Dopo 38 anni di carriera, Marcello Lippi pone definitivamente fine alla sua esperienza da allenatore. Un’avventura iniziata nel lontano 1982, alle giovanili della Sampdoria, e conclusasi a poco meno di 8000 km di distanza, alla guida della Nazionale cinese. Nel mezzo, le annate alla Juventus e alla Nazionale italiana, che lo hanno reso uno dei tecnici più apprezzati e vincenti del panorama calcistico internazionale. Approdato sulla panchina bianconera nell’estate 1994, dopo due stagioni più che convincenti con Atalanta – con cui sfiora l’approdo in Europa nel 1992-1993 – e Napoli (qualificazione in Coppa UEFA nel 1993-1994, nonostante i problemi finanziari dei partenopei), tra lo scetticismo generale, Lippi riesce in poco a tempo a scrivere il suo nome nella lista dei più grandi allenatori della storia della Juventus: con la Vecchia Signora, infatti, vincerà ben tredici trofei in otto anni (1994-1999 prima e 2001-2004 poi), di cui cinque Scudetti, quattro Supercoppe italiane, una Coppa Italia, una Champions League, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa europea.
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Proprio sotto la sua ala protettrice, inoltre, ha modo di imporsi nel calcio che conta Alessandro Del Piero, solo uno dei tanti giovani talenti lanciati da Lippi, che l’anno prima a Napoli aveva già fatto debuttare tra i professionisti il promettente difensore classe ’73 Fabio Cannavaro, che sarà capitano della sua Nazionale ai Mondiali vinti nel 2006 e nello stesso anno vincerà il Pallone d’oro. Nel corso della prima parentesi del tecnico nativo di Viareggio, Del Piero diventa uno dei giocatori più forti al mondo, guadagnandosi la maglia numero 10 e la fascia da capitano della Juventus e diventando il principale trascinatore dei bianconeri in campo: il suo gol al fotofinish decide il match di Coppa Intercontinentale col River Plate nel 1996, mentre la sua miglior stagione realizzativa in campionato (21 reti in 32 presenze) vale la conquista dello Scudetto ai danni dell’Inter nel 1997-1998 (secondo campionato consecutivo e terzo nel giro di quattro anni).
Nel 1999, Lippi passa proprio all’Inter, dove ritrova Roberto Baggio, che aveva già allenato alla Juventus, togliendogli a poco a poco il posto da titolare per dare sempre più fiducia al giovanissimo Del Piero. In nerazzurro, però, non dà mai l’impressione di poter ripetere quanto fatto alla guida della Vecchia Signora (raggiunge le finali di Coppa Italia e Supercoppa Italiana, ma perde in entrambe le occasioni con la Lazio) e, soprattutto, non lega mai del tutto con un ambiente a lui ostile per anni: in questo senso, spiccano i rapporti burrascosi con alcuni dei giocatori chiave della squadra nerazzurra, tra cui, oltre al già citato Baggio, Vieri e Panucci. Oltre a ciò, Lippi deve fare i conti con i frequenti problemi fisici del fuoriclasse Ronaldo, che durante la gestione del toscano disputa appena otto partite in poco più di un anno, a causa della lesione al tendine rotuleo del ginocchio destro riportata il 21 novembre 1999 contro il Lecce che lo tiene fuori fino al 12 aprile 2000, in occasione della gara d’andata della finale di Coppa Italia con la Lazio, in cui si rompe definitivamente il tendine del ginocchio dopo appena sei minuti dal suo ingresso in campo.
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Esonerato dopo la prima giornata del campionato 2000-2001 (ko per 2-1 sul campo della Reggina, cui fece seguito una conferenza stampa rimasta nella storia per i toni particolarmente accesi), Lippi torna alla Juventus nell’estate 2001, subentrando a Carlo Ancelotti, vincendo due Scudetti consecutivi e salutando, stavolta definitivamente, i bianconeri al termine dell’annata 2003-2004: 405 partite, 227 vittorie (percentuale di successi del 56%) e 13 trofei in bacheca. Nel 2004 accetta l’offerta della Nazionale italiana, reduce da due anni tutt’altro che indimenticabili, con l’eliminazione agli ottavi con la Corea del Sud ai Mondiali 2002 e l’uscita di scena al primo turno agli Europei 2004. Due anni più tardi, il tecnico di Viareggio riesce nell’ennesima impresa della sua carriera, probabilmente la più epica, portando l’Italia sul tetto del mondo dopo 24 anni: gli Azzurri, infatti, vincono il Mondiale in Germania contro ogni pronostico, rendendosi protagonisti di un incredibile percorso proprio nel bel mezzo della bufera scoppiata in seguito allo scandalo di Calciopoli, che rafforza l’ambiente invece di destabilizzarlo.
L’Italia non è tra le principali favorite per la vittoria finale ed è considerata inferiore a numerose squadre (su tutte, il Brasile campione in carica), ma può contare su un gruppo compatto e coeso, in cui tutti remano nella stessa direzione. Merito di ciò è anche e soprattutto di Lippi, che sa sempre quali corde toccare per far capire che per lui ogni singolo giocatore è fondamentale: concede minuti ai vari Oddo e Barone, scommette su Iaquinta, Toni e Gilardino, lanciati proprio dall’allenatore viareggino in Nazionale e convocati in luogo degli assenti di lusso Vieri e Cassano, alterna alla perfezione Totti (convocato nonostante la rottura del perone riportata soltanto pochi mesi prima e decisivo su rigore negli ottavi con l’Australia) e Del Piero (a segno in semifinale con la Germania e nella lotteria dei rigori con la Francia in finale), in modo da dare il giusto spazio a entrambi, e punta su Fabio Grosso, che ripaga la sua fiducia nel migliore dei modi, segnando il gol che sblocca la semifinale con i padroni di casa della Germania a Dortmund e mandando a bersaglio l’ultimo rigore nella finale con la Francia a Berlino.
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Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2011, Lippi ha anche fatto registrare alcuni fallimenti nel corso della sua carriera: oltre a quello con l’Inter, da segnalare il clamoroso flop ai Mondiali 2010. In Sudafrica, infatti, gli Azzurri non solo non riescono a ripetersi, ma si piazzano addirittura ultimi in un girone sulla carta più che abbordabile (Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda le altre squadre del gruppo F). Un passo falso che non può certo sminuire l’eccezionale carriera del tecnico di Viareggio, arrivato in cima dopo anni di gavetta e capace di conquistare tutti con le sue idee calcistiche pratiche ed efficaci. Dopo gli ultimi anni in Cina, tra Guangzhou Evergrande (dal 2012 al 2014, con la vittoria di tre campionati, una Coppa Nazionale e una Champions League asiatica) e Nazionale cinese (2016-2019).
A quasi quarant’anni dal suo debutto in panchina, Lippi ha annunciato la sua decisione di ritirarsi nel corso di un intervento a Radio Sportiva. “Ho chiuso definitivamente col lavoro di allenatore, penso sia giusto così. Fino alla primavera non farò nulla, dopo magari potrò rilanciarmi in altre vesti.”, le sue parole in merito. Trentacinque anni tra i professionisti, 1021 partite con 464 vittorie e diciannove trofei vinti tra club (Pontedera, Siena, Pistoiese, Carrarese, Cesena, Lucchese, Atalanta, Napoli, Juventus, Inter e Guangzhou Evergrande) e Nazionali (Italia e Cina): un’autentica leggenda vivente, un’istituzione del calcio italiano, europeo e internazionale lascia la panchina e decide di tuffarsi in una nuova avventura. In attesa di capire su quale tipo di progetto ricadrà la sua scelta e, soprattutto, se ritornerà in Italia dopo tanti anni in Cina, è doveroso salutare uno degli allenatori più forti di sempre ripercorrendo le tappe principali della sua magica carriera in panchina, in un viaggio incredibile che parte dai campi delle serie minori toscane nella seconda metà degli anni ’80 e arriva fino alla Coppa del mondo alzata al cielo di Berlino il 9 luglio 2006.
Dennis Izzo
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