Nel 1987 si è tenuto il primo referendum abrogativo contro il nucleare in Italia a seguito del quale le quattro centrali nucleari furono chiuse. Nel 2011, a distanza di più di un ventennio, gli italiani furono nuovamente chiamati a esprimere la propria preferenza sulla questione dell’energia nucleare e ancora una volta il sì prevalse. In quella occasione, infatti, oltre il 95% dei votanti scrisse “sì” e fu addirittura superato il quorum minimo necessario per la vittoria del referendum con il 57% degli aventi diritto al voto recatisi alle urne.
A tal proposito, è probabile che lo spettro del disastro di Chernobyl, in Ucraina, abbia avuto un’influenza determinante nel condizionare gli elettori italiani. In quella occasione, precisamente il 26 aprile del 1986, a Chernobyl esplose la più grande centrale nucleare mai costruita fino ad allora, disastro che provocò delle conseguenze irreparabili in termini di mutazioni della flora e della fauna ancora oggi visibili e rilevabili dalle agenzie di controllo e monitoraggio del territorio.
A quanto sembra, però, quello stesso disastro non è riuscito a condizionare il referendum in Italia dell’aprile 2016 in occasione del quale gli italiani sono stati nuovamente chiamati alle urne per esprimere la propria preferenza su un altro tema di impatto ambientale: le trivelle. La novità, rispetto al passato, è stata data dal fatto che per la prima volta in Italia il referendum è stato proposto dalle Regioni e non a seguito della raccolta di firme; stavolta, però, il quorum non è stato raggiunto. Le concessioni petrolifere, dunque, resteranno in vigore fino al naturale esaurimento dei giacimenti petroliferi. Nella speranza che non accadanno mai incidenti come quelli del Golfo del Messico nel 2010 che danneggerebbero l’ambiente e con esso il turismo, entrambi importante fonte di ricchezza per il Belpaese.
Ester Sbona
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