La storia da sempre è passato, presente e futuro di ogni singolo uomo componente l’immensa comunità del pianeta terra e, come tale, sia nel bene che nel male non può essere riscritta o manipolata: tuttavia, sembrerebbe che a distanza di settant’anni qualcuno con le sue parole stia cercando, volontariamente o meno, di cambiare quella del tristemente noto Olocausto.
Durante il Congresso mondiale sionista tenutosi lo scorso 21 ottobre 2015, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che, in realtà, la colpa dello sterminio dei sei milioni di ebrei – meglio conosciuto con il nome di Olocausto – sarebbe in particolar modo stato fomentato dal muftì palestinese (figura religiosa di spicco, in grado di emettere un responso giuridico su una questione astratta) di allora, Aj Amin al-Husseini, il quale convinse Hitler a sopprimere gli ebrei, poiché quest’ultimo avrebbe solamente voluto espellerli dalla Germania e solo in seguito, condizionato da Husseini, si decise a passare alla cosiddetta “soluzione finale della questione ebraica”. Con tale espressione, i nazionalsocialisti si riferivano, nel 1940, agli spostamenti forzati compiuti con la deportazione della popolazione ebraica e, dall’agosto 1941, l’espressione fu utilizzata per definire lo sterminio di essa. «Cosa dovrei fare con loro?» chiese Hitler a Husseini, ed egli vi rispose «Bruciali!», affinché non finissero, una volta cacciati, in Palestina. Doccia fredda per il mondo intero, soprattutto per lo Stato palestinese che vedrebbe, qualora fosse vero, ricadere su di sé la colpa del più grande genocidio di tutti i tempi.
Figure importanti come il leader palestinese Abu Mazen e il segretario dell’ONU Ban Ki Moon hanno circoscritto le parole proferite da Netanyahu come “indifendibili e assolutamente diffamatorie”; inoltre, Abu Mazen sostiene fermamente che esso stia cercando di riscrivere la storia, lanciando, oltretutto, accuse infamanti verso lo stato della Palestina. Il capo dell’opposizione Itzjak Herzog si è espresso biasimando fortemente il Primo ministro israelita, responsabile di stare compiendo una temibile distorsione storica, minimizzando per di più la Shoah. Come ricorda il quotidiano ebraico Haaretz, Netanyahu aveva già avanzato questa tesi nel Congresso sionista del 2012 alla Knesset, designando il muftì come il maggior colpevole di tutto. Molti storici si sono così espressi al riguardo, manifestando comunque il fatto che l’incontro tra Husseini e Hitler ci fu, ma che quest’ultimo non venne in ogni caso influenzato, dal momento che la soluzione finale della questione ebraica aveva già avuto inizio. In questo modo, Hitler verrebbe assolto all’istante da ogni colpa sul massacro avvenuto esattamente settant’anni fa.
Il segretario generale dell’OPL (Organizzazione per la liberazione della Palestina), Saeb Erekat, si è scagliato con forza contro le parole di Netanyahu per difendere la sofferenza del popolo palestinese nell’affrontare la Seconda Guerra Mondiale e mettervi fine. Tuttavia, ciò che smorza leggermente il tutto è il fatto che il portavoce del cancelliere tedesco Angela Merkel, Steffen Seibert, è stato chiaro nell’affermare che il ruolo principale nello sterminio di sei milioni di ebrei appartiene ad Adolph Hitler, che non ha alcuna intenzione di sollevarlo da questa gravissima colpa e, infine, che la responsabilità di tutto debba totalmente ricadere sulle spalle dei tedeschi. Non bastava una semplice striscia di terra a dividere Israele e Palestina, coinvolgendo entrambe le nazioni in agguerriti scontri troppo spesso senza senso, ma adesso la presunta confessione di Netanyahu potrebbe nuovamente infuocare i loro rapporti, riscrivendo per di più la storia. Nessuno saprà mai come realmente siano andate le cose, ma di certo mai nulla potrà cambiare o cancellare il dolore che tutt’oggi risiede nell’animo dei sopravvissuti.
Anastasia Gambera
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