«Che tristezza la notizia della morte di Umberto Eco. Un grandissimo intellettuale e scrittore, una persona unica e speciale. Mancherà tanto». Prendendo spunto da questa dichiarazione di Giovanna Melandri, Voci di Città vuole ricordare e ripercorrere le tappe che hanno segnato la biografia e la produzione di Umberto Eco, con particolare attenzione al suo nuovo libro in uscita a maggio.
La notizia della morte di Umberto Eco, avvenuta venerdì scorso alle 22:30, è stata accolta con sgomento da familiari, amici, intellettuali e lettori affezionati. «Sapevo che Umberto era malato da due anni di tumore, ma nessuno pensava che la sua fine sarebbe stata così imminente», ha commentato Gianni Coscia, amico intimo dello scrittore dai tempi del liceo e oggi avvocato e fisarmonicista. «La dote più grande era il profondo senso dell’amicizia ed era molto legato ad Alessandria, per venire cercava solo l’occasione intelligente. Era molto disponibile, anche se all’apparenza non sembrava, era umile ma quel suo atteggiamento spavaldo era solo una difesa. Era un uomo timido, anche se nessuno lo direbbe».
Ai familiari del noto semiologo si è rivolto anche Matteo Renzi: «Esempio straordinario di intellettuale europeo, univa una intelligenza unica del passato a una inesauribile capacità di anticipare il futuro. È una perdita enorme per la cultura, cui mancherà la sua scrittura e voce, il suo pensiero acuto e vivo, la sua umanità». Sergio Mattarella, dal canto proprio, si è definito «particolarmente addolorato» e ha parlato di Eco come di «un uomo libero, di grande passione civile. È stato un protagonista del dibattito intellettuale italiano e internazionale». Dall’estero, poi, sono arrivate anche le parole di cordoglio di Rajoi, premier spagnolo, e di Martin Schulz, presidente del Parlamento dell’Unione Europea.
Anche il popolo del web ha reagito prontamente alla scomparsa, esprimendo le proprie reazioni senza mezzi termini. Così hanno fatto molti suoi conoscitori tramite citazioni e pensieri sparsi. È intervenuto anche il ministro della Cultura, Dario Franceschini, che su Twitter lo ha dipinto come «un gigante che ha portato la cultura italiana in tutto il mondo». Su Facebook, invece, il commento di Giuliano Pisapia da Milano, città che ha detto essere «triste e più povera». Si è dichiarato in lutto anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola: «Ci mancherai e mancherà il tuo ingegno, il tuo spirito». E, mentre per Vittorio Sgarbi Eco rimane «l’intellettuale più grande dai tempi di Benedetto Croce» e la cantante Noemi scrive che «ora tocca a noi. Saremo capaci di raccontarci così bene agli italiani di domani?», Roberto Saviano lo omaggia riutilizzando la frase conclusiva de Il nome della rosa: «Nomina nuda tenemos. Addio professore»
Se tante voci si sono sollevate nel momento in cui si è spenta la sua, è perché Umberto Eco ha offerto un contributo straordinario alla cultura italiana e internazionale nel corso di tutta la propria esistenza, occupandosi tanto di filosofia quanto di letteratura, tanto di attualità quanto di semiotica. Nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, l’intellettuale ha iniziato a scrivere negli anni Cinquanta per Gioventù, il giornale della GIAC (Giovani Italiani dell’Associazione Cattolica) e nel 1954 è poi entrato in RAI grazie a un concorso. Protagonista di numerose riviste, dal Verri di Luciano Anceschi all’Alfabeta del Gruppo ’63, si è dedicato alla pubblicazione di fondamentali studi sulla traduzione e sulla linguistica, agli interventi sulle questioni socio-politiche italiane e al dibattito costruttivo con molte penne di spicco dello Stivale, fra cui Antonio Tabucchi, e si è affermato tra il grande pubblico europeo a partire dall’uscita del già citato Il nome della rosa. Laureato in Filosofia nel 1954, Eco ha poi ricevuto una laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media presso l’Università degli Studi di Torino e non ha mai dimenticato il mondo accademico, pensando al cui sviluppo ha pubblicato saggi quali Come scrivere una tesi di laurea e ha contribuito alla fondazione del DAMS di Bologna, mentre faceva della propria scrittura, barocca ed ironica, un esempio di labor limae affascinante e consapevole, nel quale la profondità non sfocia mai nella saccenza o nello sfoggio di sapere.
Le sue riflessioni capaci di sciogliere numerosi nodi del pensiero e delle convinzioni, nonché di denunciare luoghi comuni, situazioni o atteggiamenti scomodi, hanno fatto continuamente breccia nel cuore e nella mente di chi ha saputo aprirsi alle sue ragionate provocazioni e prese di coscienza. Fra i tanti esempi, spicca il discorso sulla stoltezza umana: «Il problema della Stupidità ha la stessa valenza metafisica del problema del Male, anzi di più: perché si può persino pensare (agnosticamente) che il male si annidi come possibilità rimossa del seno stesso della Divinità; ma la Divinità non può ospitare e concepire la Stupidità, e pertanto la sola presenza degli stupidi nel Cosmo potrebbe testimoniare della Morte di Dio». A questa convinzione è collegata l’idea che aveva Eco di molti spazi virtuali, giacché secondo lui «i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli. Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli», fra una bufala e l’altra. Ecco perché sosteneva che i giornalisti dovessero «filtrare con equipe di specialisti le informazioni di Internet, perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». Pertanto, si auspicava e consigliava quanto segue per fare fronte a una simile tendenza: «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi». D’altro canto, l’analisi critica era proprio quanto Eco trovava alla base anche degli studi filosofici e di semiotica, che gli hanno permesso di essere apprezzato in molti settori specialistici, nonché nella divulgazione per chi non era, invece, “addetto ai lavori”.
L’ottantaquattrenne autore de Il pendolo di Foucault e de Il cimitero di Praga, che fra i fumetti era appassionato specialmente di Dylan Dog, adesso verrà commemorato a Milano il prossimo martedì alle ore 15, durante un rito civile al Castello Sforzesco. Chi lo ha apprezzato e seguito per decenni, però, avrà ancora un’ultima occasione di leggerlo: infatti, durante un’intervista ANSA, Elisabetta Sgarbi ha annunciato l’uscita per il 27 febbraio di Pape Satàn Aleppe, edito dalla casa editrice La Nave di Teseo, quest’ultima nata dopo che Mondadori aveva comprato anche il circuito Rizzoli, di cui faceva parte la Bompiani, la Sgarbi in qualità di direttrice editoriale e le pubblicazioni dello stesso Eco. All’inizio da pubblicarsi alla fine dell’anno scorso e poi nel prossimo maggio, il saggio era stato così presentato dall’autore: «Dal 1985 pubblico su “L’Espresso” La “Bustina di Minerva”. Ne sono state raccolte molte in “Il Secondo Diario Minimo” e poi “La bustina di Minerva”. Dal 2000 a oggi ne rimanevano moltissime, ho scelto quelle che potevano riferirsi al fenomeno della “società liquida” e dei suoi sintomi: crollo delle ideologie, delle memorie, delle comunità in cui identificarsi, enfasi dell’apparire etc». Il titolo è una citazione dantesca dal significato vago e indistinguibile, così da risultare “liquido” come il tempo presente: non a caso, il sottotitolo è Cronache di una società liquida e l’opera rimane attesissima da tutti coloro che nutrono ancora incrollabile stima e fiducia in Umberto Eco, come l’ultima testimonianza di una mente lucida, coraggiosa e analitica.
Eva Luna Mascolino
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