È buffo, a volte, ascoltare o leggere ciò che all’estero in molti pensano dell’Italia, soprattutto per quanto riguarda il classico cliché culturale “spaghetti e mandolino”. Nonostante questo, il Belpaese è lo Stato per eccellenza simbolo della letteratura e dell’arte. Italiani e stranieri cosa ne pensano?
L’Italia è da molti considerata la patria dell’arte, della pittura, della letteratura, della pasta e del folclore: Leonardo da Vinci per la Gioconda, Pirandello per Il fu Mattia Pascal e i tanti testi teatrali, Manzoni per I promessi sposi, la Barilla per la pasta, il presepe di San Francesco d’Assisi e così via… Tutto arricchisce l’elenco infinito delle meraviglie del Belpaese. Sebbene in molti provenienti da altri Stati non sappiano chi siano Giacomo Leopardi o Michelangelo Merisi, il patrimonio culturale italiano risulta essere, sebbene non amato e valorizzato ponderatamente, proprio la strategia di marketing per eccellenza che annualmente attira milioni e milioni di turisti in Italia.
La cinematografia, dal canto suo, da quasi un secolo continua a donare notorietà internazionale alla nazione: basti pensare a Federico Fellini con La dolce vita, a La vita è bella di Roberto Benigni, come anche a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, uno degli ultimi capolavori dei tempi moderni e vincitore del Premio Oscar nel 2014. A quanto pare, quindi, per poter valicare i confini, si deve trattare di kolossal vero e proprio che riconduca ai tratti tipici italiani. Non a caso, in To Rome with Love di Woody Allen del 2012, il regista americano ha introdotto quello che, in linea di massima, caratterizza lo Stivale: la lirica, la passione mediterranea, il fallimento di un matrimonio, come ne Lo sceicco bianco, fino alla neorealista trasposizione della vita di ragazzini che vivono nel quartiere romano di Trastevere e acquistano al mercato, il tutto molto simile a Vacanze romane con Audrey Hepburn e Gregory Peck.
Ci sono, nondimeno, atomi della grande massa della cultura italiana che non possono essere compresi a fondo, se non si è nati e vissuti nello Stato. Fra le tante, alcune parole del suo lessico, le quali non possono essere tradotte in lingua straniera poiché appartenenti a un codice particolarmente circoscritto, parte di popoli con determinati usi e costumi. Anche lo stesso edonismo di Jep Gambardella o le processioni sacre che si svolgono in alcuni paesini rappresentano i frammenti della civilizzazione e del progresso prettamente italici. Se, da un lato, è forse un peccato che qualcosa si perda nella veicolazione dell’immagine della nazione all’estero, dall’altro lato ciò preserverà forse quei tratti intellettuali, rimasti integri nonostante la globalizzazione di massa e che sono da proteggere come autentica identità.
Anastasia Gambera
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