Il mondo ci vuole competitivi e ‘sempre sul pezzo’. Ma per raggiungere il successo, bisogna davvero porsi l’obiettivo di superare l’altro?
Quante cose fai o sai fare? Non importa come, ma quante. Più ne fai, più sarai degno di considerazione sociale. E allora stiamo tutti lì, a costringerci a somigliare ad un’idea di noi che gli altri hanno, ma che spesso, non corrisponde al nostro essere. Saremo felici?
Sembra che qualcosa stia cambiando e che ci si inizi a rendere conto che accettare ciò che si è, possa veramente metterci in condizione di esprimere il nostro potenziale. O almeno questa è la tesi di Svend Brinkmann, professore di Psicologia all’Università di Aalborg in Danimarca. Dopo aver scritto il suo libro ‘contro il self-help’ , è diventato un intellettuale di riferimento per rispondere agli interrogativi della vita liquida moderna, come direbbe Baumann.
Chi “mette radici” non dovrebbe essere in una posizione di svantaggio. Perché mettere radici significa avere famiglia e amici. «Al giorno d’oggi – spiega Brinkmann – cambiamo lavoro, partner e casa, con maggiore frequenza rispetto alle generazioni precedenti. Siamo propensi a dire che qualcuno che ha messo radici, sia per questo motivo, bloccato in un posto».
«Nelle learning organizations in cui lavoriamo – scrive ancora il Professor Brinkmann – l’unica costante è il cambiamento continuo: una cosa di cui possiamo essere sicuri è che quanto avremo imparato ieri, domani sarà già obsoleto». In questa corsa eterna, chi inciampa, potrà imbattersi contro quella che definiamo come la malattia del secolo: la depressione.
La tesi è interessante, il fine è quello di proporre un’alternativa alla cultura dello sviluppo di sé, quello asettico, si intende. Bisogna comprendere come vivere con ciò che già siamo, non con quello che saremo o vorremmo essere.
«Una delle tesi principali del libro – afferma il suo autore – è che le lamentele, le critiche, la malinconia possono essere utili. Estraniarsi dalla cultura del sorriso imposto, potrebbe servire ad accorgersi che quel bicchiere che ci avevano descritto come mezzo pieno è, in realtà, mezzo vuoto».
Trovare un punto fermo nella nostra vita o superare sempre nuovi ostacoli. E se ci fosse un’età giusta per prediligere la prima piuttosto che la seconda scelta? L’opera di Brinkmann riporta alla luce gli insegnamenti dello stoicismo, che noi non apprenderemo certo sotto un portico (significato della parola greca stoà, da cui deriva il termine stoicismo), ma leggendo, forse, un e-book.
La virtù è per gli stoici vivere secondo natura, accettando il destino: chi vi si oppone, sarà condannato all’infelicità. Dove sta quindi, la verità? «Non aspettare di avere tutto dalla vita per essere felice, hai già la vita per godere di tutto». Mondo in corsa, e noi con lui, ma imparare a stare fermi, come assicura lo psicologo, procurerebbe un piacevole godimento destinato a durare per sempre. Ci crediamo?
Maria Giulia Vancheri
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Maria Giulia, che in una parola si definisce logorroica, è una studentessa 24enne di giurisprudenza, a Catania. Dopo anni passati sui libri ha pensato bene di iniziare a scrivere per non infastidire più chi non volesse ascoltare le tante cose che aveva da dire. Riconosce di essere fashion… ma non addicted. Ama il mare e anche durante la sessione estiva non rinuncia alla sua nuotata giornaliera, che le rinfresca il corpo e i pensieri.
Crede fermamente che chi semina amore, raccolga felicità