Due le voci forti nel dibattito che ha decretato il futuro della Bompiani e la nascita di una nuova casa editrice dal volto singolare, La Nave di Teseo: si tratta, da un lato, di Elisabetta Sgarbi (ormai ex direttrice editoriale per Bompiani) e di Marina Berlusconi dall’altro.
I fatti, in sé, sarebbero riassumibili in poche righe: lo scorso ottobre Mondadori ha acquistato RCS Libri. Del gruppo Rizzoli, che è stato ceduto a Segrate, faceva parte anche la Bompiani: durante il passaggio di proprietà, al suo vertice si trovava la Sgarbi, che ha chiesto di poter comprare quest’ultima casa editrice, in modo da farle «mantenere la propria indipendenza». Di fronte al rifiuto della Berlusconi, accompagnato dalla rassicurazione che l’autonomia della Bompiani non sarebbe stata intaccata, la Sgarbi ha deciso di dimettersi, lasciando ad interim il ruolo di direttore editoriale a Massimo Turchetta e fondando una nuova realtà editoriale, con al seguito un consistente numero di scrittori e intellettuali.
A prima vista, numerose sono le supposizioni che si potrebbero avanzare per spiegare una simile scelta. Eppure, è la stessa Sgarbi a precisarne alcune e a smentirne altre: «Sono fedele per natura. Se guardo a Bompiani vedo una storia, un catalogo, persone a cui sono molto legata, professionisti, autori, libri che non avrei voluto lasciare. […] Non ho nulla contro la Mondadori. Non serbo motivi di attrito con la proprietà e men che memo con il management. Credo però che questa acquisizione non sia un’iniziativa solo commerciale, ma qualcosa di molto più importante. Alcuni editori non hanno una posizione precisa sul fatto di entrare in un grande gruppo. Io sì». Perché? Secondo la Sgarbi, ciò è dovuto al fatto che «il mondo dei libri è sacro, in esso deve regnare la pluralità, cioè non si devono creare le condizioni per una concentrazione. Non penso che la Mondadori limiti le libertà professionali o autoriali, ma ritengo che una proprietà che concentri il 35 o il 38% del mercato, in un Paese come l’Italia, crei le condizioni perché la pluralità sia a rischio».
Era impossibile che due donne così diverse non per ideologia, bensì per antropologia (come le ha definite Umberto Eco), rimanessero al timone della stessa “imbarcazione”. Così, la Sgarbi ne ha creata una dal volto totalmente nuovo, La Nave di Teseo. Ancora Umberto Eco spiega che il nome «è ispirato a un passo delle Vite parallele di Plutarco. Parlando del vascello di Teseo, dice che gli ateniesi asportavano i vecchi pezzi via via che si deterioravano, sostituendoli con quelli nuovi finché non rimase niente della nave originaria e non si poteva capire se si trattasse sempre dello stesso vascello o fosse un vascello differente. Insomma, la volontà è creare una realtà che possa assomigliare alla Bompiani, con lo stesso spirito, ma che sia anche un’altra cosa». E a questa realtà “altra” hanno già aderito Mario Andreose, Eugenio Lio, Anna Maria Lorusso, Edoardo Nesi, Sandro Veronesi, Furio Colombo, Sergio Claudio Perroni. Tra gli autori, poi, Tahar Ben Jelloun, Pietrangelo Buttafuoco, Mauro Covacich, Michael Cunningham, Viola Di Grado, Hanif Kureishi, Nuccio Ordine, Carmen Pellegrino, Lidia Ravera, Vittorio Sgarbi e Susanna Tamaro. Tra gli investitori, infine, figurano «imprenditori e rappresentanti della società civile», fra cui Guido Maria Brera, che ha pubbicato, fra gli altri, I diavoli per Rizzoli.
«Pensiamo di iniziare a lavorare da gennaio in modo da proporre i primi titoli a fine aprile ed essere presenti al Salone di Torino. L’obiettivo è di proporre una cinquantina di volumi nel 2016: 25 novità e 25 di catalogo perché alcuni autori, come Eco, hanno contratti che sono scaduti e non sono stati rinnovati», racconta la Sgarbi. Al momento, il capitale della casa editrice è di circa sei milioni: di distribuzione e servizi commerciali si occuperanno Gruppo Feltrinelli e Messaggerie. Specifica al riguardo Eugenio Lio: «Non siamo improvvisatori. Abbiamo una struttura professionale, mestieri, competenze, un presidente che è un commercialista, direttori e marketing. Siamo una società SRL. Altro che cooperativa». Positive, pertanto, le intenzioni, sebbene il rischio di fallimento non sia un tabù: viene riconosciuto da tutti i componenti come impossibile da escludere, in particolare fra un paio d’anni, un crollo dell’iniziativa. Nonostante ciò, Edoardo Nesi pare abbia ugualmente le idee chiare: «L’editore è una persona, non un’azienda. È un amico che ti segue e ti coccola, non un amministratore che firma contratti e stacca assegni. È il pastore delle tue opere». Gli fa eco la Sgarbi, secondo cui «i libri dei grandi autori raramente sono usciti da imprese gigantesche e perché i movimenti letterari più importanti della storia sono stati sostenuti e sviluppati da piccole realtà editoriali».
La Berlusconi, dal canto proprio, ha inviato una lettera al quotidiano Il Foglio, all’interno della quale ha dichiarato: «Elisabetta Sgarbi non chiedeva rassicurazioni o garanzie. Chiedeva molto più concretamente di acquistare la Bompiani, unica mossa, a suo dire, che avrebbe potuto tutelare per davvero la casa editrice. Richiesta legittima come legittima è stata la mia risposta da imprenditore: no, per ragioni che mi parrebbe francamente superfluo illustrare, all’indomani di un investimento tanto importante come quello nella RCS Libri. Cultura e profitto, valore economico e valore culturale. Un equilibrio molto delicato ma a cui, se escludiamo il mecenatismo, non è possibile rinunciare. […] Essere considerata incompatibile con chi mostra una tale arroganza e un tale disprezzo verso le opinioni e le posizioni altrui non mi dispiace affatto». Il suo punto di vista, che non manca senz’altro di forza, è basato sulla considerazione che tanto maggiore è la frammentazione del settore tanto più fragile ne risulta il mercato. Più saggio, stando ad alcuni, sarebbe dunque pensare ad una manovra collettiva che possa tenere testa ai grandi gruppi editoriali affermatisi a livello internazionale, anziché uno solo che continui a contemplare il proliferare di numerose case di pubblicazione.
A prescindere da tali considerazioni, La Nave di Teseo ha già un logo ufficiale e ha reso pubblico il proprio statuto, dove si legge che si tratterà di «una casa editrice di narrativa, saggistica, poesia, italiane e straniere, attenta alla valorizzazione dei classici», che «guarda al futuro e dà futuro al passato», considerando «gli autori e gli editori il proprio patrimonio». A dispetto – o proprio in virtù – delle valutazioni sopra riportate e al di là di come si evolverà la situazione, quella della Sgarbi non manca di essere, di conseguenza, una prova senza dubbio di coraggio.
Eva Luna Mascolino
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