«Letteratura e giornalismo utilizzano lo stesso mezzo: la scrittura. Ciò nonostante, i prodotti editoriali della prima, nei casi più fortunati, sono destinati a restare nel tempo, mentre gli articoli di giornale, raramente». Si apre così il saggio di Alberto Molino, Lo scrittore e il giornalista, interazioni fra ruoli e forme, pubblicato nel 2016 sul circuito Amazon e che, attraverso un’analisi sintetica e completa di parallelismi e differenze fra giornalismo e letteratura, riesce a presentare un notevole excursus dei casi più emblematici in cui occuparsi di attualità non ha escluso l’interessarsi di narrativa, e viceversa.
Dal punto di vista della struttura dell’opera, sul piano diacronico si osserva una ricostruzione degli “ibridi” che comincia con i feuilleton del XIX secolo e giunge fino agli anni 2000, con particolare riferimento al modus scribendi di Oriana Fallaci da un lato e di Tiziano Terzani dall’altro. All’interno dei singoli periodi storici, vengono a propria volta nominati intellettuali dalle caratteristiche peculiari, che sul piano sincronico permettono a chi legge di avere una chiara visione d’insieme del fenomeno di commistione tra il mondo dei giornali e quello delle belle lettere, al cui interno viene ricordato l’importante lavoro svolto da chi si occupa della revisione testuale e grafica dei contenuti, prima che questi vengano dati alle stampe.
Dallo studio, costantemente arricchito di informazioni sulle modalità procedurali che hanno fatto la storia di entrambi i versanti – dal J’accuse di Émile Zola alle prime testimonianze di New Journalism di Tom Wolfe – emerge dunque una concezione dell’universo della parola scritta per la quale le storie di guerra non sono necessariamente agli antipodi rispetto a certi best-seller e i romanzi di Dickens non appaiono affatto estranei alla denuncia sociale mediatica. In particolare, le «convergenze» fra i due ambiti riguardano la contaminazione di stile e contenuti: ecco come si spiega che un narratore come Dino Buzzati si esprima «privilegiando un registro asciutto, ricco di allegorie e spiegazioni sintetiche», o che esistano «testi giornalistici divenuti celebri grazie ai metodi letterari adottati nella loro composizione».
Ne risulta un’argomentazione serrata e minuziosa, consapevole e onnicomprensiva, nella cui conclusione è impossibile non notare l’intenzione di un «superamento della linea di demarcazione tra i generi», soprattutto quando vengono trasmessi «messaggi che sarebbe anche solo stupido tentare di recintare dentro definizioni precotte», come fa presente l’autore stesso. Scrittore e giornalista non sono, pertanto, figure granitiche e a sé stanti, quanto piuttosto ruoli complementari e interconnessi, che costantemente attingono l’uno all’altro, in uno scambio reciproco di cui il volume in questione costituisce una considerevole riprova.
Eva Luna Mascolino
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