Piove sul bagnato in casa Golden State Warriors. Le ultime due vittorie contro Brooklyn e Portland hanno riportato parzialmente il sereno dalle parti di San Francisco, interrompendo una striscia negativa di tre ko di fila. Tuttavia, le preoccupazioni non sono finite. I Dubs, infatti, devono fare i conti con la sospensione a tempo indeterminato (in realtà, di tre settimane secondo quanto riportato dal The Athletic) comminata dall’NBA a Draymond Green. Il giocatore dei Warriors è reo di aver colpito al volto Jusuf Nurkić – centro dei Phoenix Suns – nella gara vinta 119-116 dalla franchigia dell’Arizona la settimana scorsa.
L’episodio, avvenuto nel corso del terzo quarto, gli è costato l’espulsione immediata. La ventesima, per lui, in carriera. Non è la prima volta, infatti, che Draymond Green si rende protagonista di fatti del genere nel corso degli anni. La sensazione, però, è che questa sospensione – la sesta in carriera e la seconda di quest’anno – possa pesare particolarmente su una stagione già molto complicata per i Golden State Warriors.
Questi ultimi, attualmente, occupano l’undicesimo posto a nella Western Conference (12-14) e, quindi, sarebbero virtualmente fuori anche dal play-in. Il tutto, nonostante Steph Curry viaggi a 28 punti di media a partita. Il numero 30 è l’unico, tra i suoi, con almeno 20 punti per partita in questa regular season.
Draymond Green, la cui sospensione non gli impedirà di prendere parte alle sedute d’allenamento della squadra, è ancora oggi uno dei giocatori più importanti della squadra di Steve Kerr. 33 anni compiuti lo scorso 4 marzo, il vincitore del premio di Difensore dell’Anno nel 2017 e quattro volte All-Star ha recitato un ruolo di primo piano nelle storiche cavalcate dei suoi Warriors nei quattro titoli vinti. Anche nel corso di questa stagione, Green ha spesso e volentieri offerto un notevole contributo alla causa, a dimostrazione della sua importanza nello scacchiere tecnico-tattico dei Dubs.
In 15 gare, il numero 23 dei californiani ha messo a referto medie di 9.7 punti, 5.5 rimbalzi e 5.8 assist col 49% dal campo e il 43% da dietro l’arco. Inoltre, ha all’attivo due doppie doppie (10 punti e 10 rimbalzi contro Portland e 12 punti e 13 assist contro OKC). Da segnalare anche un season-high di 21 punti con 4/8 da tre contro i Clippers. Nelle gare giocate senza Green dal 2012, anno del suo ingresso in NBA con la 35ª scelta al Draft, i Warriors hanno un record di 65 vittorie e 63 sconfitte (poco più del 50%). Con l’Orso ballerino sul parquet, la percentuale sale notevolmente (67%, con 518 successi in 773 gare).
Un aspetto che evidenzia le grandi doti, sia da giocatore che da leader, di Green e che fa riflettere. Il suo nome risalta quasi sempre per gli episodi incresciosi di cui si rende protagonista, mettendo così in secondo piano le tante cose di rilievo che è in grado di fare in campo. Se il suo impatto sul parquet è fuori discussione, è altrettanto innegabile che i suoi atteggiamenti, spesso sopra le righe, abbiano causato non pochi problemi ai Golden State negli ultimi anni.
Nella scorsa stagione, lo stesso Draymond Green colpì con un pugno in allenamento l’allora suo compagno di squadra Jordan Poole, attualmente in forza ai Washington Wizards. Solo una delle tante occasioni in cui l’intemperanza del nativo di Saginaw, nel Michigan, ha preso il sopravvento.
“Penso che la sospensione abbia un senso. Questa situazione va al di là del basket ed è molto più importante. Dobbiamo aiutare Draymond, ha la possibilità di migliorare come giocatore e come persona. Non è una cosa per la quale si può fissare una data, come ha fatto la lega quando lo ha squalificato per cinque partite dopo l’episodio con Rudy Gobert. Io credo in lui, lo conosco da più di dieci anni, ma deve cambiare.”, ha dichiarato Steve Kerr, head coach dei Golden State Warriors, in merito alla recente sospensione di Draymond Green.
Draymond Green ha iniziato il percorso con un psicologo dell’NBA e tornerà a giocare non appena sarà pronto. Nel frattempo, non riceverà lo stipendio. Lo stesso cestista americano ha un contratto da 100 milioni di dollari complessivi fino al 2026-2027, con player option da poco meno di 28 milioni per l’ultimo anno di contratto. Tuttavia, il suo futuro in quel di San Francisco non è così scontato. Tutto dipenderà da come affronterà il percorso riabilitativo e dagli atteggiamenti che avrà quando tornerà in campo. I Warriors hanno il salary cap intasato e un’età media decisamente elevata. Per di più, al momento, i risultati non sono quelli sperati.
In un contesto del genere, se i Dubs dovessero decidere di privarsi di uno dei giocatori più rappresentativi della propria storia, numerose contender si farebbero ingolosire dalla possibilità di ingaggiare un polivalente veterano del suo calibro. Più volte All-Star e pluricampione NBA. Al contempo, le stesse squadre potenzialmente interessate al suo profilo non potranno fare a meno di pensarci su due volte prima di sferrare l’assalto decisivo. Ciò, in virtù dei suoi problemi comportamentali che, inevitabilmente, ne minano la credibilità sotto tanti aspetti. Che sia ai Warriors o altrove, Draymond Green ha la possibilità di riscrivere la sua storia personale in NBA. Sospensione permettendo.
Dennis Izzo
Fonte foto in evidenza: Sports Illustrated
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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