I social network sono ormai diventati il pane quotidiano di molti: ecco perché la maggior parte degli utenti iscritti, già appena sveglia, accede a uno di essi per controllare notifiche e quant’altro, al punto da rendere tale abitudine quasi patologica. Non a caso, studi recenti hanno constatato che le piattaforme di comunicqzione virtuale hanno totalmente preso in mano le redini dell’esistenza umana.
La storia del Web è direttamente collegata allo sviluppo delle reti di telecomunicazione, nate intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso e la cui ascesa ha avuto inizio negli anni Ottanta. Negli anni Novanta, infine, con l’introduzione del World Wide Web è ufficialmente iniziata l’era tecnologica per eccellenza: quella di Internet nelle case di ciascun cittadino. Secondo le più recenti stime, la cittadinanza intercontinentale è passata da sette miliardi di persone a quasi sette miliardi e mezzo: fra questi, si registrano oltre due miliardi di utenti socialmente attivi sui media communications. Fra i due miliardi di profili attivi sui social network, si è rilevato in totale un 29% di penetrazione: la percentuale maggiore di accessi appartiene a Singapore (66%), mentre l’Italia, al contrario di Francia (45%) e Germania (35%), su un 60% di accessi a Internet in generale fa riportare oltre il 46% di ingressi giornalieri, alle piattaforme social in particolare. Gli internauti italiani trascorrono, infatti, circa 6-7 ore al giorno connessi specialmente a Facebook, che quotidianamente registra 1366 miliardi di utenti attivi. Nondimeno, negli ultimi anni anche su WhatsApp vengono superati i 600 milioni, cifra che rende apertamente l’applicazione la più utilizzata mensilmente.
Attraverso le stime sopracitate, si comprende che il mondo di Internet riveste un ruolo quasi predominante nella vita quotidiana degli individui. Tuttavia, quasi nessuno si preoccupa né si spiega del tutto perché riceva spesso, o nella propria casella di posta elettronica o per mezzo di pubblicità che si aprono all’improvviso durante la navigazione, offerte su prodotti di ogni tipo. Il motivo risiede nel fatto che la rete telematica mondiale è solita annotare qualsivoglia movimento effettuato da un utente, poi postillato e trasformato in réclame. Anche le stesse emozioni, passioni e obiezioni palesate in un social sono registrate, ecco perché spesso si consiglia non stipare mai il proprio profilo di notizie troppo specifiche su di sé o di fotografie di bambini.
Anche alla luce di tali meccanismi, alcuni rimpiangono i vecchi tempi, in cui senza apparecchi elettronici il tempo libero si trascorreva fra giochi e passatempi semplici: eppure, coloro che si lamentano sono spesso gli stessi che fanno un uso scorretto delle suddette piattaforme. Alcune ricerche scientifiche hanno accertato che il loro utilizzo spropositato sia diventato quasi una malattia, la quale determina addirittura alcune complicazioni: ansia, malumore, irritabilità crescente, alterazione dell’umore senza particolari motivazioni, deterioramento della capacità di giudizio, modificazione o annientamento dell’obiettività, aumento del cyberbullismo principalmente fra adolescenti, distorcimento dell’attenzione (poiché i social impongono continuamente un atteggiamento multitasking)… Come se non bastasse, tali realtà ampliano convulsamente il senso di competitività e sostituiscono molte attività pratiche con altrettante virtuali. Il quadro che ne deriva sembrerebbe terribile all’apparenza, tanto da spingere alcuni a cominciare immediatamente a contenere l’attaccamento a simili piattaforme, ma, come accade per ogni tipo di utilizzo, il consiglio è quello di mantenere il giusto equilibrio, senza diventare vittime di una società allontanata dalle questioni realmente importanti e impegnata a ritrovare (o camuffare) se stessa attraverso monitor e display.
Anastasia Gambera
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