Ugo Foscolo dovrebbe far visita ai giovani d’oggi. All’ombre de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto, il sonno dello scrittore ottocentesco sarà, probabilmente, destato dal vedere (dall’alto) una gioventù molle e piatta. Un palpabile immobilismo ha confinato la generazione contemporanea entro un’ottica di vita spesso un po’ troppo improntata al “carpe diem”: cogli l’attimo! Un vivere alla giornata fatto di soli piaceri superficiali e frivoli, senza uno spiraglio di ambizione per il futuro, potrebbe scuotere le ossa del vecchio Foscolo e indispettirlo. Quest’uomo coraggioso e desideroso di riconoscimenti immortali è riuscito a rendere i sepolcri, le tombe, un luogo denso di speranze e valori. Forse è questo che oggi ci manca. La voglia di essere ricordati tra i posteri, il desiderio di essere validi e utili per gli altri. Come se il nostro essere di passaggio, al di là del proprio credo, vada preso in modo quanto più letterale possibile. Approfittare di un’esistenza limitata per limitarsi a stare nel proprio nido. È vero che Foscolo stesso diceva che per essere grandi e per essere ricordati non bisogna necessariamente – parafrasando con creatività – fare i supereroi. È possibile conquistare la gloria anche nel proprio piccolo, tra i parenti e le persone che ci circondano. Ciò che conta, tuttavia, è avere un’indole propensa alle buone azioni, valorose, che siano nella cronaca di paese o in quella mondiale.
Foscolo compone i suoi Dei Sepolcri in occasione dell’Editto di Saint Cloud del 5 settembre 1806, una normativa nata in Francia ed estesa in Italia fondata sui principi della Rivoluzione Francese. L’editto prevedeva il divieto di sepoltura nel centro della città per motivi igienici e il controllo delle iscrizioni funerarie: epigrafi uguali per tutti. Le tombe sarebbero state un simbolo dell’uguaglianza di tutti i cittadini, non concedendo, com’era sempre stato in passato, validi riconoscimenti a chi nel corso della sua vita si era distinto per nobiltà d’animo, anche se più spesso per nobiltà di sangue. Senza il simbolo di un riconoscimento postumo, Foscolo si sente come privato di un incentivo alla gloria. E non solo per lui, ma per tutti i giovani validi che l’Italia in bilico dell’Ottocento necessita.
E se avesse ragione? Se l’idea che in base a ciò che facciamo le nostre ceneri possano assumere una forma quanto più celebre? A noi, una volta morti, non cambierebbe nulla; eppure, potrebbe davvero valere qualcosa per i posteri. Forse non per tutti, ma per chi, volente o nolente, si trova un po’ bloccato nel quotidiano servirebbe da vero stimolo come sprone di una visione allungata della propria vita. Come se le nostre azioni non debbano necessariamente essere legate all’hinc et nunc, al qui e adesso.
È chiaro che si tratta di un mero simbolo, ma ogni tanto rispolverare i grandi pensatori del passato, nonché forgiatori di quello che siamo adesso, è sempre una valida occasione per trarre spunto e prendere iniziativa!
Giulia Sorrentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.