Fase 2: quali misure preventive dovranno adottare i ristoranti e bar quando riapriranno? L’esempio della Cina e della Corea del Sud prospetta uno scenario di mascherine, distanze di sicurezza, e non solo
Caffè al banco circondati da estranei, lunghe tavolate da più di 20 persone, code lunghissime, in lista d’attesa, per cenare alle 23 il sabato sera, eccetera, saranno solo un lontano ricordo. La Fase 2 italiana inizierà tra pochi giorni, e anche se i contorni non sono ancora ben definiti, bar e ristoranti potranno continuare i domicili e implementare l’asporto a partire dal 4 maggio; tutto questo, fino all’1 giugno, data prevista per la tanto attesa riapertura ufficiale. E naturalmente, la ristorazione cambierà rispetto a quella a cui si era abituati prima della diffusione del Coronavirus.
In tal senso, un celebre ristoratore americano con origini coreane, David Chang, ha voluto farsi un’idea di quali potrebbero essere le misure da adottare per la riapertura di bar e ristoranti. Così (come riporta il Post), ha lanciato un sondaggio su Twitter a cui hanno risposto migliaia di colleghi cinesi e coreani: da questo è venuto fuori che, nelle principali città della Cina e della Corea del sud, i rispettivi locali hanno preso misure di sicurezza autonome.
Bar e ristoranti di Taipei riempiono fino al 70% della loro capienza; il personale indossa mascherine e guanti, e viene fornito ai clienti un gel detergente durante il pasto. Alcuni locali, inoltre, misurano la temperatura alle persone prima di entrare, ed effettuano la chiusura il pomeriggio.
Qui, i locali possono riempirsi al 50%, viene misurata la temperatura, che non deve superare i 37.5 per chi entra nel luogo di ristorazione; inoltre, il cittadino deve presentare, all’ingresso, il codice QR presente nell’app governativa, affinché il ristoratore possa accertare lo stato di salute del cliente.
Nel primo periodo di apertura, A Shenzen le misure sono state molto più ferree. La temperatura dei clienti, misurata all’ingresso, non doveva superare i 37.3 gradi, per di più, vi era l’obbligo di indossare la mascherina durante tutto il pasto, spostandola solo per mangiare e rimettendola se ci si allontanasse dal tavolo. Quest’ultimi, addirittura, sono stati dotati di pannelli di plexiglass posizionati a distanza tra loro di almeno un metro. I fast food con tavoli molto stretti, hanno avuto l’obbligo di far sedere una singola persona per postazione, oggi, invece, le misure si stanno pian piano allentando.
Clienti e personale dei ristoranti tengono sempre su la mascherina, a eccezione del momento del pasto; ma nella città in questione, siffatta pratica era già in uso prima della diffusione del virus. L’unica differenza è che tutti i tavoli sono dotati, anche adesso, di detergenti disinfettanti.
A Shangai, il personale indossa le mascherine così come i clienti. Alcuni locali hanno anche dei macchinari all’ingresso che disinfettano la persona in tutto il corpo; altri, sterilizzatori di posate e piatti in pentole bollenti da effettuarsi davanti al cliente proprio prima di apparecchiare i loro tavoli.
Cosa avviene, invece, nei grandi franchising? Grosse catene, come il McDonald’s di Pechino, obbligano i dipendenti a indossare la mascherina, segnando, sul pacchetto da asporto, anche la temperatura corporea. Mentre la catena Yardbird di Hong Kong (specializzata in pollo fritto), ha separato ogni tavolo con i pannelli.
Confrontandosi, quindi, con lo scenario asiatico, anche in Italia le cene e i pranzi tipici di una volta – con abbuffate di cibo e scambi di sorrisi – saranno poco probabili. Vederne, poi, dietro le mascherine, praticamente impossibile.
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.