Anche le aule di giustizia elvetiche non stemperano le polemiche sul trattamento riservato agli italiani frontalieri. Senza entrare nel merito della decisione di un giudice appartenente a uno stato sovrano, Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, pone l’attenzione su quanto possa accadere a un lavoratore che abbia lavorato in Svizzera e che poi richieda i benefici connessi alla disoccupazione. In un caso, che ha fatto eco anche su alcuni giornali svizzeri di lingua italiana, è stato stabilito che una lavoratrice frontaliera italiana non ha diritto all’indennità di disoccupazione in Svizzera dopo che il suo lavoro a tempo pieno, limitato alla stagione estiva, è stato sostituito da un lavoro invernale a tempo parziale. E a statuirlo il Tribunale federale, il quale ha respinto un ricorso della Segreteria di Stato dell’economia.
La questione verte sulla materia delimitata dall’Accordo sulla libera circolazione delle persone, e nella decisione il tribunale ha evidenziato che il lavoro a orario ridotto viene riconosciuto se una persona assicurata, pur non lavorando per un determinato periodo, continua a essere impiegata presso un’azienda e può ritornare alla sua attività professionale in qualsiasi momento. Nel caso specifico, la lavoratrice italiana, se è vero che ha prestato la sua opera senza interruzioni per lo stesso datore di lavoro, ciò è accaduto solo con contratti a tempo determinato. Quando la donna – poco prima che giungesse a scadenza il suo contratto limitato alla stagione estiva – si è iscritta all’assicurazione contro la disoccupazione in Svizzera, non era ancora chiaro se sarebbe potuta tornare a esercitare la sua attività presso la stessa impresa. La donna è stata, quindi, considerata totalmente disoccupata e, di conseguenza, soggetta all’ordinamento giuridico dell’Italia ove risiede abitualmente.
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