“Ieri il mio sogno è morto”. Le prime parole della lettera d’addio di Claudio Ranieri sono state, senza usare un eufemismo, davvero strazianti, con la piena comprensione del fatto che questo giudizio non è assolutamente esagerato. Il suo esonero ha stretto il cuore di tutti gli appassionati, gli stessi appassionati che mese dopo mese, match dopo match, hanno vissuto un vero e proprio sogno grazie a quella squadra semi-sconosciuta che ha dimostrato, ancora una volta, che nel calcio tutto è possibile.
Un esonero che ha scatenato, inevitabilmente, un’incredibile mole di reazioni: attestati di stima, indignazione e tanta, tanta amarezza. Si sono rivoltati praticamente tutti: i tifosi del tuo Leicester, gli appassionato che prima dello scorso anno conoscevano a malapena quella piccola squadra inglese, gli addetti ai lavori, fino ai tanti colleghi che condividono quello scabroso lavoro dietro le quinte. Persino Mourinho, che non si è mai risparmiato su insulti e denigrazioni nei suoi confronti, ha usato parole importanti, prima sui social, poi in conferenza stampa.
Leggere la lettera di Claudio Ranieri è stato commovente, una di quelle lettere che rimangono dentro, inevitabilmente. Commentarla poteva sembrare banale, estrapolarne i sentimenti che profilano da questa forse troppo difficile, così abbiamo deciso di fare la cosa più naturale: rispondere. Sarà una lettera tra le tante, che non avrà lo stesso valore delle parole dello Special One, di Spalletti o di Antonio Conte, ma forse rappresenteranno più di tutti il sentimento del mondo pallonaro.
«Caro Claudio,
Vorrei iniziare tessendo le lodi del successo più importante della storia del calcio, ma da tuo grande ammiratore preferisco partire da molto prima, dai tempi in cui il buon Ranieri riceveva più disprezzo che altro.
A differenza di molti colleghi privilegiati il tuo inizio è stato al dir poco umile e profondamente nobile: l’interregionale. Poi una piccola scalata che è prova della perseveranza e del tuo ottimo lavoro. Serie C e Coppa Italia di categoria con il Cagliari, poi la B, la Coppa Italia (quella vera) e la Supercoppa con la Viola, e infine il Valencia con ben due titoli internazionali. Da lì altre esperienze fuori confine e quella fama da eterno secondo che aleggia senza staccarsi mai dal tuo nome.
Cacciato senza troppi complimenti dopo aver riportato in auge una smantellata Juventus; stessa sorte dopo quel campionato con la Roma sfumato sul più bello. Tanti parlano, ma quanti non si saranno immedesimati in te? Tanta gavetta senza la gioia più grande: vincere un campionato. Tanti parlano, ma tu lavori, imperterrito.
Dopo il Monaco, la prima nazionale. Forse l’esperienza più negativa della tua già tribolata carriera. Ma c’è un’altra occasione a 64 anni. Ancora lei, la tanto amata Inghilterra, che dopo il Chelsea si ripresenta nella tua vita fatta di passione e tanta pazienza. Niente a che vedere con i blues però. Stavolta la meta è il Leicester, una squadra di bassa classifica che l’anno prima si è salvata per un soffio. L’obiettivo è la salvezza. E in fondo come potrebbe essere altrimenti? La rosa è composta quasi del tutto da giocatori semi-sconosciuti, di cui il più famoso, in porta, solo per essere il figlio del grande Peter Schmeichel. Pronti per l’ennesimo disastro? Pronti. Anche se a guardare i singoli viene quasi da piangere, se si fa il confronto con le solite corazzate made in UK. Ma tu, in fondo, avrai visto in quei ragazzi l’immagine della tua carriera: una carriera fatta di porte sbattute in faccia, di continue delusioni e poche vittorie. Dal primo difensore all’ultimo attaccante avevano tutti quella storia fatta di fallimenti e frustrazioni. Aggiungiamo poi le proteste al tuo arrivo (perché sì, anche in Inghilterra protestano) e abbiamo il mix perfetto: si prospetta una stagione tutta da vivere.
Ma da vivere davvero, perché poi succede l’impensabile. E no, non c’è alcuna necessità di raccontare, ancora una volta, quanto è accaduto. Magari conosceranno le tue gesta anche nei nuovi esopianeti scoperti dalla NASA, chissà. Basti pensare al fatto che quei semi-sconosciuti, un anno dopo il tuo arrivo, valgono oro. Kanté viene venduto per 40 milioni al Chelsea, Vardy e Mahrez da eterni scartati diventano i gioielli più pregiati di questa squadra e Schmeichel, finalmente, riesce nell’impresa di poter condividere un trofeo con il ben più vincente padre.
Tu alzi finalmente quella coppa, vieni accompagnato all’ultima di campionato dal maestro Bocelli e le stesse persone che qualche anno prima criticavano ogni tua singola mossa si inchinano di fronte all’impresa più bella e folle del calcio. Sei ufficialmente nell’olimpo, mr. Ranieri. Quell’olimpo accarezzato più volte durante la tua carriera è letteralmente ai tuoi piedi.
C’è chi vince un’incredibile schedina grazie alla vittoria delle Foxes data per 5000 a 1, chi si ritrova in quella cittadina delle Midlands orientali per festeggiare fino a notte fonda e chi, ancora, fantastica sull’anno seguente.
Ma le favole non hanno lunga durata, lo sai. La Champions sembra un sogno, forse troppo grande per poter provare un campionato dignitoso e la società pensa più a crogiolarsi nelle lodi del mondo intero che rifare da cima a fondo una squadra che comunque non potrà mai ripetersi. Un anno dopo quei ragazzi con le fiamme agli occhi sono un lontano ricordo; la squadra gioca male, è in zona retrocessione e tu, ancora una volta, sei al centro del ciclone. Esonerato, cacciato. Un’altra volta, come quelle storie d’amore finite male.
Saresti rimasto lì a vita, avresti dato anima e corpo per quella città che ti ha portato in trionfo, come mai nessuna città aveva fatto. Hai fatto divertire per le tue conferenze stampa, hai fatto sognare quei poveri pazzi come te che dedicherebbero la loro vita a questo gioco. Ecco, tu più di tutti ci hai ricordato che in fondo, il calcio, va preso così: con il sorriso di un bambino e l’animo leggero. Perché in fondo è un gioco capace di regalare sogni e tu hai regalato a questo sport ormai irriconoscente, la pagina più bella della sua storia.
È stata un’avventura indimenticabile, irripetibile. Hai aperto la porta del possibile all’impossibile, hai dimostrato che in un calcio fatto di sponsor, miliardi e avidi procuratori, sognare è ancora alla portata di tutti, anche per una piccola cittadina nel bel mezzo del Regno Unito.
Ci hai ridato un motivo per continuare a sognare, come quando da bambini davamo i primi calci a quel pallone.
Sei andato via da signore, come sempre nella tua lunga, meravigliosa carriera. E dei semplici ringraziamenti non potranno mai bastare.»
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»