Il giornalista sportivo Bruno Pizzul, storico commentatore delle partite della Nazionale dal 1986 al 2002 per la RAI, è intervenuto ai microfoni di Voci di Città per ripercorrere alcuni dei momenti più significativi della sua grande carriera e per dire la sua sulla situazione della Serie A e dell’Italia di Ventura. Ecco le sue parole.
La prima partita che lei commentò per la Rai fu Juventus-Bologna di Coppa Italia del 1970. Fece un quarto d’ora di ritardo, ma riuscì a rimediare. Cosa avvenne di preciso?
“Era il mio primo incarico alla Rai, dove ero stato appena assunto e inviato alla redazione sportiva di Milano. Qualche giorno dopo il mio arrivo mi mandarono a fare la telecronaca di questa partita tra Bologna e Juventus, uno spareggio per accedere alle finali di Coppa Italia e si giocava a Como. La Rai mi mise a disposizione una macchina alle 9:30 del mattino (si giocava alle 15 del pomeriggio), però mentre stavo per partire passava di lì Beppe Viola, un amico già dai primi giorni dalla mia permanenza a Milano, che mi disse che mi avrebbe accompagnato lui. Io mandai via l’auto della Rai e mi fidai di lui, così partimmo per andare al Senigallia di Como, ma le strade erano completamente intasate, perché già allora la Brianza era quasi totalmente juventina e tutti volevano andare a vedere la partita e arrivammo con un quarto d’ora di ritardo. Fortunatamente allora le partite andavano in differita, quindi ebbi modo di mettere il commento a posteriori dopo che la partita stessa era terminata, ma non fu un debutto particolarmente lusinghiero. Mi chiamarono subito per chiedere conto del mio comportamento così poco professionale e quando seppero che ero entrato in contatto con quel pazzo di Viola mi dissero di stare attento alle persone che frequentavo.”
Che ricordi ha della tragica serata dell’Heysel del 29 maggio 1985?
“Naturalmente sono ricordi angosciosi, soprattutto sotto il profilo umano, perché è assolutamente inaccettabile che per una partita di pallone ci possano essere 39 morti. Io se potessi cancellerei dalla memoria e dalla mia coscienza di uomo quella serata terribile, anche se mi rendo conto che non è possibile, ma è doveroso ricordarlo nella speranza che tutto ciò costituisca un insegnamento per i tifosi ad assumere comportamenti meno violenti e meno inaccettabili quando vanno allo stadio, purtroppo continuano ad esserci segni di scarsa tolleranza e scarsa educazione, ma sicuramente il ricordo di quella tragica serata dovrebbe far capire a tutti che per una partita di pallone non possono succedere cose del genere.”
Qual è stato il più bel Mondiale tra quelli che ha commentato?
“I Mondiali che mi sono piaciuti di più, che mi hanno fatto divertire di più, sono stati quelli dal 1970 al 1986, che ho fatto tutti come telecronista, ma non come telecronista del canale italiano. Proprio in quel periodo mi sono particolarmente divertito, perché essendo già stato individuato come il numero due, quello che sarebbe subentrato a Martellini, avevo una specie di diritto di scelta della migliore partita agli Europei, alle Olimpiadi e ai Mondiali, e quindi ho visto delle partite meravigliose. Poi è chiaro che diventare telecronista del canale italiano è stato un punto d’arrivo per la mia carriera, però fare la telecronaca di Italia-Lussemburgo mentre dall’altra parte c’è Germania-Inghilterra è un’altra cosa, quindi per me il periodo più bello e più divertente è stato prima di diventare telecronista in Rai.”
Quanto ha influito la figura di Nando Martellini nella sua formazione professionale?
“Moltissimo, non tanto perché mi abbia dato dei consigli di carattere tecnico, ma sul piano dei comportamenti, perché era un gentiluomo, è stato uno che mi ha accolto con grande simpatia, dandomi una mano, regalandomi anche la sua amicizia personale e non facendo assolutamente pesare in nessun modo il suo grande prestigio. Io arrivai alla Rai che non avevo nessun tipo di esperienza di carattere giornalistico e per me lui, Carosio e gli altri erano i mostri sacri, ai quali mi avvicinavo anche con un po’ di timore reverenziale, ma Nando con la sua straordinaria umanità, con la sua cortese intelligenza, mi rese molto semplice l’approccio alla professione.”
Cosa l’ha spinta a fare il giornalista sportivo?
“Da giovane avevo provato a giocare a calcio, senza fare una carriera particolarmente brillante, però durante il periodo in cui giocavo avevo maturato una sincera antipatia per la categoria dei giornalisti sportivi, come spesso succede a quelli che fanno sport. Non avrei mai pensato che sarei diventato giornalista sportivo, lo sono diventato per una serie di circostanze assolutamente casuali. Io giocando a calcio mi ero laureato e poi ero tornato a casa in Friuli, insegnavo lettere alle scuole medie e avevo anche aperto uno studiolo di procuratore legale, quindi pensavo di essermi risistemato a casa, sennonché Radio Trieste bandì attraverso il Gazzettino Radiofonico un concorso nazionale della Rai per programmisti al quale non si presentò nessuno, allora mandarono delle lettere di invito ai giovani laureati della regione. Mi arrivò la lettera e andai a leggerla, più per curiosità che per altro, feci una serie di colloqui e una prova scritta sempre in quel settore dei programmisti, dopodiché mi spostarono a un contemporaneo concorso per radiotelecronisti perché era venuto fuori che avevo predilezioni sportive e che avevo un po’ giochicchiato a calcio, e con mia grande sorpresa venni assunto e mi toccò fare quello che quando ero giovane era un mestiere che non mi era particolarmente simpatico.”
Baggio è il miglior protagonista delle sue numerose telecronache?
“Sicuramente Baggio è uno di quelli a proposito dei quali era anche più facile fare la telecronaca, proprio perché era un giocatore che al di là della sua grande abilità trasmetteva la sua gioia personale di divertirsi giocando e di giocare pensando di far divertire anche quelli che lo guardavano. Un ragazzo molto dolce, bellissimo da vedere, di grande talento, anche se di giocatori straordinari ne ho commentati tanti in un periodo nel quale di talenti calcistici ce n’erano a iosa in circolazione, Baggio però sicuramente continua ad avere un posto di assoluto riguardo.”
Dopo la sconfitta della Juve in casa del Genoa, ci si può aspettare qualche sorpresa dalla Serie A?
“Senz’altro, anche se le avvisaglie iniziali di questo campionato sono state tali da lasciar supporre un nuovo dominio assoluto della Juventus, poi si sono verificate delle situazioni che hanno in qualche modo rettificato questo senso di onnipotenza calcistica della Juventus, che per la verità non ha mai giocato bene in questo scorcio stagionale, ma che continuava a fare punti e a vincere anche giocando poco bene, adesso continua a giocare non in maniera ottimale e a perdere qualche punto, e quindi c’è la possibilità di aprire la prospettiva di qualche lotta al vertice tale da rendere un po’ preoccupante il cammino per la Juventus. Qualche altra squadra potrà insidiare il suo primato, il problema è che le potenziali rivali non brillano per continuità di rendimento, hanno un andamento abbastanza altalenante, pertanto alla lunga può darsi che la Juventus riesca di nuovo a vincere con una certa facilità, però al tempo stesso per l’interesse del campionato vediamo se c’è la possibilità di rendere meno netta la superiorità della Juve.”
L’Italia è in buone mani con Ventura?
“Ventura è uno che sta lavorando molto bene, apre ai giovani e ha la fortuna di avere a disposizione un gruppo di giovani che in prospettiva può far bene, il ricambio generazionale potrebbe dargli una mano, cosa che non era avvenuta in precedenza. La crisi del nostro calcio è stata abbastanza evidente, perché dopo la generazione dei vari Baggio, Del Piero, il ricambio generazionale è stato molto avaro, con pochissimi bravi giocatori, e quindi ci sono stati molti problemi per le nostre squadre di club e per la nostra Nazionale. Adesso speriamo che Ventura, che ha la bravura, la capacità e soprattutto la costanza di cercare di insegnare un calcio propositivo, possa far bene.”
Dennis Izzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
“Se c’è un libro che vuoi leggere, ma non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo.”