Attualmente ai box per un problema al ginocchio, Joel Embiid ha comunque più di un motivo per sorridere e festeggiare. Ventiquattro ore dopo l’insperata quanto fondamentale vittoria dei suoi Philadelphia Sixers sul campo dei Boston Celtics, infatti, è arrivata anche la conquista del tanto agognato premio di MVP della regular season NBA, inseguito per anni senza successo (secondo posto nel 2021 e nella scorsa stagione). Il centro camerunese batte la concorrenza di Nikola Jokić, capace di prevalere nelle ultime due occasioni, con medie di 33.1 punti (miglior scorer in NBA), 10.2 rimbalzi, 4.2 assist, una palla recuperata e 1.7 stoppate col 55% dal campo in 66 presenze stagionali. Numeri che hanno contribuito in maniera più che determinante all’ottima stagione dei Philadelphia Sixers, piazzatisi al terzo posto nella Eastern Conference con un record di 54 vittorie e 28 sconfitte, il migliore dal 2000-2001 per la franchigia della Pennsylvania, che in quell’occasione raggiunse le NBA Finals.
The 2022-23 Kia NBA Most Valuable Player is… Joel Embiid!#NBAAwards | #KiaMVP | @Kia pic.twitter.com/Ztj5HCzfuL
— NBA (@NBA) May 2, 2023
29 anni compiuti lo scorso 16 marzo, Embiid ha ottenuto ben 73 voti per il primo posto, contro i 15 di Jokić e i 12 di Antetokounmpo, già vincitore del premio nel 2019 e nel 2020, ottenendo 915 punti totali. Un trionfo che fino a qualche settimana fa sembrava a dir poco complicato, con Jokić a lungo favorito. Il centro serbo, trascinatore dei Denver Nuggets primi a Ovest, ha sfiorato la tripla doppia di media (24.5 punti, 11.8 rimbalzi e 9.8 assist) e la vittoria del suo terzo MVP consecutivo, un’impresa riuscita soltanto a Bill Russell (1961, 1962, 1963), Wilt Chamberlain (1966, 1967, 1968) e Larry Bird (1984, 1985, 1986). Embiid diventa così il settimo giocatore nella storia dei Philadelphia Sixers a mettere in bacheca il premio di Most Valuable Player, dopo il sopracitato Chamberlain, Julius Erving (1981), Moses Malone (1983) e Allen Iverson (2001). Philly supera i Chicago Bulls (6) e sale sul gradino più basso del podio nella classifica delle squadre con più MVP, dietro soltanto ai Boston Celtics (10, di cui cinque vinti da Bill Russell, tre da Larry Bird, uno da Bob Cousy e uno da Dave Cowens) e ai Los Angeles Lakers (8, di cui tre a testa per Kareem Abdul-Jabbar e Magic Johnson e uno a testa per Shaquille O’Neal e Kobe Bryant).
Al di là del prestigio del riconoscimento, conquistato da soli trentacinque giocatori dal 1955-1956 ad oggi, che rende onore alla miglior annata in carriera del centro dei Sixers, si tratta di un premio significativo per ciò che rappresenta nella vita del numero 21 di Philadelphia. Tanti giocatori che militano in NBA hanno un background di storie decisamente complicate e per molti di essi il basket ha rappresentato l’ancora di salvezza a cui aggrapparsi per superare le difficoltà e risolvere anche i problemi più gravi. Non è da meno Joel Embiid, che fino all’età di sedici anni sognava di giocare a calcio e ricoprire il ruolo di portiere. Il Camerun, del resto, è anche il paese di cui è originario uno dei migliori portieri africani della storia del calcio, Thomas N’Kono, titolare dei Leoni Indomabili ai Mondiali di Spagna 1982 e di Italia 1990, vincitore della Coppa d’Africa nel 1984 e nel 1988 e idolo di Gianluigi Buffon.
Such an inspiration. Extremely happy for Joel Embiid. Didn't start playing the game of basketball until age 15. Missed first 2 years of his career while mourning the loss of his brother. He's improved in every way on the court and became a dad in the process. Congrats on being… pic.twitter.com/pPMTOLohNk
— Uriah Young (@uyoung76) May 2, 2023
Notato dal connazionale Luc Mbah a Moute, ala classe 1986 che ha giocato in NBA dal 2008 al 2020 tra le file di Milwaukee Bucks, Sacramento Kings, Minnesota Timberwolves, Philadelphia Sixers, Los Angeles Clippers e Houston Rockets, Embiid si trasferisce negli Stati Uniti, su suggerimento dello stesso Mbah a Moute, iscrivendosi alla Montverde High School, per poi trasferirsi alla The Rock School. Nel 2013-2014 milita a Kansas University e al termine della stagione si rende eleggibile al Draft NBA, in cui viene selezionato con la terza scelta assoluta dai Philadelphia Sixers. Nello stesso anno, il 16 ottobre, il suo fratello più piccolo, Arthur, muore a quattordici anni in un incidente stradale, mentre per ciò che riguarda il campo, il suo debutto in NBA slitta addirittura di due anni, a causa di due interventi al piede destro per una frattura da stress. Dopo un primo anno utile per adattarsi tra i grandi (20.2 punti, 7.8 rimbalzi, 2.1 assist e 2.5 stoppate in appena 31 presenze e poco più di 25’ a partita), nel 2017-2018 Embiid viene convocato per la prima volta all’All-Star Game e trascina i Sixers al terzo posto a Est con 52 vittorie e 30 sconfitte.
Si tratta del miglior risultato dal 2000-2001 per Philly, che era reduce da ben cinque anni consecutivi senza partecipare ai playoff e che con il lungo camerunese ha sempre centrato l’approdo alla postseason tra il 2018 e quest’anno. Nel 2018-2019 il suo minutaggio sale a quasi 34’ a partita e fa registrare le migliori medie in carriera per punti (27.5), rimbalzi (13.6), assist (3.7) e percentuale al tiro (48.4%) e ai liberi (80.4%), venendo nuovamente convocato per l’All-Star Game, cui ha preso parte in sei distinte occasioni fino a questo momento. Nonostante i numerosi problemi fisici che ne hanno spesso e volentieri limitato la continuità d’impiego e di rendimento (il classe ‘94, infatti, non ha mai giocato più di 68 partite in regular season e ha sempre saltato almeno una partita di playoff ogni anno dal suo ingresso nella lega), Embiid è riuscito nell’impresa di imporsi come uno dei giocatori più forti in circolazione, diventando il vero volto della franchigia e contribuendo a riportare i Sixers tra le squadre più forti e competitive della lega dopo anni a dir poco amari per Philadelphia.
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Nel 2020-2021, Embiid mette a referto 28.5 punti, 10.6 rimbalzi, 2.8 assist, un recupero e 1.4 stoppate di media, tirando col 51% dal campo e col 38% da dietro l’arco e i 76ers si piazzano al primo posto a Est (prima volta dal 2001) col terzo miglior record della lega, ma a spuntarla per la vittoria dell’MVP è Nikola Jokić (26.4 punti, 10.8 rimbalzi, 8.3 assist e 1.3 palle recuperate col 57% al tiro e il 39% da tre di media e quarto posto a Ovest coi Denver Nuggets). Stessa sorte l’anno successivo, con Embiid che vince per la prima volta il titolo di miglior marcatore stagionale (30.6 punti) ma viene nuovamente sconfitto dal pari ruolo serbo. Il terzo atto del duello Embiid-Jokić per l’MVP, però, sorride al primo, che fa proseguire l’egemonia dei lunghi. Per il terzo anno consecutivo, infatti, il premio di miglior giocatore della stagione regolare va a un centro, dopo che dal 2000, anno in cui trionfò Shaquille O’Neal, al 2020 hanno trionfato soltanto guardie o ali.
Embiid, inoltre, è il secondo giocatore africano a mettere le mani sull’ambito premio, eguagliando il suo idolo Hakeem Olajuwon: il centro nigeriano, leggenda degli Houston Rockets e MVP nel 1994, era naturalizzato statunitense e la sua storia è molto simile a quella di Embiid (fino a 15 anni giocava a calcio come portiere e nel 1980, a diciassette anni, si trasferì da Lagos a Houston per iscriversi al college e giocare a basket). Non è affatto facile scegliere i migliori momenti della stagione di Joel Embiid, in quanto il nativo di Yaoundé ha offerto una prova di forza impressionante dall’inizio alla fine della regular season, risultando determinante sia nella metà campo difensiva che in quella offensiva, segnando spesso tiri decisivi o rendendosi autore di incredibili stoppate per eludere i tentativi di rimonta degli avversari e di elegantissimi movimenti e gesti tecnici a tratti innaturali per un lungo della sua stazza (altro aspetto in comune con Olajuwon).
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Per lui, in totale, tredici partite da quaranta o più punti, tre gare da 50+ punti, 39 doppie doppie e una tripla doppia (16 punti, 13 rimbalzi e 10 assist nella vittoria per 115-96 con gli Oklahoma City Thunder). Tra le sue prestazioni migliori, spicca inevitabilmente quella offerta nella notte tra il 13 e il 14 novembre nella sfida vinta 105-98 con gli Utah Jazz, con il centro camerunese capace di far registrare 59 punti (career-high), 11 rimbalzi, 8 assist, un recupero e 7 stoppate (massimo in carriera anche in questo caso), tirando col 68% dal campo (19/28) e sfiorando una storica quadrupla doppia. Tra le giocate, invece, memorabile la tripla in step-back su Jokić per portare Philadelphia sul +8 sul campo di Denver (125-117, match poi vinto 126-119) e chiudere con 47 punti, 18 rimbalzi, 5 assist, 3 recuperi e 2 stoppate, ma non sono da meno la grandissima stoppata su Morant sul 104-103 per Memphis a poco più di un minuto dal termine (i Sixers vinceranno 110-105), il canestro decisivo in casa degli Utah Jazz (118-117) a poco meno di cinque secondi dal suono della sirena con un fadeaway e l’incredibile tiro della vittoria per 120-119 contro i Portland Trail Blazers con un altro fadeaway a poco più di un secondo al termine.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza: Bleacher Report
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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