La tregua voluta da Stati Uniti e Russia per la delicata questione siriana, al termine di un tortuoso negoziato che si era protratto di oltre 13 ore, rischia in questo momento di vacillare facilmente sotto i colpi delle armi. Se da un lato l’ordine di cessare il fuoco ha spianato la strada al cordone di aiuti umanitari invocato da mesi dalla diplomazia internazionale, dall’altro la flebile tregua è seriamente messa a dura prova da continue violazioni sia da una parte che dall’altra.
L’esercito russo non ha tardato a segnalare alcuni episodi che si sono verificati nelle ultime ore. Un colpo di mortaio esploso tra le alture del Golan ha rotto il silenzio imposto alle armi tra le forze armate del presidente Bashar al-Assad e il gruppo dei combattenti ribelli. Sembra avvolto nel mistero, invece, il presunto abbattimento di un caccia e di un drone israeliani ad opera dell’Aeronautica militare siriana, avvenuto presumibilmente a sud-ovest di Qunaytra. Nel frattempo un convoglio carico di cibo e medicinali, predisposto dall’agenzia World Food Programme delle Nazioni Unite, ha raggiunto in queste ore Aleppo (ormai ridotta a un cumulo di polvere e macerie) e le altre località martoriate dal conflitto, passando dal confine con la Turchia.
Indubbiamente ci troviamo di fronte all’ennesima tragedia senza fine, che ha spogliato completamente il Paese arabo delle sue risorse interne. Ormai si contano oltre 300 mila vittime (tra cui 86 mila civili che hanno perso la vita in maniera ingiusta) dall’inizio di questa violenta e sanguinosa guerra civile scoppiata nel 2011, all’alba delle numerose “Primavere arabe” dai risvolti storici e politici pressoché nulli. La cessazione momentanea del conflitto era stata salutata dall’Osservatorio siriano sui diritti dell’uomo quale occasione proficua per far sì che si aprisse finalmente uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, tuttavia la transizione politica del Paese per il momento appare lontana e la tensione resta altissima sui fronti di guerra più caldi.
Gabriele Mirabella
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