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Tra l’incudine e il martello – Trump vs. FBI e lo shutdown di Washington
14 Gennaio 2019
EsteraBest politik

Tra l’incudine e il martello – Trump vs. FBI e lo shutdown di Washington

Home » Best politik » Estera » Tra l’incudine e il martello – Trump vs. FBI e lo shutdown di Washington

Washington, USA – Giorno ventitré di shutdown della Casa Bianca. 800.000 lavoratori non ricevono il loro stipendio, il personale di sicurezza negli aeroporti è in emergenza, le corti federali sono bloccate e i musei pubblici rimangono chiusi.
Nove su quindici dei dipartimenti federali del Governo degli Stati Uniti soffrono per il blocco delle attività della Casa Bianca mentre Democratici e Repubblicani continuano a essere irrimediabilmente divisi in merito al border wall – punto focale della campagna presidenziale di Donald Trump – e alle politiche anti-immigrazione proposte dal  vertice del GOP.

I precedenti tentativi di dialogo tra il Presidente e i leader dell’opposizione Nancy Pelosi (Speaker della Camera) e Chuck Schumer (Leader della Minoranza al Senato) sono stati brevi e infruttuosi. L’ultimo incontro, tenutosi il 9 gennaio, ha visto Trump abbandonare il meeting dopo aver incassato il rifiuto categorico sui fondi necessari alla costruzione del Muro (circa $5 miliardi e mezzo); Trump ha, poi, affidato a Twitter la sua risposta, incolpando la Pelosi e i Democratici per lo stallo del Governo.

Just left a meeting with Chuck and Nancy, a total waste of time. I asked what is going to happen in 30 days if I quickly open things up, are you going to approve Border Security which includes a Wall or Steel Barrier? Nancy said, NO. I said bye-bye, nothing else works!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 9, 2019

La corrente emergenza governativa e l’ulteriore calo di gradimento nei sondaggi che Trump soffre ultimamente hanno portato alcuni advisor della Casa Bianca a suggerire al Presidente di dichiarare lo stato di emergenza nazionale: ipotesi che sembra prendere piede al passare di ogni giorno di questo shutdown; possibilità che garantirebbe al Governo di reindirizzare fondi e risorse da ministeri e agenzie federali per realizzare il tanto agognato e controverso border wall di cui l’America trumpista sembra aver disperatamente bisogno.

Se fossero tempi normali, il più lungo stop dell’attività governativa nella storia della Casa Bianca sarebbe – sicuramente – la notizia più importante degli ultimi giorni. Tuttavia, quando una controversa celebrità televisiva miliardaria con dubbi collegamenti con la malavita e l’intelligence russa diviene Presidente degli Stati Uniti, è inevitabile che qualsiasi canone di normalità deve essere gettato fuori dalla finestra.
Solo pochi giorni fa, infatti, il New York Times ha rivelato di come la FBI abbia aperto, nel 2017, un’indagine sulla possibilità che Donald Trump sia segretamente una risorsa russa.

Robert Mueller, ex-direttore della FBI e prosecutore speciale delle indagini sul Russiagate

Robert Mueller, ex-direttore della FBI e prosecutore speciale delle indagini sul Russiagate

L’indagine ha preso vita a seguito del licenziamento dell’ex direttore della FBI James Comey, nel Maggio dell’anno scorso e – da quanto si apprende dallo scoop del Times – si concretizza in due punti centrali: valutare se il licenziamento di Comey abbia costituito intralcio alla giustizia e se questi sia stato licenziato per le inchieste relative alla influenza russa nelle elezioni del 2016.
Secondo il Times, l’intima connessione tra i due punti ha spinto la FBI a considerare il caso come una vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale; aspetto che ha allarmato i political insiders americani perché significherebbe che il Presidente avrebbe perseguito gli interessi di uno Stato straniero: in questo caso, gli interessi della Russia e di Vladimir Putin.
«Ho appena licenziato il capo della FBI. Era pazzo, un vero squilibrato […] Ero sotto parecchia pressione da parte della Russia» diceva Trump un anno fa in occasione della visita dei diplomatici russi in visita alla Casa Bianca.
Ufficialmente, il licenziamento di Comey fu motivato dalla dubbia gestione dell’inchiesta Clinton e da supposti (e mai confermati) malumori all’interno della FBI; oggi, sembra sempre di più concretizzarsi quell’ipotesi di collusione che si è paventata sin dall’inizio delle indagini del Russiagate.
Ciò ha spinto fortemente gli inquirenti e il mondo intero a porsi una domanda: è possibile che il Presidente americano sia stato un asset russo sin dall’inizio ?

Sembra la trama di un libro di Tom Clancy o di Ian Fleming, eppure è realtà: ieri, Jeanine Pirro – conduttrice di Fox News – ha letteralmente chiesto «Signor Presidente, lavora o ha mai lavorato per la Russia ?».
I tentativi di sviare la domanda hanno del grottesco e l’ira che Trump ha riversato nei confronti del Times e del Washington Post non hanno fatto altro che suonare altri campanelli d’allarme.
Fox News non è certamente un baluardo di imparzialità e la sua vicinanza con l’amministrazione Trump è nota al mondo intero, eppure il Presidente non sembra sentirsi al sicuro nemmeno ai microfoni della sua TV di Stato: anche qui ha bisogno di parlare di complotti e di cacce alle streghe quando avrebbe potuto negare qualsiasi sospetto di collusione.

Francesco Maccarrone

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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