Jordan Tinti il suo vero nome, Jordan Jeffrey Baby il nome d’arte da trapper. Un ragazzo che, nonostante la giovane età, ne aveva passate tante: una condanna per rapina aggravata dall’odio razziale, diversi tentativi di suicidio, la depressione, la passione per la trap. Si trovava in carcere per scontare quattro anni di pena quando è stato trovato morto nella sua cella, suicida. Aveva denunciato maltrattamenti e abusi subiti all’interno del carcere.
Jordan, 27 anni, stava scontando nel carcere di Torre del Gallo (Pavia) una pena di quattro anni e quattro mesi per un crimine commesso nel 2023 in un sottopassaggio della stazione di Carnate (Monza e Brianza). Qui, complice il suo collega trapper Traffik, Jordan ha aggredito un operaio 40enne, rubandogli la bicicletta. La rapina è stata aggravata dalla violenza verbale a sfondo razziale: i due, infatti, mentre aggredivano l’operaio, urlavano minacce e offese razziste: “Sei nero, ti ammazziamo!“. Il tutto è stato anche immortalato da un video.
Il trapper è stato condannato a quattro anni e quattro mesi per il reato sopra citato. Il suo complice, Traffik, dovrà invece scontare cinque anni e quattro mesi.
La permanenza in carcere non è stata affatto semplice per Jordan. Subito dopo l’aggressione all’operaio era stato recluso nella casa circondariale di Monza. Solo successivamente è stato trasferito nel carcere di Pavia, dove inizialmente è stato trasferito nella sezione “protetti” per arginare una possibile reazione da parte della comunità africana.
Qui ha più volte tentato il suicidio, forse in seguito alle aggressioni subite e più volte denunciate, che potrebbero aver acuito la sua depressione. L’ultima volta era stato trovato in cella con un’ampia ferita alla testa, accasciato a terra accanto a una lettera d’addio rivolta al padre.
Tre mesi fa era stata accettata la richiesta di trasferimento in comunità per affidamento terapeutico. La misura era però stata sospesa dal Tribunale di Sorveglianza, che ha sorpreso il giovane in cella con uno smartphone e un pacco di sigarette.
«Ho ceduto e perso la mia più importante battaglia: quella contro la depressione, che mi affligge da mesi ormai. Non avrei molto da aggiungere, ma allo stesso tempo ho un’infinità di cose. Ma le lacrime che sto versando mentre ti scrivo tutto ciò mi bloccano e limitano a chiederti solo scusa e perdono. Scusa per non essere mai riuscito ad essere il figlio perfetto né tantomeno mai un buon figlio. E scusami per tutto il dolore arrecato in questi anni e al dolore ti arrecherà questo mio gesto disperato, ma ti chiedo di comprendere allo stesso tempo tutto il dolore percepito, al quale oggi voglio porne fine. Ovunque sarai sarò sempre con te, non dimenticarlo. Che giustizia venga fatta, con o senza di me in vita. Non smettere mai di lottare. Fallo per me». Lo riporta Vanity Fair.
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Nata a Catania nel lontano 2002, la piccola Alice si è sempre distinta per la sua risolutezza e determinazione.
Dopo aver deciso di voler diventare un’archeologa, poi una veterinaria e poi un’insegnante, si iscrive al Liceo Linguistico Lombardo Radice e scopre le sue due grandi passioni: la scrittura e le lingue straniere, che decide di coniugare iscrivendosi alla facoltà di Scienze e Lingue per la Comunicazione.