Ananas sulla pizza. Da anni, forse da decenni, il dibattito su una delle tante varianti di questo piatto nostrano ha fatto discutere e non poco gli internauti di tutto il mondo. Tra chi l’ha definita «un attentato alla cucina» e chi, invece, l’ha difesa a spada tratta per il gusto prelibato e inconfondibile, sono stati davvero tanti gli interventi che, sui social e non solo, hanno animato questa lunga diatriba. Ultimo per ordine cronologico, il presidente dello stato islandese Guoni Th. Johannesson il quale, vuoi per la dichiarazione in sé, vuoi anche per il ruolo istituzionale che ricopre, è stato al centro del ciclone per qualche giorno.
«L’ananas sulla pizza? La vieterei per legge». È questa la risposta abbastanza curiosa che il presidente ha riservato a uno studente connazionale che ha chiesto un’opinione alla più alta carica dello stato in merito a questo argomento. Domanda insolita con una risposta altrettanto insolita, non c’è che dire. Problema non irrilevante, però, è che la “presa di posizione”, se così la possiamo chiamare dato che sempre di gusti personali si parla, ha scatenato un via vai di accese discussioni pro o contro Johannesson.
L’hashtag #Pineappleonpizza è diventato virale nel giro di qualche ora e gli accaniti sostenitori dei due fronti hanno portato la questione fino alle “alte sfere”. In merito, infatti, si sono espressi la DiGiorno, famosa azienda della pizza surgelata (non la conoscerete perché quel “famosa” è relativa solo a USA e Canada, dove opera dal ’95), il creatore della cosiddetta “pizza hawaiana” Sam Panopoulos e perfino la CNN che ha lanciato un sondaggio tra gli utenti del proprio sito.
Il gigante della pizza surgelata, (che opera, come detto, solo nel Nord America) si è mostrato totalmente contrario alle dichiarazioni rilasciate dal presidente Johannesson, mentre i vari abbonati della famosa emittente a stelle e strisce (anch’essi americani, si suppone) non hanno avuto alcun dubbio sul difendere a spada tratta la pizza con l’ananas. Una scelta sconvolgente, se si pensa ad un eventuale risultato sulla stessa questione qui in Italia, eppure il buon Johannesson, che è stato eletto a giugno con il 97% dei consensi, si è trovato costretto a dover puntualizzare sul proprio profilo facebook la sua posizione e la natura della sua tanto discussa dichiarazione proprio per questo forte dissenso vero le sue parole.
«Mi piace l’ananas ma non sulla pizza. Non ho il potere di fare leggi che vietano alla gente di mettere l’ananas sulla pizza e ne sono felice. I presidenti non dovrebbero avere un potere illimitato». Poi conclude il post (scritto sia in islandese che in inglese, visto che il ciclone si è scatenato prettamente nel nuovo continente) con un simpatico consiglio di parte: «Per la pizza consiglio i frutti di mare». Puntualizzazione dovuta in quanto, sempre oltreoceano, si è parlato di un attacco alla tradizione culinaria canadese, su cui si espresso anche l’inventore della suddetta pizza tramite un’intervista all’emittente CBC: «Quello ha pesci e deve vendere pesci, per cui li consiglia sulla pizza». Una conclusione diplomatica per l’83enne canadese che, sempre nella stesso incontro con la società televisiva canadese, ha dichiarato tutto il suo rammarico per non aver conseguito il brevetto della famosissima pineapple pizza.
Un’uscita, quella del presidente Johannesson, che ha scatenato un impensabile putiferio e su cui, probabilmente, lo stesso capo di stato si sarà trovato perplesso e senza parole. Ma questa è la forza dei mezzi di comunicazione odierni e il peso di un’opinione importante, sebbene fosse scherzosa, può provocare anche queste reazioni. Eppure il caso della pizza con l’ananas è stato isolato per il povero Johannesson che sta raccogliendo parecchi consensi come uno dei presidenti più amati della storia islandese, grazie ad una certa propensione per la beneficenza e uno stile particolarmente informale (ricorderanno gli amanti del calcio la sua presenza nella curva della nazionale islandese durante Euro 2016). Cambiare modo di essere? Probabilmente al nord sanno semplicemente quando ci si deve prendere sul serio e quando no, e forse Americani e Canadesi dovrebbero imparare qualcosa dai paesi scandinavi.
Francesco Mascali
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