In casa Rai è in atto una rivoluzione televisiva. Tra conduttori storici andati via, altri dimessi e altri che potrebbero farlo. Programmi cancellati e alcuni in cui potrebbero figurare nuovi conduttori più vicini al governo Meloni.
Negli ultimi giorni ha fatto discutere parecchio l’abbandono di Fabio Fazio dalla Rai, volto storico della televisione italiana. C’è chi trova nel compenso la ragione della separazione, affermando che sarebbe andato via lo stesso, formando con Discovery. Poi c’è chi lo accusa di vittimismo (cosa che lui nega affermando di non sentirsi una vittima). Sta di fatto che la Rai (Rai Tre) perde uno dei conduttori più amati e uno dei programmi più visti in Italia.
Fazio ha segnato un epoca con la sua trasmissione Che tempo che fa, intervistando tutti i volti famosi d’Italia e non, tra giornalisti e politici, scrittori, imprenditori, sportivi, personaggi dello spettacolo e persino il Papa. Una figura importante a cui raccontare i propri successi. Dopo la puntata di domenica 28 maggio, la trasmissione ha chiuso definitivamente.
Una mossa per alcuni da inquadrare dal punto di vista politico, dal momento che il programma fatturava quasi mezzo milione di euro a puntata. Una presa di posizione considerata da molti un auto-sabotaggio da parte del governo Meloni. Ad alimentare le supposizioni la posizione dell’attuale Governo, che non ha mai nascosto antipatie sia per Fazio che per il programma. Emblematico, in tal senso, il tweet di Salvini: “Belli, ciao!” con la foto dei due conduttori.
E sembra che questo episodio possa rappresentare ancora una volta un terreno di scontro, dato che alcune trasmissioni sono sempre state additate come fazione, in favore di una o dell’altra parte.
Dal prossimo anno, quindi, Fazio, insieme alla sua spalla comica Luciana Littizzetto, condurrà su Canale 9 per Warner Bros, Discovery. Un acquisto a cui i dirigenti della rete privata americana tengono molto. Questo il commento di Fazio: «Non tutti i protagonisti sono adatti per tutte le narrazioni».
Dall’altra parte, più pungente la Littizzetto, che ha inviato una lettera all’attuale governo, con un “bello, ciao!” finale rivolto al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.
Un effetto domino, che ha portato alle dimissioni della giornalista Lucia Annunziata. In bilico, tra l’altro, sono considerati Antonella Clerici, Amadeus, Massimo Gramellini e Marco Damilano.
L’ennesimo episodio che ha acceso i riflettori sulla Rai e su un necessario cambiamento di gestione: Un percorso che porti alla totale assenza di politica all’interno del servizio. Una libertà di cui si è parlato già nel 2015, ma mai attuata fino in fondo.
Tutto questo polverone si è alzato quando l’ormai ex amministratore delegato Carlo Fuortes si è dimesso dalla sua carica per far posto a Roberto Sergio. Secondo Fuortes, la sua posizione era precaria dall’inizio dell’anno e non c’erano più le condizioni per andare avanti. L’ex ad si dice preoccupato per le sorti dei futuri programmi Rai. L’amministratore delegato, infatti, è il ruolo più importante nella televisione pubblica, possedendo piena autonomia e importanti poteri decisionali. Il suo prestigioso ruolo gli permette di nominare e scegliere dirigenti di prima e seconda fascia, comprendendo anche i direttori delle varie reti televisive.
Non solo, può assumere anche giornalisti e stipulare contratti non oltre i dieci milioni di euro senza autorizzazioni di corpi esterni. Oltre la soglia dei dieci milioni di euro ha bisogno dell’autorizzazione del Consiglio di amministrazione.
Diversamente, invece, il cda è più limitato sui poteri operativi, ma risulta essere importante riguardo le approvazioni di gran parte delle nomine apicali.
Opinione comune è capire quale sia il futuro organizzativo dell’emittente e la tipologia di programmazione. Il nuovo ad Sergio, infatti, già è stato accusato di dirigere la TeleMeloni, una battuta sarcastica cui Sergio ha dissentito totalmente.
Quello che è certo è che il servizio dell’informazione trasparente e la qualità delle trasmissioni dovranno essere garantite nell’interesse del Paese.
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.