strage di Bologna fa parte di questi. Che cosa accadde realmente il 2 agosto del 1980? Se per un attimo attualizziamo l’evento possiamo immaginare che sia un’umida e caldissima mattina di inizio Agosto, un sabato in cui quei pochi studenti ancora a Bologna rientrano definitivamente a casa per godersi un mesetto di relax e centinaia di cittadini bolognesi scappano dalla propria città, sempre amata eccetto che ad Agosto. La stazione centrale di Bologna, quindi, pullula di gente impaziente di fuggire in qualche località turistica o di tornare a casa.
In attesa del proprio treno, si sfoglia il giornale odierno su cui è riportata la data del 2 Agosto 1980. Le notizie che si leggono tra quelle pagine variano dalle Olimpiadi di Mosca, in cui il tedesco Wessig ha battuto il record mondiale di salto in alto, alla testimonianza della vedova Moro che ha suggerito di cercare il covo delle Brigate Rosse in via Gradoli a Roma (le autorità decisero di dare ascolto alla vedova e visitare quella zona solo giorni dopo, trovando il covo ormai vuoto). Qualcuno è intento nella lettura, qualcun altro chiacchiera, altri ancora guardano il tabellone dei treni. Una giovane mamma, Marina Fresu, seduta nella sala d’attesa della seconda classe, mentre aspetta il treno che la porterà in vacanza sul Lago di Garda, chiama a sé la figlioletta di soli 3 anni. Sono le ore 10:25, la piccola Angela sorridente si avvicina alla mamma, a pochi metri da loro una valigia abbandonata: scoppia l’ordigno, un boato assordante interrompe tutto ed è la fine. Il corpo di Angela, la vittima più giovane in assoluto, è ritrovato immediatamente, quello della madre solo il 29 dicembre successivo; ma loro due sono solo un significativo esempio delle 85 persone di ogni genere ed età che hanno perso la vita in quello stesso istante e delle altre 200 sopravvissute, ma rimaste ferite nel corpo e nel cuore a vita.
Immediatamente Bologna si trasforma in una gigantesca macchina di soccorso e aiuto per le vittime da parte di volontari e non accorsi sul luogo. L’autobus 37 viene adibito a carro funebre per il trasporto dei primi corpi estratti dalle macerie, coperti da lenzuola bianche. Trentacinque anni fa come oggi il Presidente della Repubblica dell’epoca, Sandro Pertini, atterrò alle 17:30 all’aeroporto di Borgo Panigale per recarsi subito all’Ospedale Maggiore in una delle camere mortuarie: «Signori, non ho parole. Siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia», dichiarò ai giornalisti. Oggi, il Sindaco Merola e un corteo di cittadini, ha ricordato quest’inspiegabile catastrofe ed incontrato i parenti di quelle stesse vittime che viaggiavano sul bus 37, con una destinazione senza mai ritorno. Dopo mesi di indagini e il coinvolgimento dei migliori apparati statali, vennero dichiarati colpevoli per la bomba alla stazione di Bologna i tre “ragazzini” dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari): Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini; già condannati all’ergastolo per i numerosi crimini precedenti e arrestati pochi mesi dopo.
Così, fu trovato finalmente un capo espiatorio e l’Italia sembrò pronta a chiudere una delle indagini più difficili della sua storia giudiziaria; ma, benché avessero ammesso tutti gli altri reati, nessuno dei tre rivoluzionari si dichiarò colpevole della strage di Bologna. Inoltre, una strana coincidenza venne a galla solo anni dopo: Thomas Kram, un terrorista tedesco esperto di ordigni, pernottò all’Hotel Centrale di Bologna la notte tra l’1 e il 2 agosto dell’80, il quale non fornì mai un vero alibi sulla sua presenza in città: «Mi trovavo nel posto sbagliato, all’ora sbagliata», ha dichiarato il 25 luglio 2013. Un attentato su cui nel 2015 è ancora difficile far luce, le domande più diffuse tra chi non ha trovato plausibile la verità data dallo Stato sono: perché tre rivoluzionari già condannati a trascorrere la vita in carcere non dovrebbero assumersi la responsabilità di un ennesimo crimine? Come si spiega un terrorista in città proprio la stessa mattina della strage? E se i nazifascisti attentatori non fossero stati italiani, bensì palestinesi?
“Anni di piombo”, vengono definiti, duri e inintaccabili; così come per il piombo, è difficile scavare in essi per riportare a galla, non tanto una verità giuridica ormai impossibile da riesumare dopo così tanti anni, ma quantomeno una verità storica per tutti coloro che reputano il reato di strage impunito, in onore delle 285 persone la cui vita si spense o cambiò per sempre in quell’oggi di trentacinque anni fa.
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.