Da quando esistono i dispositivi mobili, dotati di fotocamera, videocamera e quant’altro, è come sbocciata una sorta di frenesia nel voler immortalare qualsiasi cosa si abbia sotto mano, soprattutto piatti e luoghi di vacanze. In particolare, vi è una moda preminente sulle altre; quella di fotografare sé stessi e di caricare, poi, le foto su social network come Instagram e Facebook. Il nome che identifica questa tendenza è selfie (in molti casi anche selfie-mania), appellativo che somiglia molto alla parola selfish, che significa “egoismo”. Secondo una ricerca pubblicata da Linkiesta, questa forma di narcisismo acuto, che ha colpito moltissime persone (la maggior parte possessori di smartphone e tablet), è associata a un problema di fondo della società attuale, come l’an-affettività e il bisogno di coccolarsi.
Un altro studio, svolto dall’Università dell’Ohio, sostiene anche che un numero eccessivo di selfie, sottintende la presenza di problemi psicopatologici collegati alla personalità. Una profonda debolezza, connessa a un’altrettanta insicurezza, spingerebbe i soggetti a farsi innumerevoli selfie per compensare determinate mancanze, mediante, per esempio, i like. Qui, per egoismo, s’intende che, chi deifica sé stesso, attraverso un’istantanea, cerca, in realtà, di sminuire gli altri, con l’intenzione di farsi adulare e ammirare.
Conflitti interiori, disturbi della personalità, il bisogno di sentirsi approvati dagli altri sono tutte sfumature del profilo del cosiddetto “selfista compulsivo”. La necessità irrefrenabile di fotografarsi in continuazione sarebbe così finalizzata ad appagare quei vuoti mentali provocati dalla sfiducia verso sé stesso, così come dichiarato dalla psicoterapeuta francese Elsa Godart su Telegraph. In altre parole, questa fissazione non è altro che una patologia vera e propria dai contorni tutt’altro che rassicuranti. Una volta, quando lo sviluppo delle foto costava parecchio, nessuno si sognava di fotografare sciocchezze qualsiasi, anzi, si tendeva a ricercare la perfezione pur di non incorrere, poi, in eventuali sfocature che rovinavano il ritratto. Adesso che, invece, possiamo cancellare e riscattare le foto, è tutto molto più semplice. E se questa possibilità avesse, purtroppo, fatto sviluppare ben altri problemi? È proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio, i vecchi saggi non si sbagliavano mai.
Anastasia Gambera
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